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Dal Venezuela all'Orvietana: la storia del talento Leonardo Josè Paletta
Oggi alle 11:28News
di Redazione Perugia24.net
per Perugia24.net
fonte Roberto Pace

Dal Venezuela all'Orvietana: la storia del talento Leonardo Josè Paletta

A diciassette anni decide sia giunto il momento di varcare l’Oceano. E’ nato e cresciuto in Venezuela, più esattamente a Caracas, la capitale dello stato caraibico. La famiglia Paletta si compone di quattro persone: Leonardo Josè, adesso calciatore dell’Orvietana, la sorella maggiore, Viviana, oggi catalana di Barcellona e i due genitori, Roberto e Maria Grazia Lotano. Il volo è diretto in Italia, patria dei nonni, obiettivo la realizzazione del sogno di tutta una vita: giocare al calcio e possibilmente affermarsi nel mondo del pallone. Leonardo è già avanti con gli studi. Stante ordinamenti scolastici differenti può iscriversi all’Università avendo già in tasca un diploma di scuola media superiore. In famiglia è stato abituato a fare le cose per bene e che avessero un senso. Il calcio era entrato nella sua vita poco dopo il compimento di quattro anni. La sua prima maglia portava i colori dell’Atletico Sucre, piccolo club venezuelano, ben organizzato, la cui prima squadra militava nella serie B di quel paese: “ Dove il calcio – ci spiega – quanto a notorietà è stato sempre secondo al baseball, la disciplina nazionale. Adesso, sembra che le cose stiano cambiando. La nazionale venezuelana è in corsa per la qualificazione mondiale con buone prospettive. Sarebbe la prima volta nella storia e l’eco per il possibile raggiungimento di tale traguardo fa crescere a dismisura l’interesse per la palla a spicchi”. Nel raccontare, si nota la parte venezuelana che prende il sopravvento. Usa il tono del tifoso che tiene molto alla sua squadra. D’altra parte, conserva la doppia nazionalità. L’italiana è effetto del trasferimento dei nonni, di origini abruzzesi-lucane, nel Paese di Simon Bolivar nei primi anni ’50. Il periodo d’ambientamento nel calcio italiano, prima tappa Perugia (Paolo Rossi Academy), non è semplice come lo aveva immaginato: “In Venezuela ma in generale un po’ in tutto il Sudamerica il calcio è prettamente fisico e tecnico. A differenza dell’Italia dove la parte tattica la fa da padrone con tutti i movimenti che questa richiede. Per questo c’è voluto un po’ per adeguarmi”. Leonardo, nella prima valigia, aveva messo soltanto l’essenziale. Il trascorrere del tempo e magari l’insorgere di qualche nostalgia genitoriale convincono i genitori a trasferirsi, anche loro in Italia. Il papà trova lavoro e la famiglia si stabilisce a Civita Castellana. L’italica burocrazia procura un sensibile ritardo per l’iscrizione a Scienze Motorie.

Superato l’ultimo ostacolo eccolo studente ‘con profitto ’ (ora alla Magistrale), per riuscire a conciliare studio e lavoro. Che, nel corso degli anni, dopo Perugia, lo ha visto passare per Assisi, Chieti e arrivare nella città delle Ceramiche. In Abruzzo e a Civita Castellana gioca con continuità nella serie D. Senza farne drammi scende in Eccellenza (Cynthia – Valle del Tevere – FAVL Cimini) prima dell’approdo a Orvieto dove arriva insieme al D.S. attuale Severino Capretti, suo estimatore da sempre. Il Covid rovina i piani suoi e dell’Orvietana: “Un anno spettacolare. Con mister Fiorucci eravamo a un passo dai play off. Alla vigilia di una partita, quasi decisiva, arrivò la sospensione. Un vero peccato. Però, sono felice aver ritrovato la serie D adesso. Con l’occasione mando un saluto a mister Ciccone che conosco e al quale dobbiamo molto per questo traguardo, come a Proietti, Fapperdue, Sciacca, Boninsegni, Guazzaroni, amici e protagonisti di quell’avventura, alcuni dei quali ritrovati poi al BMG, ultima tappa prima del ritorno, da me graditissimo, a Orvieto”. Difficile, anzi impossibile, trovare una piazza dove Leonardo Josè non si sia fatto apprezzare quale uomo e giocatore. Fa bene il suo lavoro, altrettanto retto il comportamento in campo e fuori. Anche a Orvieto vanta tanti estimatori. Peccato per l’infortunio che lo ha costretto a saltare diverse partite. Adesso è tornato, pronto a occupare un posto sulle corsie esterne, zone del campo a lui più gradite: “Sulle fasce ho ricoperto un po’ tutti i ruoli. Difensore, braccetto, centrale in una difesa a tre e qualche allenatore mi ha impiegato anche come interno”. Se fossi tu a scegliere: “ Sempre la metà campo offensiva. Mi piace attaccare più che difendere”. E qui fa di nuovo capolino il Paletta sudamericano, anche se comprende benissimo come la cultura calcistica, almeno italiana, sia più votata a non prenderle. Il periodo di stop è andato oltre la previsione e adesso si ricomincia da dove aveva lasciato: “I miei compagni hanno fatto molto bene fino a ora. A mio giudizio il gruppo è stato assemblato molto bene, con ragazzi seri e professionali che mettono al primo posto il bene della squadra. Le assenze non hanno mai pesato sul rendimento perché chi scende in campo è sempre pronto a dare il sangue per i compagni”.