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Parma, Bernabé: "Il talento non basta, senza voglia e sacrificio non si va da nessuna parte"TUTTO mercato WEB
ieri alle 18:15Serie A
di Daniel Uccellieri

Parma, Bernabé: "Il talento non basta, senza voglia e sacrificio non si va da nessuna parte"

Adrian Bernabé, centrocampista del Parma, si è raccontato nel format "A Tutto Campo" con Chiamarsi Bomber. Lo spagnolo si è aggiudicato il Rookie award della prima parte di stagione, premio di Chiamarsi Bomber riservato ai giovani talenti al debutto in Serie A. Un girone di andata conclusosi in anticipo per Bernabé che, il 5 novembre contro il Genoa, si è procurato una lesione di alto grado al flessore della coscia destra che l'ha costretto a più di due mesi di stop.

Ma il centrocampista sta recuperando il più in fretta possibile. Frase simbolo della sua mentalità è quella presente nella sua personale bio di Instagram: "El esfuerzo vence al talento cuando el talento no se está esforzando", cioé "Il duro lavoro batte il talento quando il talento non si impegna".

Perché è importante questa frase? Quanto è importante l’aspetto mentale per un calciatore?
"È una frase che ho da sempre, da quando sono piccolo e credo valga per tutti: chiunque può avere un talento incredibile in qualsiasi cosa faccia, ma se non ci mette la voglia, il sacrificio e l’aspetto mentale non si arriva da nessuna parte”.

Quando hai capito che lo sforzo e il sacrificio erano importanti per mantenersi ad alti livelli?
“Da quando sono piccolo i miei genitori e le persone che ho avuto vicino mi hanno sempre insegnato questo valore. Poi è vero che andando avanti e cominci a vedere infortuni o cose di questo genere, capisci che devi fare uno step in più e devi chiedere qualcosa in più a te stesso. Quindi diciamo l’insegnamento mi arriva un po’ dalla maturità appresa con il tempo e un po’ da un pensiero di base”.


Da quando è iniziata la tua passione per il calcio?
"Ricordo che avevo circa 3 anni. Mio padre mi ha portato alla squadra dove abitavo e giocavo per divertirmi. Poi ho cominciato a giocare più seriamente, soprattutto quando mi ha preso l’Espanyol e ho cominciato ad accumulare ricordi emozionanti, come andare a disputare tornei e campionati al fuori dalla Spagna, la cosa più bella da quando ho cominciato a giocare a calcio. Era un momento spensierato, non ti rendevi conto quanto felice eri e ora che lo ricordi è davvero bello. Da lì si è sviluppato tutto".

Da quando hai capito che poteva diventare una cosa seria?
"Penso di averlo capito nel momento in cui mi sono trasferito al Barcellona. Sicuramente un cambiamento importante per la mia carriera, dove ho capito di poter davvero fare bene. I primi due anni son stati un po’ più difficili, ma a 14/15 anni già la situazione si comincia a fare più seria e ti rendi conto che se vai sulla strada giusta puoi andare avanti";

Riguardo il trasferimento in Inghilterra al Manchester City, com'è capitata quell’occasione? Cos’hai pensato quando una delle squadre più forti del mondo ti ha voluto con sé?
"È stata un’opportunità molto bella perché ho avuto modo di conoscere un paese nuovo ed imparare a parlare inglese. Ho avuto la fortuna di allenarmi con giocatori di livello eccezionale, insieme ad uno degli allenatori più forti della storia. È stata una tappa della mia vita in cui sono migliorato e anche grazie a quei tre anni sono diventato il giocatore e la persona che sono oggi", le sue parole riportate da Parmalive.com.