
Calcio e Ramadan, Ghoulam racconta: "Benitez e il Napoli mi misero nelle condizioni ottimali"
Quanto è importante il Ramadan nella vita di un calciatore musulmano e come cambia la vita durante il digiuno nelle ore diurne? Faouzi Ghoulam, ex terzino del Napoli, racconta la sua esperienza a Sky Sport Insider: "Per tutti i musulmani il Ramadan è un mese di gioia e purificazione.
La religione è un aspetto centrale, fondamentale, nella vita dei musulmani. E per noi il Ramadan è il mese dell’anno in cui ci si sente più vicini a Dio. Durante il Ramadan prendiamo coscienza del tanto che Dio ci ha dato e riservato perché, attraverso la pratica, ci cerchiamo e ci ritroviamo, raggiungendo un equilibrio unico: fisico, mentale e spirituale. È proprio per questo aspetto che, per come la vedo e l’ho vissuta io, in questo periodo dell’anno le prestazioni degli atleti musulmani possono addirittura migliorare. Se penso ai momenti migliori della mia carriera, ricordo delle stagioni in cui, durante il Ramadan, andavo letteralmente come un treno e i miei dati, in allenamento e in partita, erano al di sopra delle mie medie.
Un altro aspetto fondamentale è come noi musulmani viviamo il Ramadan in relazione a chi non lo pratica e per spiegarvelo voglio raccontarvi un aneddoto legato alla mia esperienza in Italia. Quando arrivai al Napoli, l’allenatore in quel momento era Rafa Benitez. Il ritiro coincise col mese di Ramadan e un’altra cosa che caratterizza noi musulmani è la volontà di vivere questo periodo magico in assoluta serenità e senza pesare sugli altri. Inoltre, ero giovane, con meno sicurezza e consapevolezza rispetto a quella che posso avere oggi che sono un adulto. Decisi, perciò, di non comunicare al club che in quei giorni avrei seguito una tabella nutrizionale e degli orari dei pasti diversi rispetto alla maggioranza dei miei compagni di squadra. Benitez mi chiamò nel suo ufficio, convocando sia lo staff tecnico che quello medico: Rafa mi tranquillizzò e mi disse che il club avrebbe fatto il massimo per consentirmi di vivere in serenità, e nelle condizioni ottimali, il mio Ramadan. Nella mia stanza, ad esempio, fu portato un frigorifero: un vero privilegio. Tutti, poi, mi dimostrarono rispetto ed empatia. Lo chef, addirittura, si svegliava alle tre e mezza di notte per cucinare appositamente per me e Kalidou (Koulibaly, ndr). A noi dispiaceva ma non ci fu verso di fargli cambiare idea. Molti miei compagni, durante il giorno, evitavano di bere o mangiare in mia presenza. Piccoli gesti di grande umanità. Che lasciano il segno, non si dimenticano e determinano riconoscenza, attaccamento al club, alla maglia, al proprio allenatore, ai propri compagni di squadra. Emozioni forti, insomma. Che, come ho detto e ripeto, a conti fatti possono determinare anche un miglioramento delle performance individuali e, quindi, di squadra. E devo dire che al Napoli sono sempre stato molto fortunato, perché tutti gli allenatori mi hanno permesso di esprimermi al meglio come uomo, musulmano e calciatore. Gattuso, addirittura, arrivò a modificare gli orari degli allenamenti. Sono cose che non si dimenticano, alla lunga fanno la differenza e, perciò, creano legami indissolubili che, nello sport come nella vita, possono essere la chiave del successo".







