Clemente di San Luca a TN: "Difendere attaccando, dice Conte, ma nei fatti fa il contrario"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così il momento di casa Napoli:
Questi gli altri due spunti. Sperando di chiudere l’anno battendo il Venezia e regalandoci un Capodanno da primi. Vistoche Baroni è riuscito a fare un mezzo sgambetto a Gasperini.
Fr3. La partita di Genova. Nel primo tempo, finalmente, s’è visto gioco offensivo e dominante. Senza dubbi, il miglior Napoli della stagione. Quali le cause del preoccupante secondo tempo? Nel dopopartita, forse per la prima volta, il mister ha parlato in maniera impeccabile, almeno apparentemente. Si tratta, infatti, di capire cosa veramente abbia detto negli spogliatoi al termine della prima frazione. Perché tutti abbiamo pensato: «Speriamo che adesso non li faccia chiudere!». Non per pregiudizi, ma per osservazione dei fatti. Non è stata una nostra allucinazione l’abituale sostituzione di Politano, non con Neres, ma con Mazzocchi. Fin qui nessuno aveva capito che «ci difendiamo attaccando». Era solo un nostro auspicio. Obiettivamente, ci era stato mostrato il contrario. Del resto, se vedi che i giocatori non stanno facendo ciò che gli hai chiesto di fare, perché i cambi non li fai prima? E perché poi metti Spinazzola per Neres? Per difendere attaccando?
Mettiamoci d’accordo su come si educa «tutto l’ambiente al gusto di una competizione serrata». Dicendo cose fra loro coerenti, oppure raccontando quello che credi, tanto nessuno s’azzarda a chiederti conto delle contraddizioni? Va benissimo imparare la «gestione dei momenti», ed evitare sia la «esaltazione», sia la «depressione». Ma, a questo, «lucida analisi e chiarezza degli obiettivi da perseguire» devono seguire effettivamente, non a chiacchiere. Non si possono lasciare alla benevola e compiacente interpretazione di una stampa in accondiscendente venerazione. Va benissimo riconoscere che «siamo stati fortunati» e che avremmo potuto «piangere lacrime amare». Ma, sino alla 16ma, mica il Napoli aveva giocato «dall’inizio alla fine col piede sull’acceleratore». Erano stati i giocatori a disattendere agli schemi predisposti? Evidentemente sì, perché «Antonio Conte non sta sbagliando una mossa e infatti il Napoli è di nuovo in testa, in attesa degli eventi». E «Solo così il Napoli potrà lottare fino alla fine con la più forte del mazzo (l’Inter) e con la squadra che da più tempo porta avanti lo stesso progetto (l’Atalanta)».
Poche parole su due ‘massacrati’ a torto. Meret uno di noi. Bravissimo e per bene. Juan Jesus, forse modesto, sì, ma attaccato alla maglia e sempre pronto alla bisogna a fare il suo. Non ha sbagliato praticamente niente. Tutti aspettavano un disastro e invece ha tenuto alla grande.
4. L’Atalanta e le regole. Il calcio di rigore assegnato all’Empoli per fallo su Grassi è solare. Inopinabile. Per le guardie armate del potere mediatico, gli sgherri al servizio del ‘sistema’, invece, sono rigori che fanno ridere in uno «sport di contatto». Questi sarebbero rigori da VAR, che stravolgerebbero il «senso del calcio». Il calcio starebbe così negando sé stesso. Ignorando che, per disposto normativo (Regola 12), «“Negligenza” significa che il calciatore mostra una mancanza di attenzione o considerazione nell’effettuare un contrasto o che agisce senza precauzione». Grassi prende un calcio, indiscutibilmente. È un intervento ‘negligente’, per definizione. Ora, ritenere che occorre stabilire se sia più o meno «lieve» ha un solo effetto: consegnare la competizione nelle mani degli arbitri, e dunque dei potenti. Dicono: la colpa, il ritardo, il vantaggio ingiusto, devono essere ‘evidenti’. Ma ciò non è contemplato dalla norma. Viene inserito dai lacchè dei ‘signori’, per ampliare lo spettro della valutazione e consentire al direttore di gara di fare come gli pare. Perché tale ‘evidenza’ è ontologicamente soggettiva. Ciò che è evidente per te, facilmente non lo è per me.
Anatema! Il calcio lo stanno stravolgendo loro. Anzi, lo hanno stravolto per anni e anni e vogliono continuare a farlo senza intralci. Quello di cui parlano, però, non è ‘il calcio’. È l’ormai secolare arbìtrio perpetrato sistematicamente in favore di chi conta. Considerandosi migliori, non quelli che giocano meglio, ma quelli che all’esito della competizione, tutto sommato, si sono dimostrati «più forti». Calpestati lo sport e la competizione leale. Si riempiono la bocca di merito, di uniformità di giudizio. Ma, se veramente si vuole giustizia, le valutazioni vanno ridotte al minimo indispensabile. Pure sul fuorigioco: «Ma si può annullare un gol per un tacchetto»? Sìììììì che si può! Non solo si può, ma si deve! Un millimetro o 10 centimetri non cambia, è fuorigioco. Punto e basta! La verità è che vogliono che a decidere sia l’arbitro, il quale deve poter fare quello che crede.
Quando provo a spiegare queste cose, adoperando argomenti scientifici (perché di questo si tratta!), mi danno del «tifoso». In Atalanta-Empoli, l’arbitro ha commesso un solo errore ai danni degli orobici: una ‘caduta libera’ di Henderson scambiata per intervento falloso. Per il resto, abituale tolleranza del gioco ‘violento’ dei bergamaschi. Quello che praticano non è giustificato dal «gioco di contatto». Lo ripeto: molti degli interventi dei giocatori della Dea non sono falli per le regole del rugby. Per le regole del calcio lo sono, eccome. Se il fine ultimo da perseguire è il gioco giusto, de jure condendo, bisognerebbe ulteriormente ridurre lo spazio di valutazione degli arbitri. Fintanto che ne avranno di più, più lo useranno per indirizzare le partite come vogliono.
Meno potere ha l’arbitro, più si marginalizzano le disparità, che – guarda caso – sono sempre indirizzate. Quest’anno si vede lontano un miglio che la tendenza è non sfavorire l’Atalanta. Perché? Perché al ‘sistema’ fa gioco che a vincere non sia una delle solite strisciate. Per giustificare sé stesso. È accaduto, ogni tanto, nella storia (Cagliari, Fiorentina, Verona, Sampdoria). È ‘utile’ a tutti che ogni tanto succeda. Così si hanno argomenti per contrastare coloro che parlano di «campionato col verme». Adesso s’è preso pure a far riferimento, addirittura, alla classifica delle città più vivibili. Bergamo è al primo posto, vuoi che non possa vincere anche lo scudetto?