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Da 0 a 10: il sospetto terrificante sull’arbitro, lo scaldabagno di Lukaku, Conte fa gli acquisti di gennaio e la proiezione da 93 puntiTUTTO mercato WEB
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ieri alle 21:33In primo piano
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Da 0 a 10: il sospetto terrificante sull’arbitro, lo scaldabagno di Lukaku, Conte fa gli acquisti di gennaio e la proiezione da 93 punti

Il Napoli batte anche il Lecce e resta in testa alla classifica: decisivo un gol di Capitan Di Lorenzo. Lukaku sbaglia, ma reagisce

Zero gol subiti, di nuovo. E di nuovo. Per la sesta volta in nove di campionato, a cui si aggiungono le due in Coppa Italia, la squadra chiuse casta e pura come la Nora di Buccirosso in E Fuori Nevica. Non si prendono gol e spesso neanche tiri in porta, con Meret impegnato solo da Baschirotto su un calcio d’angolo. Una solidità che non è scontata, che è un piccolo capolavoro forgiato da Conte in un tempo così ristretto. È un Rinascimento concettuale per l’autostima martoriata dallo scorso campionato. 

Uno il cartellino giallo sul groppone ed il gesto di ‘grande intelligenza’ di Ngonge. Conte è diabolico nell’indirizzare l’attenzione dove vuole lui: Cyril gioca una brutta gara, si gioca male la chance della maglia da titolare, ma il tecnico ne evidenzia una giocata che avrebbe condizionato negativamente la gara, quando era a rischio secondo cartellino. Dopo l’aria fritta di Empoli, col Lecce rifiuta con forza l’etichetta di ‘Partita sporca’ col Lecce: “Quelle sono altre, questa non c’entra niente”. Lasciate cucinare Walter White, che a tempo perso inizia pure a fare il mercato di gennaio andato a sussurrare qualcosa all'obiettivo Dorgu.

Due rigori, uno più rigore dell’altro. Politano è il protagonista, cambiano però gli arbitri e le valutazioni stravolte: quello col Lecce è un rigore ancor più palese di quello, giustamente, assegnato ad Empoli. Il fatto che quello con i salentini non venga assegnato, merita una riflessione profonda da parte dei vertici arbitrali. Che le polemiche, ridicole, arrivate dalla stampa del nord dopo il penalty di Empoli abbiano influenzato Tremolada e Meraviglia al Var? Per dirla alla Malesani in una conferenza passata alla storia: “È una giungla, cazo!”

Tre il voto, che è una media ponderata, all’acerbo Paride Tremolada, eroe mitologico capace di trasformare l’acqua in vino come Gesù alle Nozze di Cana. L’arbitro della sezione di Monza converte tutto ciò che andrebbe fischiato a favore del Napoli, in chiamate opposte, come su un’entrata Killer su Buongiorno che viene incredibilmente sanzionata a sfavore del difensore. Manca un rigore e una direzione della gara per lo meno decente. Inappropriato.

Quattro che schizzano in piedi ad applaudire. C’è un episodio, che magari non finirà negli highlights del match, eppure fa la differenza. Meret non trova appoggi in uscita e spara malamente in rimessa laterale. A confortare a gran voce Alex, tutti i collaboratori di Conte e i compagni. Sfumature, che sono vita. Bellezza del pallone, che valgono come un gol in rovesciata al minuto 95. 

Cinque metri ed un pallone calciato alle stelle. Lukaku manda in orbita uno scaldabagno, osservato dagli alieni con la curiosità di chi crede di avere a che fare coma una sorta di divinità pagana. L’errore è grossolano, che nasconderlo sarebbe come provare a occultare una giraffa in un basso. Però, non c’è solo quella cosa lì. C’è una reazione importante, ci sono le giocate di forza e di classe (con un aggancio al volo che è una delizia) dopo che la gara si sblocca. Non facciamone un caso. È in ritardo, lo sapeva il mondo intero. 

Sei a David Neres, che deve fare i conti con la differenza di entrare con gli altri che hanno già la lancetta della benzina sulla spia della riserva. Le accelerazioni restano impressionanti, così come la capacità di tramutare in pericolose azioni banali. È un solista che deve entrare in un sistema, un meraviglioso cantante Rock che deve entrare in sintonia con gli spariti del direttore d’orchestra Conte. È un processo non velocissimo, ma pronto a dare frutti ancor più maturi. 

Sette vittorie in nove gare di campionato, cinque su cinque in un Maradona che ha reindossato le vesti di Re Mida. Pensate quanto possano incidere nel destino di una squadra 51.103 cuori, tanti quelli presenti allo stadio, totalmente e follemente innamorati. E niente può chiamarsi amore se non vale la pena mollare tutto per stare insieme anche cinque minuti. Casa è il posto dove ogni affanno viene curato, Fuorigrotta è tornata ad essere casa dopo i tormenti del campionato scorso dove in casa sono stati raccolti in 19 gare la miseria di 25 punti. Oggi sono già 15.

Otto all’eterno dibattito, che ci appassiona e ci accompagnerà per tutta la stagione. La fai tra giochisti e risultatisti prosegue, senza esclusione di colpi. Nostalgici contro cinici, romanticoni contro cuori più ghiacciati di Di Caprio in Revenant, pronti a darsi battaglia. A parlare di trame di gioco, di heat map, di costruzione dal basso. Come se non fosse chiaro che, prendendo Conte, il Napoli non sarebbe stato diverso da quello che stiamo vedendo. In questa diatriba mi ritrovo più spaesato di un concorrente di Tentation island ad un convegno sulla cosmologia di Platone. Ma lo conoscevate Antonio? 

Nove partite giocate, 22 punti raccolti, una media di 2,44 a partita ed una proiezione finale di 92,8 quando siamo a poco meno di un 1/4 di campionato. Il dato è mostruoso, le prossime gare ci diranno quanto il calendario abbia inciso su questo cammino e se la squadra potrà tenere questo passo che è, chiaramente, da scudetto. Un concetto va chiarito con forza: non era scontato. Tutt’altro. E non è stato facile. Tutt’altro. Si sono affrontate gare complicate, avversari già disperati come il Lecce, che nella disperazione ha trovato motivazioni ulteriori. Quindi, al momento, tutti in piedi. Ad applaudire.

Dieci a Giovanni Batigol Di Lorenzo, che si ricorda dei trascorsi giovanili e segna da rapace dell’area di rigore. Sono già tre le reti, dei veri e propri macigni perchè hanno sbloccato le gare con Bologna, Cagliari e Lecce. Peso specifico di queste tre reti: il masso spinto da Sisifo. C’è la poetica dei grandi ritorni in questa seconda vita da capitano del capitano, l’addio covato, annunciato e poi archiviato come un cattivo pensiero. S’è ripreso tutto quello che era suo: la fascia, l’affetto, la gloria. Simbolo plastico della catarsi contiana, che ha cancellato i peccati e rispolverato la grandezza che pareva dimentica. “Se siamo fatti di memoria, di tutto ciò che hai seminato, sopravviverà in eterno, solo l'Amore che hai dato”. E che viene ricambiato Giovanni.

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