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Inter e Milan, 253 pagine e 1,2 miliardi per il nuovo stadio di Milano: tutti i dettagliTUTTO mercato WEB
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mercoledì 26 marzo 2025, 08:08Serie A
di Ivan Cardia

Inter e Milan, 253 pagine e 1,2 miliardi per il nuovo stadio di Milano: tutti i dettagli

Chi vuole il Meazza, magari per salvarlo dalla demolizione, ha tempo fino alla mezzanotte del 30 aprile per farsi avanti. È il termine per le manifestazioni di interesse relative alla grande funzione urbana San Siro, previsto dall’avviso pubblico divulgato lunedì in tarda serata dal Comune di Milano. Di sicuro ci sono le squadre, che l’11 marzo hanno presentato una proposta per l’acquisto dell’area, non allegata al bando a differenza del monumentale documento di fattibilità delle alternative progettuali, che illustra i progetti di Inter e Milan per il “nuovo stadio di Milano”. Difficile che arrivi qualcun altro – il bando è un passaggio formale ma necessario –, anche se teoricamente sarebbe l’occasione per chi, negli anni, ha sostenuto che lo stadio si potesse ristrutturare, anche destinandolo ad altri usi.

Nelle 253 pagine del Docfap, i due club espongono le tre possibilità: lo scenario “zero” – che prevede solo opere di manutenzione ordinaria –, la ristrutturazione e la demolizione del Meazza per realizzare un nuovo impianto da circa 71.500 posti. Partendo da un presupposto: “Milano, come metropoli globale, ha oggi di fronte un’opportunità unica per riaffermare questa posizione come punto di riferimento nazionale attraverso un progetto che combina innovazione, sostenibilità e inclusione: la realizzazione del nuovo stadio di San Siro e la rigenerazione urbana su scala di quartiere ad essa associata”.

Quanto alle soluzioni valutate, esclusa in partenza l’ipotesi del non-intervento, che “non permetterebbe di cogliere appieno le opportunità di sviluppo, creazione di valore condiviso e sostenibilità potenzialmente realizzabili nell’area, né costituirebbe una soluzione resiliente rispetto alla futura evoluzione dei requisiti prestazionali dello stadio, a causa di vincoli strutturali e funzionali oggettivamente non risolvibili”, i club scartano anche la ristrutturazione. Costerebbe 820 milioni di euro, di cui 371,7 milioni solo per il rifacimento dell’impianto. Troppo, rispetto alle limitazioni strutturali, all’inadeguatezza futura e all’obsolescenza. Soprattutto, nella formula prospettata dalle due società, costringerebbe a giocare altrove sino alla fine dei lavori: le squadre, si legge nel documento, sarebbero “costrette a spostare l’attività sportiva, come stadi vicini più piccoli. I ricavi si ridurrebbero di almeno il 50%-70% per ogni club”. È questo, in fin dei conti, il motivo principale per cui Inter e Milan non hanno mai davvero considerato la ristrutturazione.

Qualche dubbio resta: la proposta di WeBuild – giudicata non in linea con le proprie esigenze dai due club meneghini – prevedeva la possibilità di continuare a giocare al Meazza durante i lavori, e non è chiarissimo perché il cronoprogramma della ristrutturazione, con fine lavori stimata a metà 2034, sia così esasperatamente più lungo rispetto alla costruzione di un nuovo stadio, che dovrebbe invece concludersi alla fine del 2030. Ma tant’è: “Questa alternativa progettuale non incontra le esigenze sportive e finanziarie dei proponenti, pertanto è ipotizzabile che gli interventi descritti in questo scenario risulterebbero a carico della collettività o di un ente terzo”. Tra le righe, ma nemmeno troppo: se volete ristrutturare il Meazza, fatelo voi.

Resta così la terza via, che in realtà è la prima: demolire lo stadio attuale, di cui rimarrebbe in piedi solo la facciata sud-est con conseguente rifunzionalizzazione, per dare vita a un nuovo impianto, “classificato come di Categoria 4 Uefa e Categoria 1 Fifa. Soddisferà le specifiche necessarie per ospitare una finale di Champions League e migliorerà notevolmente l’esperienza stadio, a beneficio di tutti gli utenti”. Un’opera da 1,2 miliardi di euro – di cui circa 700 per il solo stadio – che secondo Inter e Milan porterebbe benefici a tutta l’area circostante, definita un “non-luogo” da convertire in un nuovo polo per la città e il quartiere.


Uno stadio per il calcio, ma vivo 365 giorni all’anno, grazie al podio di accesso e alla fan zone, in un contesto urbano che cambierebbe radicalmente: tra i vari interventi, lo spostamento del tunnel Patroclo per fare spazio – tra via Tesio, la più penalizzata dal progetto, e il nuovo tunnel – allo stadio e ai relativi parcheggi sotterranei. Le ricadute sulla zona prevederebbero circa 140mila metri quadrati di verde, in crescita rispetto alla proposta del 2022, e sarebbero anche economiche.

I club stimano “4,6 miliardi di euro di attività economica totale generata per le fasi di costruzione e un contributo al Pil alla piena operatività del Nuovo Stadio e del Comparto Plurivalente di circa 1,4 miliardi all’anno”, con un moltiplicatore del Pil pari a 2,60: “per ogni euro generato direttamente per effetto della costruzione/realizzazione degli asset, se ne attiveranno 1,60 addizionali nell’economia”.

Un progetto ambizioso, su cui a questo punto tira dritto il sindaco Beppe Sala: «Il nostro obiettivo rimane quello di riuscire a fare la cessione entro le vacanze», lo stesso bando indica nel 30 giugno il termine per la conclusione. L’obiettivo più realistico è comunque fare prima del 10 novembre, quando scatterà il vincolo sul secondo anello. Ma le resistenze da fronteggiare non mancano: il bando prevede la deduzione – dai 197 milioni necessari per l’acquisto dell’area secondo l’Agenzia delle Entrate – dei costi per la rimozione dei manufatti e le bonifiche. Non è una concessione del sindaco, ma deriva semplicemente dall’applicazione della legge stadi: un tema che però, hanno fatto notare anche consiglieri di maggioranza, non era mai stato trattato nel dibattito sul futuro di San Siro.

Nel Docfap, inoltre, mancherebbero indicazioni precise sulla superficie lorda occupata dalle nuove costruzioni. Sullo sfondo resta anche l’inchiesta aperta – per ora senza indagati o ipotesi di reato – dalla Procura di Milano: sulla congruità del prezzo effettuerà accertamenti la Guardia di Finanza, e potrebbe indagare anche la Procura della Corte dei Conti della Lombardia.