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Milan: due giorni inaccettabili. Juve: la “strategia” Danilo. Inter: il mercato di gennaio. Atalanta: l’indizio scudetto. Napoli: la partita di Lukaku. E una cosa su Nico Paz
Ciao. Per un attimo ho pensato “faccio il pagellone di fine anno che è sempre un bel modo per finire” ma poi mi sono reso conto che sarebbe stata una cazzata. Anche solo perché è l’1 gennaio e, quindi, “fine anno” una fava.
Allora ho pensato “andiamo con i buoni propositi per quello nuovo”, ma non ne ho. E, insomma, procediamo come sempre a caso.
Partiamo dal Milan, non più di Fonseca e già di Conceicao. Ma non parliamo di costui, semmai di quel che è accaduto in questi giorni così particolari. Ecco, c’è modo e modo di affrontare la crisi, il Milan dell’entità eterea Gerry Cardinale ha scelto il peggiore, quello dell’indifferenza mescolata all’improvvisazione. Nel mondo del calcio si può giustificare quasi tutto: un mercato sbagliato (capita), un tecnico scelto con troppa superficialità (succede), un’organizzazione approssimativa (si può sistemare). Ma il “quasi” esclude categoricamente rispetto & stile, fattispecie calpestate in casa rossonera in questi giorni di deliri e situazioni mai viste.
Non si è mai vista una dirigenza che fa intendere a tutti quanti di aver liquidato il suo allenatore appena prima di una partita, tra l’altro parecchio importante. Non si è mai visto un tecnico condannato a una conferenza stampa grottesca, imbarazzante, solitaria (al suo fianco, solo un paio di scarpe da pallone parecchio appariscenti). Non si è mai visto un allenatore costretto ad abbassare il finestrino della macchina per annunciare il suo stesso esonero, perché nessuno ha trovato una stilla di coraggio per farlo al posto suo. Non si è mai vista una dirigenza che se ne fotte di quel che accade nel mondo reale, tace, si nasconde, fugge a notte fonda e imbarazza i suoi stessi sostenitori.
Nel corso dei decenni il Milan ha passato momenti più o meno belli, ha vissuto il dramma della retrocessione e la goduria delle Champions in serie, ha sofferto e stra-festeggiato, ma mai ha peccato di ignavia, tra l’altro quasi ostentata. L’ignavia, nel calcio, non è ammessa, ché quella fa a pugni con la passione. Il Milan per trent’anni ha beneficiato della passione bestiale di un signore di nome Silvio Berlusconi. Quel signore ha portato una sfilza di trofei che a elencarli tutti non basterebbe lo spazio. Ci sono stati anche i momenti delle scelte difficili, degli esoneri, delle separazioni non propriamente consensuali, ma nel bene e soprattutto nel male qualcuno ci ha sempre messo la faccia, da Adriano Galliani a Paolo Maldini fino allo stesso Berlusconi. E non sono mai mancate le pacche sulla spalla o le frasi di circostanza, che valgono quello che valgono ma servono almeno a salvare le apparenze. Il Milan che lascia un tecnico col finestrino abbassato nel parcheggio di San Siro, semplicemente, non è il Milan.
La Juve ha fatto fuori Danilo e ognuno sulla questione ha il suo legittimo punto di vista. Il dato di fatto è che la nuova Signora non ha mezze misure e tempo da perdere. Se sei il capitano e in qualche maniera parli con un'altra società (il Napoli), allora è meglio chiudere senza troppi salamelecchi. Come a dire: se vuoi andare, vai, ma porta una società disposta a pagare un indennizzo (un milione e mezzo per non segnare una minusvalenza a bilancio), altrimenti resterai qui a guardare gli altri. Danilo dal canto suo vorrebbe essere liberato a titolo gratuito perché è quanto gli ha chiesto il Napoli, che nel frattempo ha rescisso il contratto con Mario Rui per fargli posto. C'è anche un'offerta dell'Al-Nassr di Cristiano Ronaldo ma il brasiliano non ha intenzione di andare in Arabia. È un atto di coraggio e azzardo da parte della Juventus, già priva di ben due difensori - Bremer e Cabral - per il resto della stagione, con il mercato di gennaio che deve ancora aprire i battenti e, nelle idee di Giuntoli, portare due difensori tra Hancko, Antonio Silva e Tomori. Sarà un inizio 2025 assai movimentato in casa bianconera, eccome se lo sarà.
Domani si riparte dall’Arabia, lo sapete. In campo Atalanta e Inter, squadre che sanno giocare a calcio piuttosto bene. Un paio di cose da dire su due delle tre che si giocheranno lo scudetto (l’altra è il Napoli, si sa).
- L’Inter non farà mercato. Per qualcuno dovrebbe. “Serve almeno un difensore”. In casa Inter non la pensano così e il motivo è persino banale: al netto del fatto che - in un mondo ideale - impegni e acciacchi richiederebbero rose triple, nessuno vuol toccare un gruppo che fino a questo momento ha fatto molto bene il suo lavoro. Le dinamiche di spogliatoio non sono visibili all’esterno, ma quasi sempre contano più di quelle di campo.
- L’Atalanta invece “farà” e anche in questo caso il motivo è banale: Gasperini ha capito che può davvero puntare allo scudetto e non intende avere rimpianti, anche a costo di esagerare con l’inserimento di pedine (tanto a Bergamo decide lui, lo spogliatoio può solo adeguarsi). La partita con la Lazio chiarisce molto bene perché l’Atalanta, quest’anno, ha tutto per il tricolore: sembrava una partita totalmente sbilanciata, con una super Lazio e una piccola Dea. In passato queste gare Gasp le perdeva e buonanotte. Venivano archiviate come “giornate storte”. Ora la sua squadra le sa gestire, capire, trattare. E a momenti vince pure quelle.
Una cosa su Lukaku. L’altro giorno ha sbagliato un rigore e son fioccati i 5 in pagella, anche qualche 4.5. Beh, tutto sbagliato. Lukaku ha giocato un partitone, altroché. Forse il primo da “leader vero”: ha combattuto, creato, si è dato da fare fino in fondo. Come l’Atalanta, il Napoli ha tante possibilità di giocarsi il titolo perché ha “solo” 20 sfide ancora da affrontare, perché ha la “fame” del suo allenatore e un mercato che porterà un paio di rinforzi d’esperienza di quelli che piacciono tanto proprio a Conte. Non serve molto altro.
Nico Paz - 20 anni - l’altro giorno contro il Lecce: sbaglia un rigore, invece di frignare si mette ancora di più al centro del gioco, tocca una quantità indefinita di palloni, calcia a ripetizione verso la porta di Falcone, trova il gol con un tocco delizioso, esce ne tripudio generale dei tifosi del Como. Che avesse classe da vendere si era già capito, ma quanto a personalità non è da meno. ‘Sto ragazzo è destinato a cose grandi, forse grandissime.
E buon 2025 a tutti, di cuore.
Allora ho pensato “andiamo con i buoni propositi per quello nuovo”, ma non ne ho. E, insomma, procediamo come sempre a caso.
Partiamo dal Milan, non più di Fonseca e già di Conceicao. Ma non parliamo di costui, semmai di quel che è accaduto in questi giorni così particolari. Ecco, c’è modo e modo di affrontare la crisi, il Milan dell’entità eterea Gerry Cardinale ha scelto il peggiore, quello dell’indifferenza mescolata all’improvvisazione. Nel mondo del calcio si può giustificare quasi tutto: un mercato sbagliato (capita), un tecnico scelto con troppa superficialità (succede), un’organizzazione approssimativa (si può sistemare). Ma il “quasi” esclude categoricamente rispetto & stile, fattispecie calpestate in casa rossonera in questi giorni di deliri e situazioni mai viste.
Non si è mai vista una dirigenza che fa intendere a tutti quanti di aver liquidato il suo allenatore appena prima di una partita, tra l’altro parecchio importante. Non si è mai visto un tecnico condannato a una conferenza stampa grottesca, imbarazzante, solitaria (al suo fianco, solo un paio di scarpe da pallone parecchio appariscenti). Non si è mai visto un allenatore costretto ad abbassare il finestrino della macchina per annunciare il suo stesso esonero, perché nessuno ha trovato una stilla di coraggio per farlo al posto suo. Non si è mai vista una dirigenza che se ne fotte di quel che accade nel mondo reale, tace, si nasconde, fugge a notte fonda e imbarazza i suoi stessi sostenitori.
Nel corso dei decenni il Milan ha passato momenti più o meno belli, ha vissuto il dramma della retrocessione e la goduria delle Champions in serie, ha sofferto e stra-festeggiato, ma mai ha peccato di ignavia, tra l’altro quasi ostentata. L’ignavia, nel calcio, non è ammessa, ché quella fa a pugni con la passione. Il Milan per trent’anni ha beneficiato della passione bestiale di un signore di nome Silvio Berlusconi. Quel signore ha portato una sfilza di trofei che a elencarli tutti non basterebbe lo spazio. Ci sono stati anche i momenti delle scelte difficili, degli esoneri, delle separazioni non propriamente consensuali, ma nel bene e soprattutto nel male qualcuno ci ha sempre messo la faccia, da Adriano Galliani a Paolo Maldini fino allo stesso Berlusconi. E non sono mai mancate le pacche sulla spalla o le frasi di circostanza, che valgono quello che valgono ma servono almeno a salvare le apparenze. Il Milan che lascia un tecnico col finestrino abbassato nel parcheggio di San Siro, semplicemente, non è il Milan.
La Juve ha fatto fuori Danilo e ognuno sulla questione ha il suo legittimo punto di vista. Il dato di fatto è che la nuova Signora non ha mezze misure e tempo da perdere. Se sei il capitano e in qualche maniera parli con un'altra società (il Napoli), allora è meglio chiudere senza troppi salamelecchi. Come a dire: se vuoi andare, vai, ma porta una società disposta a pagare un indennizzo (un milione e mezzo per non segnare una minusvalenza a bilancio), altrimenti resterai qui a guardare gli altri. Danilo dal canto suo vorrebbe essere liberato a titolo gratuito perché è quanto gli ha chiesto il Napoli, che nel frattempo ha rescisso il contratto con Mario Rui per fargli posto. C'è anche un'offerta dell'Al-Nassr di Cristiano Ronaldo ma il brasiliano non ha intenzione di andare in Arabia. È un atto di coraggio e azzardo da parte della Juventus, già priva di ben due difensori - Bremer e Cabral - per il resto della stagione, con il mercato di gennaio che deve ancora aprire i battenti e, nelle idee di Giuntoli, portare due difensori tra Hancko, Antonio Silva e Tomori. Sarà un inizio 2025 assai movimentato in casa bianconera, eccome se lo sarà.
Domani si riparte dall’Arabia, lo sapete. In campo Atalanta e Inter, squadre che sanno giocare a calcio piuttosto bene. Un paio di cose da dire su due delle tre che si giocheranno lo scudetto (l’altra è il Napoli, si sa).
- L’Inter non farà mercato. Per qualcuno dovrebbe. “Serve almeno un difensore”. In casa Inter non la pensano così e il motivo è persino banale: al netto del fatto che - in un mondo ideale - impegni e acciacchi richiederebbero rose triple, nessuno vuol toccare un gruppo che fino a questo momento ha fatto molto bene il suo lavoro. Le dinamiche di spogliatoio non sono visibili all’esterno, ma quasi sempre contano più di quelle di campo.
- L’Atalanta invece “farà” e anche in questo caso il motivo è banale: Gasperini ha capito che può davvero puntare allo scudetto e non intende avere rimpianti, anche a costo di esagerare con l’inserimento di pedine (tanto a Bergamo decide lui, lo spogliatoio può solo adeguarsi). La partita con la Lazio chiarisce molto bene perché l’Atalanta, quest’anno, ha tutto per il tricolore: sembrava una partita totalmente sbilanciata, con una super Lazio e una piccola Dea. In passato queste gare Gasp le perdeva e buonanotte. Venivano archiviate come “giornate storte”. Ora la sua squadra le sa gestire, capire, trattare. E a momenti vince pure quelle.
Una cosa su Lukaku. L’altro giorno ha sbagliato un rigore e son fioccati i 5 in pagella, anche qualche 4.5. Beh, tutto sbagliato. Lukaku ha giocato un partitone, altroché. Forse il primo da “leader vero”: ha combattuto, creato, si è dato da fare fino in fondo. Come l’Atalanta, il Napoli ha tante possibilità di giocarsi il titolo perché ha “solo” 20 sfide ancora da affrontare, perché ha la “fame” del suo allenatore e un mercato che porterà un paio di rinforzi d’esperienza di quelli che piacciono tanto proprio a Conte. Non serve molto altro.
Nico Paz - 20 anni - l’altro giorno contro il Lecce: sbaglia un rigore, invece di frignare si mette ancora di più al centro del gioco, tocca una quantità indefinita di palloni, calcia a ripetizione verso la porta di Falcone, trova il gol con un tocco delizioso, esce ne tripudio generale dei tifosi del Como. Che avesse classe da vendere si era già capito, ma quanto a personalità non è da meno. ‘Sto ragazzo è destinato a cose grandi, forse grandissime.
E buon 2025 a tutti, di cuore.
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