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Oltre le contestazioni dei tifosi e un mercato senza un uomo copertina. Perché questo Torino merita fiducia: funzionalità, idee, scouting. Nel punto più 'buio' può arrivare la grande sorpresa
Editorialista e uomo mercato per Tuttomercatoweb, è speaker e conduttore per Radio Sportiva. Esperto di mercato per Rai Sport
È vero che le aspettative dei tifosi erano diverse. È vero che la delusione per la cessione di Alessandro Buongiorno è stata forte. È vero che quella per l'inatteso addio di Raoul Bellanova è stata ancor più cocente. È vero che dopo questi schiaffi, questi smacchi, la tifoseria del Torino è scesa in piazza. Perché è altrettanto vero che la bacheca dei trofei è vuota e quella delle soddisfazioni altrettanto. Che la linea del galleggiamento non è ancora stata superata, che è stata vista poca ambizione, poca determinazione, poco rispetto a quel che il pubblico granata aveva chiesto, chiede, aveva preteso e pretende. Però quest'estate, che nei rapporti tra Urbano Cairo e il tifo del Torino, segna forse uno dei punti di maggior sprofonda, merita anche un'altra lettura. Diversa. Il bicchiere mezzo pieno.
La forza dei giocatori, la forza delle idee
Il calcio moderno è questo, a Torino come a Bergamo, a Firenze come a Milano, a Roma e via discorrendo. La volontà del calciatore conta più che un tempo, inutile fare discorsi romantici e aggrappati a un passato che non esiste più. E senza voler fare di nuovo giri di parole: se la volontà di Alessandro Buongiorno e di Raoul Bellanova era quella di andar via, allora bene ha fatto il Torino a farli partire. Come l'Atalanta con Teun Koopmeiners, come la Fiorentina con Nico Gonzalez, come il Napoli con Victor Osimhen, come il Genoa con Albert Gudmundsson. "Di giocatori bravi è pieno il mondo", è il mantra che un grande vecchio del mercato mi ha ripetuto più volte. Il problema è sceglierli funzionali per il progetto. Avere delle idee e delle strategie a prescindere dal prestigio ma dalla possibilità di saper inserire le tessere giuste nel proprio puzzle. La rincorsa all'allenatore è stata lunga ma bravi Cairo e il ds Davide Vagnati ad arrivare a dama: Paolo Vanoli, già dalle prime conferenze stampa, dimostra di avere carattere e caratteristiche giuste per sposarsi con la piazza granata. La conferenza post addio di Bellanova dimostra che il suo aziendalismo arriva fin dove le decisioni non cozzano con la sua filosofia: giusto alzare la voce, giusto chiedere e pretendere un cambio di rotta sugli acquisti nei reparti richiesti.
Il mercato, lo scouting, la ciliegina
Il Torino ha seguito le idee di Vanoli insieme al ds Vagnati, lavorando in piena sintonia, in un gruppo di mercato impreziosito anche dal lavoro dello scouting. Dietro all'arrivo di Saul Coco, di Borna Sosa e di Che Adams c'è proprio questo. Valgono ad oggi Buongiorno, Bellanova e la punta che sognava la piazza? In assoluto, no. Ma c'è un aspetto del racconto che non va trascurato. La funzionalità. Tutti e tre sembrano perfettamente funzionali al gioco di Vanoli e all'ambiente granata, per carattere, caratteristiche, voglia, ambizioni e via discorrendo. E lo stesso dicasi per Maripan e Walukiewicz. C'era da attendersi di più? Nei nomi, sì. Decisamente. Un grande uomo di comunicazione come Cairo dovrebbe sapere (e sa) che anche l'occhio vuole la sua parte. E tra i giocatori arrivati a Torino non c'è nessun uomo copertina buono per acquietare gli animi bollenti del tifo. C'è da capirli. Ma un libro va giudicato non solo dalla copertina. E questa stagione, forse, è proprio il caso del nuovo Torino.
La forza dei giocatori, la forza delle idee
Il calcio moderno è questo, a Torino come a Bergamo, a Firenze come a Milano, a Roma e via discorrendo. La volontà del calciatore conta più che un tempo, inutile fare discorsi romantici e aggrappati a un passato che non esiste più. E senza voler fare di nuovo giri di parole: se la volontà di Alessandro Buongiorno e di Raoul Bellanova era quella di andar via, allora bene ha fatto il Torino a farli partire. Come l'Atalanta con Teun Koopmeiners, come la Fiorentina con Nico Gonzalez, come il Napoli con Victor Osimhen, come il Genoa con Albert Gudmundsson. "Di giocatori bravi è pieno il mondo", è il mantra che un grande vecchio del mercato mi ha ripetuto più volte. Il problema è sceglierli funzionali per il progetto. Avere delle idee e delle strategie a prescindere dal prestigio ma dalla possibilità di saper inserire le tessere giuste nel proprio puzzle. La rincorsa all'allenatore è stata lunga ma bravi Cairo e il ds Davide Vagnati ad arrivare a dama: Paolo Vanoli, già dalle prime conferenze stampa, dimostra di avere carattere e caratteristiche giuste per sposarsi con la piazza granata. La conferenza post addio di Bellanova dimostra che il suo aziendalismo arriva fin dove le decisioni non cozzano con la sua filosofia: giusto alzare la voce, giusto chiedere e pretendere un cambio di rotta sugli acquisti nei reparti richiesti.
Il mercato, lo scouting, la ciliegina
Il Torino ha seguito le idee di Vanoli insieme al ds Vagnati, lavorando in piena sintonia, in un gruppo di mercato impreziosito anche dal lavoro dello scouting. Dietro all'arrivo di Saul Coco, di Borna Sosa e di Che Adams c'è proprio questo. Valgono ad oggi Buongiorno, Bellanova e la punta che sognava la piazza? In assoluto, no. Ma c'è un aspetto del racconto che non va trascurato. La funzionalità. Tutti e tre sembrano perfettamente funzionali al gioco di Vanoli e all'ambiente granata, per carattere, caratteristiche, voglia, ambizioni e via discorrendo. E lo stesso dicasi per Maripan e Walukiewicz. C'era da attendersi di più? Nei nomi, sì. Decisamente. Un grande uomo di comunicazione come Cairo dovrebbe sapere (e sa) che anche l'occhio vuole la sua parte. E tra i giocatori arrivati a Torino non c'è nessun uomo copertina buono per acquietare gli animi bollenti del tifo. C'è da capirli. Ma un libro va giudicato non solo dalla copertina. E questa stagione, forse, è proprio il caso del nuovo Torino.
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