In meno di un anno tre allenatori diversi hanno detto, in modi diversi, la stessa cosa su quale sia il problema del Milan
"C'è stato un momento preciso: il ritorno dei quarti di Europa League, Roma-Milan, all'Olimpico. All'andata avevamo perso 1-0. Nello spogliatoio prima della partita, ho fatto un discorso da brividi, uno dei più sentiti di sempre. Ero sicuro che saremmo passati. Invece, la squadra non ha ottenuto nulla e ha fatto poco in campo. Lì ho capito che quello che davo non bastava più. L'empatia si era rotta".
"Io so che lavoro tutti i giorni per fare bene e insegnare alla squadra. Non so se tutti in squadra possono dire questo. Abbiamo l’ambizione di arrivare qui e dare tutto… e non l’abbiamo fatto. Quando entriamo in una partita decisiva come questa e abbiamo questo tipo di atteggiamento, senza dare tutto per questa maglia, le cose sono difficili. Abbiamo l'obbligo di dare tutto. Si può sbagliare un passaggio, ma è difficile guardare questo. Mai mi fermerò. Io ho la coscienza a posto. Se ci sarà bisogno di portare i ragazzi della Primavera o di Milan Futuro, lo farò. Senza problemi".
"Il primo passo per vincere una partita è voler vincere. Ma quale stanchezza, ma quale benzina, ma dai su. I giocatori hanno tutto per recuperare dalle partite precedenti, dobbiamo avere a casa il frigo vuoto per avere più fame. Ho avuto piccole squadre quando ho iniziato ad allenare 13 anni fa, ho avuto squadre che a livello tecnico non erano granché ma avevano una fame e una voglia incredibile. Nella vita è così, dobbiamo avere obiettivi per crescere. Una volta arrivati al Milan dobbiamo volere ancora di più perché dobbiamo continuare successo, fame, voglia con gli obiettivi personali per arrivare a fine carriera ed essere orgogliosi di quanto fatto. Quello che vedo non è nuovo, lo sentivo prima perché ho seguito praticamente tutte le partite del Milan. Sono io che devo cambiare atteggiamento e mentalità dei giocatori. Io sono il responsabile, io sono l’allenatore e io mi prendo la responsabilità di questa sconfitta perché non sono stato bravo all’intervallo con questo calo poi nel secondo tempo. Ok, se sbagliamo gol e l’avversario è stato bravo va bene. Ma quando ci mancano altre cose per me è difficile, sono io come allenatore che devo cambiare la situazione. Se non hai la base, la voglia, la fame, la voglia di vincere la partita e ogni duello, come se ogni duello fosse decisivo: qua manca questo. E io come allenatore mi prendo questa responsabilità per cambiare questa situazione”.
La prima frase è di Stefano Pioli, presa dall'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport i primi di gennaio, in occasione della Supercoppa Italiana a Riyad.
La seconda è Paulo Fonseca, pronunciata nel post partita di Milan-Stella rossa dell'11 dicembre 2024.
La terza è di Sergio Conceiçao, pronunciata nel post partita di Juventus-Milan del 18 gennaio 2025.
In meno di un anno tre allenatori completamente diversi tra loro hanno messo davanti agli occhi di tutti qual è il problema più grande di questo Milan. Si potrebbero scrivere pagine e pagine (anche perché gli altri problemi, a cascata, non è che scompaiono. Sia chiaro), ma bastano queste tre dichiarazioni.
Se ne potrebbe aggiungere una quarta, del 27 ottobre 2019: "Dobbiamo sentire di più il bisogno di ottenere il risultato, altrimenti sembra che vincere, pareggiare o perdere non ci cambi nulla. Ma a noi ci cambia tutto, ci cambia la serata, ci cambia la giornata, l’umore, tutto ci cambia". A pronunciarla fu Stefano Pioli dopo un brutto Roma-Milan perso dai rossoneri.
Sembra di essere tornati a più di quattro anni fa: c'è bisogno che tutti si facciano un esame di coscienza. I tifosi danno anima, corpo e soldi (tanti soldi) per il Milan. Chi è nel Milan può dire di fare lo stesso?