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Lazio, Baroni: "Sono autorevole, non autoritario. La passione per il mare mi aiuta ad allenare"
Durante l’appuntamento con “Ente Morale” su Lazio Style Radio è intervenuto il tecnico biancoceleste Marco Baroni. Queste le sue parole: “Quando si lavora con una squadra c’è da fare una distinzione. Si chiama gruppo una squadra e a me non piace molto, c’è una differenza fondamentale. Un gruppo ha responsabilità individuali, una squadra invece ha responsabilità collettive, si vince insieme e si perde insieme, si gioisce e si soffre insieme. All’interno di una squadra ci sono obiettivi individuali, ma soprattutto obiettivi di squadra e tramite il lavoro collettivo si realizzano i sogni individuali e di squadra. Per un tecnico è fondamentale cercare di non allontanare l’obiettivo di squadra da quello individuale. Mi spiego meglio, ad esempio non porto mai la squadra dentro un mio modello di calcio, ma cerco di fare in modo che ogni individuo si esalti tramite il modello di squadra, questo è un moltiplicatore di energie. Non posso chiedere a un giocatore di non fare qualcosa che sa fare bene perché non è funzionale al mio calcio. L’allenatore deve valorizzare il singolo, l’uomo ha la brama di essere apprezzato e i giocatori hanno bisogno di soluzioni, non di problemi. Quelli deve risolverli l’allenatore, al giocatore vanno proposte solo soluzioni", ha spiegato il tecnico.
Il lungo intervento prosegue col suo modo di intendere i calciatori
"Credo che ci sia una differenza sostanziale tra la scelta razionale e quella istintiva e questo deriva dal lavoro quotidiano sul campo. Ogni giocatore porta sul campo un bagaglio di esperienza che ti porta a fare una qualsiasi scelta in maniera istintiva, ma sempre guidata dall’esperienza fatta in precedenza. Quando parlo di un giocatore che è bravo ma deve essere costruito intendo proprio questo, magari un calciatore viene da un calcio dove c’è più istinto e meno tatticismo. Bisogna mantenere quell’istinto, ma bisogna aggiungere lavoro così da aumentare quel bagaglio di esperienza senza aggiungere troppo pensiero, deve rimanere una scelta istintiva. Io durante la partita posso correggere all’interno di un sostegno individuale, poi noi allenatori ci muoviamo tanto e diamo indicazioni in campo ma lo facciamo in un contesto con 50 mila persone e difficilmente i calciatori possono cogliere i segnali dall’esterno. Posso dare delle indicazioni, ma i giocatori devono già conoscerle".
La tattica e la preparazione delle partite
"Quando parliamo di un piano partita noi con lo staff prepariamo delle varianti all’interno della partita che i giocatori poi possono riconoscere in campo. Negli spogliatoi si parla di correttivi ma faccio mettere la squadra 5-6 minuti a riposare per recuperare le energie, poi intervengo ma massimo per 3-4 minuti, mettiamo a disposizione della squadra 3-4 immagini dove dobbiamo correggere o alimentare qualcosa. Tutto si risolve all’interno di questi pochi minuti, devi solo intervenire chirurgicamente perché la squadra ha già dentro delle nozioni, devi solo dare quello che serve, anche le parole devono essere spese bene e devono toccare solo quello che vuoi correggere. È fondamentale anche il linguaggio del corpo, deve esserci un linguaggio univoco sia nel proporre che nel correggere, utilizzando le stesse parole perché i giocatori devono comprendere. L’allenatore può farsi capire anche solo con le braccia, la squadra deve essere coerente con il messaggio che vuole trasmettere".
L'esempio della sua filosofia
"Con il Porto ho percepito che c’era margine per aggredire e provare a vincere, in quel caso ho comunicato con il corpo proprio per andare alla ricerca della vittoria. È fondamentale la coerenza per un allenatore, la prima crepa che una squadra può trovare è la mancanza di coerenza. Bisogna sempre parlare in prima persona, la postura e l’espressione oltre al tono della voce, tutto è fondamentale e questa conoscenza la apprendi col tempo. L’ascolto ti dà un vantaggio perché ti fa conoscere e capire l’interlocutore, preferisco sempre guardare e ascoltare le persone con cui mi trovo, così faccio con la squadra. Dico spesso che voglio sbagliare per secondo, voglio capire le cose che funzionano e che non funzionano, evito di perdere tempo così e per questo è importante l’ascolto e capire velocemente. Noi allenatori abbiamo poco tempo e non dobbiamo perdere nemmeno un attimo, sia nell’ascolto che nel vedere ciò che abbiamo intorno a noi. Credo che chi urla è segno che non ha qualcosa da spiegare, spesso l’aggressione è un modo per smazzare le carte. Puoi urlare una volta, ma deve essere efficace. Se quell’urlo diventa una consuetudine non ti ascolta più nessuno. L’allenatore deve capire bene i momenti e spendere bene le parole, non abbiamo molto tempo per cogliere l’attenzione di un interlocutore, le prime parole che spendi devono cogliere l’interesse di chi ti ascolta. Nella leadership cerco sempre di essere più autorevole che autoritario, è un mio stile di vita in cui credo molto e lo porto avanti come fossi a casa mia. Di fronte a noi non abbiamo più il professionista calciatore di una volta, adesso abbiamo delle aziende e i calciatori richiedono competenza perché vogliono rendere al meglio. Se non sai di cosa parli è meglio non parlare perché così ti giochi lo spogliatoio. Prendere in giro i giocatori e non essere coerente era una cosa che odiavo dei miei allenatori. Non mi piaceva l’allenatore che cercava alibi e che non parlava in maniera schietta, preferivo una verità che mi potesse far male ma che mi avrebbe aiutato a crescere, una finta verità per proteggermi mi infastidiva. Sono schietto e leale per questo, il calciatore deve sempre capire che io lavoro sempre nella direzione della sua crescita professionale e verso il rispetto delle regole della squadra. Il calciatore ha bisogno di essere coccolato, noi vediamo questi ragazzi e pensiamo che siano forti perché vediamo queste immagini felici sui social, ma come ogni uomo i calciatori hanno bisogno di sentirsi ben voluti, il mondo familiare li aiuta da questo punto di vista. È una necessità di un calciatore che fa un’attività ad altissimo livello con tanta pressione, mi piace pensare all’aspetto familiare perché ti accoglie nei momenti belli, ma soprattutto nei momenti brutti e difficili. Questo aspetto cerchiamo di tenerlo anche nella squadra, cerchiamo di tenere questo calore nello spogliatoio poi il calciatore ha sempre bisogno di rientrare in quella che è la sua bolla familiare".
Le passioni extracalcio
"Il mare è una delle mie passioni, adoro il mare e ho una patente nautica, ho avuto per anni una barca a vela e all’interno di questo mondo ci sono molte cose. Nel mare devi prevenire, l’attenzione deve essere sempre proiettata in avanti per capire cosa può succedere, spesso quando avviene un qualcosa è già troppo tardi. Questo aspetto è stato molto allenante per me e mi ha aiutato molto nella gestione di una squadra”.
Il lungo intervento prosegue col suo modo di intendere i calciatori
"Credo che ci sia una differenza sostanziale tra la scelta razionale e quella istintiva e questo deriva dal lavoro quotidiano sul campo. Ogni giocatore porta sul campo un bagaglio di esperienza che ti porta a fare una qualsiasi scelta in maniera istintiva, ma sempre guidata dall’esperienza fatta in precedenza. Quando parlo di un giocatore che è bravo ma deve essere costruito intendo proprio questo, magari un calciatore viene da un calcio dove c’è più istinto e meno tatticismo. Bisogna mantenere quell’istinto, ma bisogna aggiungere lavoro così da aumentare quel bagaglio di esperienza senza aggiungere troppo pensiero, deve rimanere una scelta istintiva. Io durante la partita posso correggere all’interno di un sostegno individuale, poi noi allenatori ci muoviamo tanto e diamo indicazioni in campo ma lo facciamo in un contesto con 50 mila persone e difficilmente i calciatori possono cogliere i segnali dall’esterno. Posso dare delle indicazioni, ma i giocatori devono già conoscerle".
La tattica e la preparazione delle partite
"Quando parliamo di un piano partita noi con lo staff prepariamo delle varianti all’interno della partita che i giocatori poi possono riconoscere in campo. Negli spogliatoi si parla di correttivi ma faccio mettere la squadra 5-6 minuti a riposare per recuperare le energie, poi intervengo ma massimo per 3-4 minuti, mettiamo a disposizione della squadra 3-4 immagini dove dobbiamo correggere o alimentare qualcosa. Tutto si risolve all’interno di questi pochi minuti, devi solo intervenire chirurgicamente perché la squadra ha già dentro delle nozioni, devi solo dare quello che serve, anche le parole devono essere spese bene e devono toccare solo quello che vuoi correggere. È fondamentale anche il linguaggio del corpo, deve esserci un linguaggio univoco sia nel proporre che nel correggere, utilizzando le stesse parole perché i giocatori devono comprendere. L’allenatore può farsi capire anche solo con le braccia, la squadra deve essere coerente con il messaggio che vuole trasmettere".
L'esempio della sua filosofia
"Con il Porto ho percepito che c’era margine per aggredire e provare a vincere, in quel caso ho comunicato con il corpo proprio per andare alla ricerca della vittoria. È fondamentale la coerenza per un allenatore, la prima crepa che una squadra può trovare è la mancanza di coerenza. Bisogna sempre parlare in prima persona, la postura e l’espressione oltre al tono della voce, tutto è fondamentale e questa conoscenza la apprendi col tempo. L’ascolto ti dà un vantaggio perché ti fa conoscere e capire l’interlocutore, preferisco sempre guardare e ascoltare le persone con cui mi trovo, così faccio con la squadra. Dico spesso che voglio sbagliare per secondo, voglio capire le cose che funzionano e che non funzionano, evito di perdere tempo così e per questo è importante l’ascolto e capire velocemente. Noi allenatori abbiamo poco tempo e non dobbiamo perdere nemmeno un attimo, sia nell’ascolto che nel vedere ciò che abbiamo intorno a noi. Credo che chi urla è segno che non ha qualcosa da spiegare, spesso l’aggressione è un modo per smazzare le carte. Puoi urlare una volta, ma deve essere efficace. Se quell’urlo diventa una consuetudine non ti ascolta più nessuno. L’allenatore deve capire bene i momenti e spendere bene le parole, non abbiamo molto tempo per cogliere l’attenzione di un interlocutore, le prime parole che spendi devono cogliere l’interesse di chi ti ascolta. Nella leadership cerco sempre di essere più autorevole che autoritario, è un mio stile di vita in cui credo molto e lo porto avanti come fossi a casa mia. Di fronte a noi non abbiamo più il professionista calciatore di una volta, adesso abbiamo delle aziende e i calciatori richiedono competenza perché vogliono rendere al meglio. Se non sai di cosa parli è meglio non parlare perché così ti giochi lo spogliatoio. Prendere in giro i giocatori e non essere coerente era una cosa che odiavo dei miei allenatori. Non mi piaceva l’allenatore che cercava alibi e che non parlava in maniera schietta, preferivo una verità che mi potesse far male ma che mi avrebbe aiutato a crescere, una finta verità per proteggermi mi infastidiva. Sono schietto e leale per questo, il calciatore deve sempre capire che io lavoro sempre nella direzione della sua crescita professionale e verso il rispetto delle regole della squadra. Il calciatore ha bisogno di essere coccolato, noi vediamo questi ragazzi e pensiamo che siano forti perché vediamo queste immagini felici sui social, ma come ogni uomo i calciatori hanno bisogno di sentirsi ben voluti, il mondo familiare li aiuta da questo punto di vista. È una necessità di un calciatore che fa un’attività ad altissimo livello con tanta pressione, mi piace pensare all’aspetto familiare perché ti accoglie nei momenti belli, ma soprattutto nei momenti brutti e difficili. Questo aspetto cerchiamo di tenerlo anche nella squadra, cerchiamo di tenere questo calore nello spogliatoio poi il calciatore ha sempre bisogno di rientrare in quella che è la sua bolla familiare".
Le passioni extracalcio
"Il mare è una delle mie passioni, adoro il mare e ho una patente nautica, ho avuto per anni una barca a vela e all’interno di questo mondo ci sono molte cose. Nel mare devi prevenire, l’attenzione deve essere sempre proiettata in avanti per capire cosa può succedere, spesso quando avviene un qualcosa è già troppo tardi. Questo aspetto è stato molto allenante per me e mi ha aiutato molto nella gestione di una squadra”.
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