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Lazio, Zaccagni illumina San Siro sotto gli occhi di Spalletti: ora gli spetta l'azzurro
Non è solo il gol, altrimenti potrebbe essere anche solo frutto del caso. Non sono neanche i dieci gol segnati in stagione, che certificano forse la migliore annata della sua carriera. Sono i movimenti, le scelte, la leadership. Quando Mattia Zaccagni porta palla, con quella falcata lunga, la fascia al braccio, il 10 sulle spalle, per qualche momento le immagini rallentano, tutto va più lentamente, tra la sinuosità di quel passo che sta diventando arma e terrore in Serie A. Punta Jimenez, senza paura. Entra Walker, non cambia nulla. La personalità di Zaccagni, questa deve colpire. Non guarda chi ha davanti, sa di poterlo saltare, perché non è diventato il leader della Lazio per nulla. Leader tecnico, certo, perché la sua qualità è indiscutibile. Leader nello spogliatoio, anche contro i più scettici. Eppure pesavano. La 10 del Mago, la fascia del Re. Luis Alberto e Immobile gli hanno passato una bella eredità, che per anni li ha resi eroi della Lazio e lentamente li ha logorati con il passare degli anni e la chiusura di cicli. Non era scontata la risposta di Zac. Non era banale. E infatti c'è voluto del tempo per vestire questi nuovi panni.
SPALLETTI A SAN SIRO - È bello vederlo brillare tra le divise belga-lusitane del Milan. Il bianco splendente della sua maglia brilla sotto i fari di San Siro, come le armature sotto al sole nel campo di battaglia. È la luce che illumina l'inferno, è l'arma contro il Diavolo, è la Lazio che torna a sbancare il Meazza, per la terza volta in 35 anni. Un tap-in da rapinatore d'area, sulla respinta laterale di Maignan dopo la conclusione di Marusic. Mattia Zaccagni scocca la sua freccia verso un destinatario preciso, appollaiato sugli spalti di San Siro e armato di penna e taccuino per prendere spunti e rivedere le proprie idee in vista della sosta. Il c.t. era lì. Ha assistito alla partita, se l'è gustata, con un occhio attento orientato a un super Nicolò Rovella, a un attentissimo Ivan Provedel, ma soprattutto su quel giocatore che qualche mese fa faceva urlare di gioia l'Italia con un gol nel recupero contro la Croazia. L'ultimo atto di Zaccagni in azzurro, prima dell'esclusione per ragioni tattiche dalla rosa della Nazionale. Un'ingiustizia, una scelta tutt'altro che meritocratica.
LA SCELTA GIUSTA - Luciano Spalletti era lì. Lo guardava, lo studiava mentre saltava i giocatori del Milan, quando nello stretto si destreggiava con tecnica e coraggio. Lui raccontato come giocatore da ampie falcate, capace anche di liberarsi degli avversari con un passo breve e rapido. Mattia Zaccagni non sbaglia quasi mai la giocata. Lo avete notato? Fa sempre la scelta giusta e giocatori così è impossibile non ignorarli. Troppo fondamentali averli in squadra, anche rinunciando a qualche tatticismo, anche mettendo da parte alcune convinzioni. Luciano Spalletti lo ha visto, come noi abbiamo visto che era a San Siro, inquadrato dalle telecamere con cappello nero e volto semicoperto per il freddo. Ora è impossibile ignorare Mattia Zaccagni. È impossibile non dar valore alla sua doppia cifra stagione. Lui che probabilmente contro il Milan ha toccato il punto più alto e lo ha fatto sotto gli occhi del c.t., alla Scala del Calcio.
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