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Zarate, il primo amore non si scorda mai: si ritira l'idolo di una generazioneTUTTO mercato WEB
© foto di Federico Gaetano
ieri alle 21:30News
di Simone Locusta
per Lalaziosiamonoi.it

Zarate, il primo amore non si scorda mai: si ritira l'idolo di una generazione

Si dice che certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Ma non è così per tutti. Molti fanno dei giri immensi su sé stessi e rimangono lì, impressi nella memoria. Quello tra Mauro Matìas Zarate e la Lazio è stato, ed è tuttora, più un amore platonico. Perché nel concreto non c’è stato molto per cui amarsi. Sarebbe forse più giusto dire che questo rapporto che si è instaurato negli anni, apparentemente su basi poco solide visti i pochi anni passati a Roma dall’argentino, coinvolga la gente laziale, e meno il club.

Ma come nasce questa storia da romanzo rosa? Zarate arriva a Roma dopo un inizio di carriera quanto meno anomalo: dopo gli esordi al Velez Sarsfield in patria, l’argentino sceglie i soldi del Qatar e si trasferisce all’Al-Sadd. La fretta è una cattiva consigliera, e forse Mauro non ci ha riflettuto abbastanza. Va in prestito al Birmingham City, in Inghilterra, ed è lì che riesce a mostrare il suo valore. La Lazio lo nota e, senza lasciargli il tempo di rientrare a Doha dopo il prestito, sceglie di portarlo all’ombra del Colosseo.

Il contesto è la stagione 2008-09. Delio Rossi in panchina, Kolarov, Mauri, Pandev, Rocchi, e via dicendo. Zarate arriva da oggetto misterioso e un po’ in sordina, anche perché è Juan Pablo Carrizo, l’altro argentino acquistato in quell’estate, a esser considerato il vero grande acquisto. Il campionato inizia in Sardegna, a Cagliari, il 31 agosto: è già Zarate-show. La doppietta all’esordio, ma anche i goal nelle successive gare, lasciava presagire un qualcosa di grande. La nascita di un predestinato che, nel profondo, stava contribuendo ad alimentare una fiamma, la quale stava nascendo parallelamente grazie all’unione del suo talento e del sogno dei tifosi laziali. Seconda giornata: c’è Lazio – Sampdoria, e Zarate tira fuori un altro coniglio dal cilindro. Mancino a giro da fuori area, direttamente sul palo lontano. Bacia la traversa e si adagia in rete. Poi segna a Milano nella sconfitta contro i rossoneri, è già a quota quattro gol. La Lazio vince poi a Torino grazie a un suo eurogol, un destro dalla distanza imparabile per il portiere granata.

Il messaggio sembra essere chiaro: la Lazio ha preso un craque mondiale. Sembrava effettivamente così, ma poi la realtà si rivela diversa. Rimangono lo stesso le gesta nel numero dieci, anche quindici anni dopo e oltre. Come rimane il ricordo della famosa “mattonella” di Mauro Zarate, posizionata nell’angolo sinistro del limite dell’area avversaria, è ancora oggi culto. Un po’ come “O tir a gir” di Insigne, ma qualche anno prima. Era solito puntare l’avversario, uno-due-massimo tre tocchi, spostare la palla al centro con l’esterno del piede e puntare il palo lontano con un tiro potente e preciso. Riuscì a farlo anche al derby, nel famoso 4-2 di quell’aprile 2009. Così come nella finale di Coppa Italia, vinta contro la Sampdoria di Cassano e Pazzini.

L’argentino minuto con la testa rasata ha alimentato i sogni di un intero popolo con il suo estro e con il suo destro a giro. Non riuscì mai a replicare quella prima stagione, né a Roma né altrove. Zarate è arrivato alla fine del suo percorso, a 37 anni ha scelto di ritirarsi dal calcio giocato. Ha girato il mondo, vestendo le maglie di diverse squadre. Ma niente è stato come la Lazio, come ammesso dallo stesso nel 2020: “Mi sono pentito di aver lasciato la Lazio. L’errore più grande è stato andare via da Roma come idolo”. Zarate ha usato la parola giusta, “idolo”. Un metro e settantacinque centimetri di genio e incostanza sono infatti diventati il simbolo di una generazione che ha toccato con mano, per la prima volta, il sogno calcistico. Zarate è stato il primo amore per i tifosi nati a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello nuovo. Coloro che non hanno vissuto la Lazio dello scudetto del 2000 e delle coppe internazionali vinte contro Manchester United e Mallorca. Ma è stato anche la speranza dei più grandi di poter rivivere certi sogni anni dopo la risurrezione dal possibile fallimento. Zarate è stato l’idolo di una generazione, e lo sarà per sempre. Anche se quella fiamma non divampò mai, rimase solamente un fuoco fatuo.