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Fagioli: "Mi hanno scritto che mi avrebbero spezzato le gambe e non sapevo neanche chi"
Nicolò Fagioli, centrocampista della Juventus, si è messo a nudo del documentario 'Fragile', realizzato durante la sua squalifica per ludopatia e distribuito su Amazon Prime.
Tra le altre cose, ha parlato pure delle minacce di morte che gli sono state recapitate nei momenti più neri della sua dipendenza: "Mi avevano scritto che mi avrebbero spezzato le gambe prima di una partita. E nemmeno sapevo chi erano, è veramente brutto… Lacrime a Sassuolo? In quel momento non sapevo come rientrare dei tanti soldi di cui ero fuori. E poi l'errore mi ha fatto vedere nero, ho iniziato a piangere. Una mattina ero a casa con Giulia (la fidanzata, ndr) e vedo che c'era la Polizia fuori, in borghese, volevano parlare con me. Io sapevo di avere una malattia, ero consapevole di dover risolvere un problema. All'inizio non lo ammettevo a me stesso perché volevo nasconderlo agli altri. Ero nulla, la domenica mi sfogavo ma mi allenavo poco e mi tenevo male fisicamente. Davo poca importanza, era come se il centro fosse il gioco. Ci pensavo anche in campo, inconsciamente: magari sbagliavo un passaggio o un assist facile e dicevo di essere distratto perché facevo altre cagate fuori. In quel momento il gioco mi dava adrenalina, mi faceva sentire un'emozione simile a quella quando sei in campo".
Per leggere tutte le dichiarazioni di Fagioli basta cliccare qui
Tra le altre cose, ha parlato pure delle minacce di morte che gli sono state recapitate nei momenti più neri della sua dipendenza: "Mi avevano scritto che mi avrebbero spezzato le gambe prima di una partita. E nemmeno sapevo chi erano, è veramente brutto… Lacrime a Sassuolo? In quel momento non sapevo come rientrare dei tanti soldi di cui ero fuori. E poi l'errore mi ha fatto vedere nero, ho iniziato a piangere. Una mattina ero a casa con Giulia (la fidanzata, ndr) e vedo che c'era la Polizia fuori, in borghese, volevano parlare con me. Io sapevo di avere una malattia, ero consapevole di dover risolvere un problema. All'inizio non lo ammettevo a me stesso perché volevo nasconderlo agli altri. Ero nulla, la domenica mi sfogavo ma mi allenavo poco e mi tenevo male fisicamente. Davo poca importanza, era come se il centro fosse il gioco. Ci pensavo anche in campo, inconsciamente: magari sbagliavo un passaggio o un assist facile e dicevo di essere distratto perché facevo altre cagate fuori. In quel momento il gioco mi dava adrenalina, mi faceva sentire un'emozione simile a quella quando sei in campo".
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