
Juventus milionaria!
Ci risiamo, ma era improbabile il contrario. Ricaduti nello sconforto dopo aver rivisto a Parma la Juventus purtroppo delle uscite peggiori, una manciata di birilli allo sbando, avendo velocemente smaltito l’allegra ed euforica sbornia tudoriana. È chiaro ormai che la squadra vive da tempo un periodo buio, caotico, poggiandosi sulle sue stesse macerie, e soltanto una rinascita vera e solida può riportarla ai fasti del passato.
«Poche settimane dopo la liberazione mi affacciai al balcone della mia casa di Parco Grifeo, - scrive Eduardo De Filippo - e detti uno sguardo al panorama di questa città martoriata: allora mi venne in mente in embrione la commedia e la scrissi tutta d'un fiato, come un lungo articolo sulla guerra e le sue deleterie conseguenze». Era il 1945, la commedia Napoli Milionaria!
Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando? Questi gli interrogativi del drammaturgo napoletano. Gennaro Jovine, il protagonista, intuisce e risponde con il suo tono di pronta saggezza, tra amarezza e speranza: «Adda passà ‘a nuttata» ovvero “deve passare la notte”.
Si tratta del momento clou della commedia, la chiave di volta dell’intera opera. Il terzo atto parte infatti da una situazione-limite, che dovrebbe precedere la catastrofe, ma che porta invece alla segnalazione di una via di salvezza: una segnalazione avvertita, circospetta, che rifiuta l’illusione gratuita come la sterile disperazione. Perciò un nuovo leit-motiv («Mo avimm’ aspettà […] S’ha da aspettà […] Deve passare la nottata») (atto III) sostituisce ma integra quello precedente del protagonista («’A guerra nun è fernuta») (atto II). Rituccia, la figlia di Gennaro e Amalia, è ammalata. La medicina capace di salvarla è stata finalmente trovata; il ragioniere Spasiano, gliel’ha donata, mettendo da parte tutti i dissapori con la signora Amalia. Il medico dopo aver somministrato il farmaco alla piccola, si rivolge ai due genitori: “Mo adda passà ‘a nuttata. Deve superare la crisi”. Ma non era la sola. La notte dovrà passare anche per la loro città reduce dalla guerra, per il suo popolo così trasformato da quegli orrori. La Napoli, di cui ci offre uno scorcio De Filippo, è infatti una Napoli rassegnata, rapace, fatta di spalle voltate e porte chiuse, di lotta alla sopravvivenza. La guerra ha spento l’entusiasmo nei cuori della gente, la spontanea solidarietà e la semplicità di cogliere la meraviglia attorno a sé. In questa immagine in bianco e nero rivedo oggi la Vecchia Signora, con gli stessi interrogativi del dramma eduardiano.
Eppure non tutto è perduto. Il fuoco è solo assopito sotto le ceneri, il sole aspetta di risorgere dopo tutto quel buio. Nel popolo napoletano - è lo stesso De Filippo a sottolinearlo- c’è ancora quello spiraglio di generosità e spirito collaborativo. Ne è l’emblema il ragioniere Spasiano, ne è portavoce Gennaro. Adda’ passà ‘a nuttata. La frase ripetuta per ben tre volte da Gennaro nella chiusa della commedia, quindi, si arricchisce di significato catartico. Diventa la filosofia, la massima a cui affidarsi nei momenti di crisi. Adda’ passà ‘a nuttata ricorda al popolo napoletano - e al mondo intero - ciò che ha passato e superato. Proprio come il sole che ogni giorno vince un’altra notte. Così come ricorda Gennaro alla propria famiglia, bisogna solo aspettare e riscoprire la meraviglia nelle piccole cose, i piccoli gesti, ciò che ci rende umani e che accompagneranno glorie future. Dopo aver brancolato nel buio e aver imparato attraverso questo, la luce tornerà a splendere. Ieri come oggi.
La Juventus, la società, tragga frutti dalla letteratura, dalla storia, dall’esperienza. Del resto deve superare ostacoli molto più semplici – grazie a Dio - di una guerra mondiale. Adda passà ‘a nuttata, ma cominci a rimboccarsi le maniche, per essere una Juventus milionaria… senza rischiare che il giorno duri molto poco.
Roberto De Frede







