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Marotta: “Delusioni? A volte investito tanto su giocatori che non erano grandi uomini”
Beppe Marotta, presidente dell’Inter e dell’Adise, è intervenuto alla tavola rotonda “Calciomercato: un’opportunità per i club
e per la Football Industry”, organizzata all’hotel Sheraton a Milano nell’ambito del programma degli ultimi giorni di calciomercato: “Festeggio tra poco i 50 anni di calciomercato, vuol dire 100 mercati fatti. All’inizio c’era ancora il vincolo sportivo: ricordo che, da giovane direttore sportivo di Serie B, ogni stagione dovevo rinnovare i contratti dei giocatori. Erano tesserati per le squadre: chi non firmava il contratto a inizio stagione, rimaneva comunque vincolato.
Io, pur da giovane, facevo venire i giocatori e davo precedenza agli anziani, che poi trascinavano i giovani. Si parte da un mercato così, in cui decideva la società. Oggi è giustamente cambiato: si possono avviare trattative, ma è decisiva la volontà dei giocatori e ci sono anche le figure degli agenti, sempre più importanti e destinatari di somme che escono dal sistema. Mi devo adattare a questo tipo di realtà.
Oggi ho un ruolo diverso, sono partito dal settore giovanile e oggi sono presidente: non posso che delegare questi compiti, le trattative arrivo a farle dopo che il lavoro è già stato portato avanti dai dirigenti miei e delle altre squadre”.
Oggi si lavora sui dati, qualche giocatore che poi ha sorpreso, in bene o male?
“Non faccio nomi, dico che il buon manager moderno deve adeguarsi all’innovazione, che impone di confrontarsi con il mondo digitale, con l’intelligenza artificiale, con gli algoritmi. Io parto da studi umanistici, mi ci devo adeguare. Possiamo guardare le statistiche, ma ci sono una serie di variabili e c’è l’aspetto umano. È una realtà che determina quello che poi è il buon esito dell’acquisto di un giocatore. Oggi voglio creare una task force che possa identificare il soggetto proprio in quest’ottica: capire se è presente sui social o meno, qual è il suo habitat naturale. Sono componenti determinanti: io mi adeguo e sono un fautore dell’intelligenza artificiale, stiamo lavorando per capire come possa essere utile al club. Spesso ci sono state forti delusioni, capitali investiti su soggetti che sembravano grandi calciatori ma non erano grandi uomini”.
Un esempio positivo?
“Penso al Varese, a Claudio Gentile. Nessuno scommetteva su di lui, ma è l’esempio del soldato che ha fatto strada, che ha imposto le sue qualità ed è diventato campione. Io talento va accompagnato dalle qualità calcistiche. Non faccio nomi, sennò qualcuno si incazza. Ma chi segue il calcio sa che in Italia, negli ultimi 20 anni, abbiamo visto talenti che non sono diventati campioni”.
La nuova Champions?
“Sono per la sperimentazione, oggi viviamo un format dinamico e adrenalinico. Fortunatamente noi, da quarti, potevamo arrivare secondi o terzi, ma abbiamo visto altre squadre oscillare molto. Il rischio, per il calcio italiano, è stato quello di avere tre squadre che si scontrano tra di loro. Forse potrebbe essere meglio tutelato per il nostro ranking, però vedo tutti molto contenti quindi accettiamola”.
e per la Football Industry”, organizzata all’hotel Sheraton a Milano nell’ambito del programma degli ultimi giorni di calciomercato: “Festeggio tra poco i 50 anni di calciomercato, vuol dire 100 mercati fatti. All’inizio c’era ancora il vincolo sportivo: ricordo che, da giovane direttore sportivo di Serie B, ogni stagione dovevo rinnovare i contratti dei giocatori. Erano tesserati per le squadre: chi non firmava il contratto a inizio stagione, rimaneva comunque vincolato.
Io, pur da giovane, facevo venire i giocatori e davo precedenza agli anziani, che poi trascinavano i giovani. Si parte da un mercato così, in cui decideva la società. Oggi è giustamente cambiato: si possono avviare trattative, ma è decisiva la volontà dei giocatori e ci sono anche le figure degli agenti, sempre più importanti e destinatari di somme che escono dal sistema. Mi devo adattare a questo tipo di realtà.
Oggi ho un ruolo diverso, sono partito dal settore giovanile e oggi sono presidente: non posso che delegare questi compiti, le trattative arrivo a farle dopo che il lavoro è già stato portato avanti dai dirigenti miei e delle altre squadre”.
Oggi si lavora sui dati, qualche giocatore che poi ha sorpreso, in bene o male?
“Non faccio nomi, dico che il buon manager moderno deve adeguarsi all’innovazione, che impone di confrontarsi con il mondo digitale, con l’intelligenza artificiale, con gli algoritmi. Io parto da studi umanistici, mi ci devo adeguare. Possiamo guardare le statistiche, ma ci sono una serie di variabili e c’è l’aspetto umano. È una realtà che determina quello che poi è il buon esito dell’acquisto di un giocatore. Oggi voglio creare una task force che possa identificare il soggetto proprio in quest’ottica: capire se è presente sui social o meno, qual è il suo habitat naturale. Sono componenti determinanti: io mi adeguo e sono un fautore dell’intelligenza artificiale, stiamo lavorando per capire come possa essere utile al club. Spesso ci sono state forti delusioni, capitali investiti su soggetti che sembravano grandi calciatori ma non erano grandi uomini”.
Un esempio positivo?
“Penso al Varese, a Claudio Gentile. Nessuno scommetteva su di lui, ma è l’esempio del soldato che ha fatto strada, che ha imposto le sue qualità ed è diventato campione. Io talento va accompagnato dalle qualità calcistiche. Non faccio nomi, sennò qualcuno si incazza. Ma chi segue il calcio sa che in Italia, negli ultimi 20 anni, abbiamo visto talenti che non sono diventati campioni”.
La nuova Champions?
“Sono per la sperimentazione, oggi viviamo un format dinamico e adrenalinico. Fortunatamente noi, da quarti, potevamo arrivare secondi o terzi, ma abbiamo visto altre squadre oscillare molto. Il rischio, per il calcio italiano, è stato quello di avere tre squadre che si scontrano tra di loro. Forse potrebbe essere meglio tutelato per il nostro ranking, però vedo tutti molto contenti quindi accettiamola”.
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