
Klinsmann: "Inter passo più importante della mia vita, quel secondo posto al Pallone d'Oro..."
Ospite di TMW Radio e di Storie di Calcio, l'ex attaccante dell'Inter Jurgen Klinsmann ha raccontato la sua carriera, iniziata in patria a Stoccarda, per poi proseguire a Milano sponda nerazzurra, dove ha giocato dal 1989 al 1992, portando a casa una Supercoppa Italiana e una Coppa UEFA.
"Il momento più importante della mia vita è stato il trasferimento dallo Stoccarda all'Inter - ha ammesso -. Venendo da un altro Paese, con un'altra cultura, a Milano ho dovuto imparare un altro modo di vivere e di prendere le persone come sono. Ho dovuto capire la cultura italiana, un modo nuovo di pensare. E' stato il passo più importante della mia vita. Poi sono andato al Monaco con Wenger, poi in Premier e poi di nuovo in Germania. E sono finito più avanti in America. Ma il passo dalla Germania all'Italia è stato il momento più importante della mia vita".
E su quel periodo milanese ha raccontato: "Era un calcio romantico quello. C'erano i tre olandesi al Milan, all'Inter eravamo tre tedeschi, ma poi c'erano Careca, Maradona, diversi stranieri che hanno reso il campionato molto divertente. Era il campionato più forte al mondo. Noi e gli olandesi? Ci siamo dati tante botte (ride, ndr). Siamo rimasti amici alla fine, ma al derby era incredibile. Viverlo era una cosa incredibile, aveva un valore enorme. Erano eccezionali. Sono molto amico di Gullit ma Van Basten è stato un fenomeno. Era un attaccante completo. Se non finiva la carriera per il problema alla caviglia non so dove sarebbe arrivato. Non era Maradona, però in quel periodo è stato il miglior 9 al mondo. In Italia comunque ho incontrato Vierchowood, il difensore più difficile da affrontare. Era davvero tosto". Mentre su Maradona ha ammesso: "La finale di Italia '90 contro la sua Argentina? Il fallo su Rudi Voeller si può discutere, ma ce n'era uno prima (ride, ndr). Per me è stato più di un giocatore, un artista. Giocammo contro all'Inter, ma anche quando ero allo Stoccarda. E' stato un fenomeno, ma anche un bravo ragazzo. Era una persona perbene che voleva fare una vita normale ma non ha potuto farla perché era Maradona. E per quello poi ha preso la strada sbagliata. Ma per me era un ragazzo d'oro, l'ho incontrato dopo in giro per il mondo e gli ho voluto tanto bene".
Poi, dopo il Tottenham, è passato al Bayern Monaco, dove ha ritrovato Giovanni Trapattoni, con cui era stato all'Inter: "Ho rispettato Trapattoni come allenatore e come persona, ma con il suo gioco per un attaccante è dura. L'ho avuto all'Inter e al Bayern, mi ricordo con Rizzitelli che una volta gli dissi che non dovevamo segnare un gol subito, sennò toglieva un attaccante e noi volevamo giocare insieme fino alla fine (ride, ndr). Aveva un'idea sua il Trap ed è stato uno dei migliori al mondo".
Klinsmann proprio in quel periodo, precisamente nel 1995, giunse secondo nella graduatoria del Pallone d'Oro. E ricorda: "La cosa divertente è che fu il primo anno per gli stranieri fuori dall'Europa di partecipare. E ci fu Weah, milanista, che vinse. Fu un onore comunque arrivare secondo".
Da allenatore poi Klinsmann ha guidato la nazionale tedesca al terzo posto al campionato del mondo 2006 e la nazionale statunitense alla vittoria della Gold Cup 2013, oltre la nazionale sudcoreana. E della sua esperienza in panchina ha raccontato: "E' stata una sorpresa. Finii da calciatore nel '98 dopo i Mondiali, mi trasferii negli USA, in California, dedicandomi a una vita più tranquilla. Sono tornato al college per capire come funziona il business e nel 2004 Vogts venne a casa mia, parlammo a lungo degli Europei di quell'anno e mi ha chiesto se mi interessava la Nazionale. Avevo fatto il patentino, tutto, ma non ho mai pensato di fare l'allenatore. Lui però chiamò la Federazione e il giorno dopo mi richiamarono e diventai ct". E sul Mondiale 2006 e quella semifinale contro l'Italia ha detto: "Questi Mondiali sono stati indimenticabili. Avevamo una squadra molto giovane e solo due anni per preparare quella squadra. C'erano Podolski, Lehmann, Ballack, nomi importanti. Con l'Italia avevamo tutto il Paese alle nostre spalle, incredibile. Avevamo un gruppo di ragazzi con uno spirito molto bello, pieno di energia. Ci siamo goduti questo torneo bellissimo. A distanza di anni che dire? Alla fine vinse l'Italia e meritò, perché era un pizzico più matura come squadra. C'erano Del Piero, Totti, più classe rispetto a noi e anche più furbi. Lippi fece le mosse giuste e andò in quella maniera. Abbiamo avuto delle occasioni per fare gol ma l'Italia meritò di andare avanti e di vincere la coppa".
Infine una battuta sulla Germania più forte di tutti i tempi. E non è stata la sua: "La Nazionale del '54, così mi disse mio padre, perché trascinò il Paese dopo la catastrofe della guerra. Poi per me la più forte fu quella del '74 con Beckenbauer, non c'è paragone".







