
L'Inter non è più la stessa
E' cambiato tutto. L'Inter non è più quella che conoscevamo e in fondo ce ne stiamo facendo una ragione.
Mi ha sempre sorpreso, a volte scandalizzato, la velocità con la quale i tifosi o in generale l'opinione pubblica cambiava opinione o passava da un paradigma all'altro, da una certezza alla prossima.
La normalità dei voltafaccia, del cambio radicale di opinione, fa parte della dialettica calcistica, a maggior ragione se si tratta di allenatori o giocatori, con particolare riferimento agli attaccanti.
Qui invece si parla di natura di un club, dell'essenza stessa di cui è composta. Si parla di quell'animo naif che ha ispirato "pazza Inter" e a cui la maggioranza degli interisti si è legata
indissolubilmente, qualcuno riferendo anche di una certa comunanza con la propria identità e visione di vita: "l'Inter è come me".
Oggi quell'Inter è temporaneamente indisponibile, ha cambiato anima e, con essa, metodo di lavoro.
I tifosi hanno recepito la mutazione appoggiandola integralmente, ora che hanno scoperto il magico mondo della continuità, delle spese contenute, della proprietà invisibile, del presidente non più identitario ma straordinariamente efficace, della dirigenza illuminata che fronteggia ogni emergenza con lucidità.
Il tema è dunque che i risultati hanno sostituito le numerose nostalgie, i momenti di malinconia durante i quali ci si attaccava alla passione per l'Inter amandola nel mezzo di brevi rancori per strapiombi inaspettati.
Oggi che l'Inter è in corsa su tutti i fronti è impossibile parlare di ciò che potrebbe accadere se le cose non andassero bene, a partire dal rinnovo di Inzaghi, oggi incensato, pur con timidezza.
L'eventuale permanenza a lungo termine del tecnico è un argomento non affrontabile con criteri razionali ma è evidente che un tecnico compatibile con l'attuale cultura societaria rende tutto molto più fluido.
Se l'Inter si trovasse senza alcun titolo a fine stagione il vero pericolo formato dramma, sarebbe la valutazione emotiva, esasperata dalla delusione per il pugno di mosche in mano, senza contare che i detrattori di Inzaghi usano la carta “scudetti persi” in ogni occasione in cui l’Inter fa un passo falso.
Il ragionamento sul tecnico cambierebbe drasticamente e molto dipenderebbe dal tipo di sconfitte maturate nelle diverse competizioni.
C'è anche il mondiale per club tre settimane dopo la chiusura della stagione tradizionale e riesce difficile immaginare un addio.
Immaginare l’Inter comunque, a prescindere dai risultati di questa stagione, con un tecnico a lunghissimo termine è intrigante. Simeone non ha potuto vincere molto con l’Atletico Madrid ma è comunque il tecnico più pagato al mondo e, attualmente, quello più longevo.
E’ evidente che non si tratti di titoli vinti o persi ma di aderenza ad una cultura, credibilità dei suoi progetti e disponibilità a cambiare, come nel caso del gioco passato da "catenacciaro" a “giochista” in queste due ultime stagioni.
Per Simone Inzaghi, pur con criteri diversi, è possibile riflettere sul lungo periodo.
La vera discriminante sulla nuova natura dell’Inter viene da Marotta. Il giorno in cui lascerà la presidenza tornerà ad essere l’Inter di un tempo o resterà quella di oggi, con alcune piccole differenze?
Il Milan e la Juventus stanno vivendo momenti che noi conosciamo bene, a causa di vuoti di potere spaventosi e questo induce a pensare che una società non possa cambiare a prescindere dagli uomini. Ma può imparare e lasciare un’eredità alle prossime Inter del fu







