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TMW RADIO - Delio Rossi: "Nel finale Italia rappresentata dal Sassuolo. Questo la dice lunga"
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Delio Rossi ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L'allenatore Delio Rossi è intervenuto in diretta a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. L'intervista comincia dalla prestazione dell'Italia ieri sera in casa della Polonia: "Sono anni che la Nazionale non segna, può capitare ma l'importante è che dal punto di vista del gioco sia stata presa la strada giusta".
C'è una provenienza eterogenea in questa rosa. Corretto dare peso alla cosa?
"Prima le grandi squadre avevano il nucleo formato dai migliori italiani, mentre oggi sono tutti stranieri. Negli ultimi dieci minuti la squadra più rappresentata è stata il Sassuolo, e questo la dice lunga su come siano cambiate le cose: una volta anche la Serie B era un bacino d'utenza, ora non lo è più. Dalla legge Bosman è tutto cambiato".
Mancini sembra essersi evoluto verso il bel gioco rispetto al suo passato ad allenare i club?
"Penso sia corretto. Dopo l'infausta qualificazione ai Mondiali mancata non era facile ripartire, e lui ha puntato tanto sui giovani, di cui qualcuno neanche giocava. Gli va dato atto di aver preso scelte coraggiose, è una sua evoluzione e va dato a Cesare quel che è di Cesare. La squadra non è tra i primi posti, ma gioca bene a calcio".
Agli azzurri manca un centravanti?
"Penso sia un momento contingente... Secondo me ci sono ragazzi che hanno potenzialità, ma vanno aspettati. Il discorso è sempre lo stesso, le big vanno a prendersi i campioni da fuori a 50-60 milioni. Di fenomeni per ora non ne vedo, aspettiamo due o tre anni".
La Lazio è obbligata a passare il girone di Champions che le è capitato?
"Obbligata no. Le avversarie sono di livello, e ricche, ma la Lazio ha grosse possibilità di passare il girone. Sono meno convinto invece che in campionato possa ripetere l'exploit dello scorso anno: rischia di perdere qualcosa a causa della Champions".
Si rivede in De Zerbi?
"Io quando ho iniziato giocavo con il 4-3-3, ma ogni allenatore deve ricordarsi che prima di portare avanti la propria idea di calcio deve raggiungere gli obiettivi societari. A meno che tu non sia già un grandissimo, ed abbia la possibilità di sceglierti i calciatori. Per me ci sono gli allenatori maestro, che possono essere come Gasperini, e De Zerbi lo vedo qua, poi gli intermedi, stile Ancelotti o Allegri ed i gestori, in cui vedo ad esempio Pirlo in questo momento. Quello che fa quasi lavorare direttamente i suoi collaboratori, stile Ferguson o Capello".
Pandev è stato poco pubblicizzato in questi anni?
"Mi fa piacere parlare di Goran: l'ho visto crescere e l'ho fatto giocare io nella Lazio, l'hanno dato come surplus nello scambio per Stankovic, ma questo ragazzo che veniva dalla Primavera dell'Inter per me aveva qualità. E avendo fatto bene dappertutto, significa che ha dei valori. Si è tolto la soddisfazione di vincere il Triplete con l'Inter, ed è misura del suo valore, ma si sta rivelando importante anche col Genoa. Molto sottovalutato".
Perché si è perso Abel Hernandez?
"L'ho avuto da ragazzo, e dal punto di vista tecnico ha reso molto al di sotto delle sue possibilità. Aveva un talento da grande squadra, e intendo anche Barcellona o Real Madrid: sapeva fare tutto come attaccante, forte con entrambi i piedi, buono di testa e nervoso muscolarmente. Cavani ha fatto la sua carriera, e secondo me Abel tecnicamente gli era superiore. Purtroppo non bastano solo le qualità, incidono anche tante altre caratteristiche su una carriera".
Nell'esperienza Sarri-Juventus chi ha sbagliato di più?
"Si fa fatica a dare un giudizio, senza vedere gli allenamenti mancano elementi. A naso, ho la sensazione che lui fosse abituato a gestire la squadra in una certa maniera, con movimenti pre-impostati, ed abbia dovuto barcamenarsi inutilmente. Questo arriva ai giocatori: iniziano i mugugni, e tutto di seguito. Con Pirlo invece ci hanno messo la faccia anche dalla società, cosa che non succede quando prendi un allenatore capace di vincere l'Europa League l'anno prima".
Salernitana e Foggia sono piazze che segue ancora con affetto?
"Certo, come tutte quelle in cui sono stato. Addirittura il Torremaggiore... Poi io sono un orso, e non curo i rapporti, ma gli unici che sento con costanza tuttora sono proprio quei ragazzi là. C'è questo rapporto di amicizia che è rimasto. Foggia è stata una tappa professionale e umana fondamentale, mentre Salerno è stato il mio trampolino: passare dalla contestazione in C ai 40mila per la Serie A la dice lunga...".
La rivedremo a breve in panchina?
"Per il momento sono solo chiacchiere, e con la situazione del Coronavirus tutto rimane aleatorio, sembra quasi che non ci sia un domani".
C'è una provenienza eterogenea in questa rosa. Corretto dare peso alla cosa?
"Prima le grandi squadre avevano il nucleo formato dai migliori italiani, mentre oggi sono tutti stranieri. Negli ultimi dieci minuti la squadra più rappresentata è stata il Sassuolo, e questo la dice lunga su come siano cambiate le cose: una volta anche la Serie B era un bacino d'utenza, ora non lo è più. Dalla legge Bosman è tutto cambiato".
Mancini sembra essersi evoluto verso il bel gioco rispetto al suo passato ad allenare i club?
"Penso sia corretto. Dopo l'infausta qualificazione ai Mondiali mancata non era facile ripartire, e lui ha puntato tanto sui giovani, di cui qualcuno neanche giocava. Gli va dato atto di aver preso scelte coraggiose, è una sua evoluzione e va dato a Cesare quel che è di Cesare. La squadra non è tra i primi posti, ma gioca bene a calcio".
Agli azzurri manca un centravanti?
"Penso sia un momento contingente... Secondo me ci sono ragazzi che hanno potenzialità, ma vanno aspettati. Il discorso è sempre lo stesso, le big vanno a prendersi i campioni da fuori a 50-60 milioni. Di fenomeni per ora non ne vedo, aspettiamo due o tre anni".
La Lazio è obbligata a passare il girone di Champions che le è capitato?
"Obbligata no. Le avversarie sono di livello, e ricche, ma la Lazio ha grosse possibilità di passare il girone. Sono meno convinto invece che in campionato possa ripetere l'exploit dello scorso anno: rischia di perdere qualcosa a causa della Champions".
Si rivede in De Zerbi?
"Io quando ho iniziato giocavo con il 4-3-3, ma ogni allenatore deve ricordarsi che prima di portare avanti la propria idea di calcio deve raggiungere gli obiettivi societari. A meno che tu non sia già un grandissimo, ed abbia la possibilità di sceglierti i calciatori. Per me ci sono gli allenatori maestro, che possono essere come Gasperini, e De Zerbi lo vedo qua, poi gli intermedi, stile Ancelotti o Allegri ed i gestori, in cui vedo ad esempio Pirlo in questo momento. Quello che fa quasi lavorare direttamente i suoi collaboratori, stile Ferguson o Capello".
Pandev è stato poco pubblicizzato in questi anni?
"Mi fa piacere parlare di Goran: l'ho visto crescere e l'ho fatto giocare io nella Lazio, l'hanno dato come surplus nello scambio per Stankovic, ma questo ragazzo che veniva dalla Primavera dell'Inter per me aveva qualità. E avendo fatto bene dappertutto, significa che ha dei valori. Si è tolto la soddisfazione di vincere il Triplete con l'Inter, ed è misura del suo valore, ma si sta rivelando importante anche col Genoa. Molto sottovalutato".
Perché si è perso Abel Hernandez?
"L'ho avuto da ragazzo, e dal punto di vista tecnico ha reso molto al di sotto delle sue possibilità. Aveva un talento da grande squadra, e intendo anche Barcellona o Real Madrid: sapeva fare tutto come attaccante, forte con entrambi i piedi, buono di testa e nervoso muscolarmente. Cavani ha fatto la sua carriera, e secondo me Abel tecnicamente gli era superiore. Purtroppo non bastano solo le qualità, incidono anche tante altre caratteristiche su una carriera".
Nell'esperienza Sarri-Juventus chi ha sbagliato di più?
"Si fa fatica a dare un giudizio, senza vedere gli allenamenti mancano elementi. A naso, ho la sensazione che lui fosse abituato a gestire la squadra in una certa maniera, con movimenti pre-impostati, ed abbia dovuto barcamenarsi inutilmente. Questo arriva ai giocatori: iniziano i mugugni, e tutto di seguito. Con Pirlo invece ci hanno messo la faccia anche dalla società, cosa che non succede quando prendi un allenatore capace di vincere l'Europa League l'anno prima".
Salernitana e Foggia sono piazze che segue ancora con affetto?
"Certo, come tutte quelle in cui sono stato. Addirittura il Torremaggiore... Poi io sono un orso, e non curo i rapporti, ma gli unici che sento con costanza tuttora sono proprio quei ragazzi là. C'è questo rapporto di amicizia che è rimasto. Foggia è stata una tappa professionale e umana fondamentale, mentre Salerno è stato il mio trampolino: passare dalla contestazione in C ai 40mila per la Serie A la dice lunga...".
La rivedremo a breve in panchina?
"Per il momento sono solo chiacchiere, e con la situazione del Coronavirus tutto rimane aleatorio, sembra quasi che non ci sia un domani".
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