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Dal rigore parato a Signori all'esordio al Dundee: la storia di Marco RoccatiTUTTO mercato WEB
Oggi alle 20:59Altre Notizie
di TMWRadio Redazione

Dal rigore parato a Signori all'esordio al Dundee: la storia di Marco Roccati

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Storie di Calcio - Marco Roccati si racconta a Marco Piccari
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Esordire in Serie A e parare un rigore non è da tutti. E se poi quello a cui lo hai parato è un certo Giuseppe Signori, specialista dei tiri dal dischetto, tutto allora è ancora più speciale. A vivere quella favola fu Marco Roccati, classe '75, che arrivò nella massima serie dopo essere cresciuto nei vivai di Nizza Millefonti e Torino, e aver vissuto le sue prime esperienze con Ravenna e Forlì. 

Il grande salto arrivò nella stagione 1997-1998, grazie all'Empoli con cui esordì da titolare contro la Lazio. E grazie a quel suo rigore parato contribuì al successo dei toscani. Una stagione che lo vide protagonista di in una salvezza incredibile, che gli valse poi la chiamata a Bologna, prima dell'esperienza al Perugia. Poi altre esperienze, tra cui quella alla Pistoiese, al Napoli, alla Fiorentina, ma soprattutto al Dundee, nel campionato scozzese. E ha chiuso la sua carriera alla Canavese in Serie C2.

A Storie di Calcio, su TMW Radio, Roccati ha ricordato i momenti salienti della sua vita sul campo: "Ho scelto di fare il portiere perché mi ha sempre appassionato quel ruolo. Negli anni Ottanta nacquero i primi veri completi per i portieri e quando andavo al parco ti distinguevano dagli altri. Poi in porta non ci voleva mai andare nessuno, ma se lo facevi giocavi sempre. Quindi ho subito deciso che sarebbe stato il mio ruolo. Lì o emergevi o soccombevi, non c'erano alternative. Magari piangevi se prendevi un gol, ma era qualcosa che ti formava".

E ha confessato: "Il mio idolo era Zenga, mi ricordo che ero bambino e incontrai Zoff a Torino, ed era a fine carriera. Ma il vero eroe era Zenga. Era un portiere che aveva classe, personalità, faceva sceneggiate ma era bellissimo in porta".

C'è però un'altra cosa da confessare, ossia la scelta che non avrebbe mai fatto: "Andare a Perugia. Perché non era calcio quello che succedeva lì, mi ha penalizzato nella mia carriera. Ho fatto una lotta che non mi è stata mai riconosciuta, andai in una società che non era calcio. E' stata un'esperienza negativa che mi ha portato quasi a smettere. Io nel calcio sono sempre stato onesto e corretto nel riconoscere la bravura degli altri. A Perugia era un'ingiustizia in tutto. E' stata una brutta pagina. E il tempo è stato galantuomo. Chi mi ha deluso? Tante persone, ma come succede anche nella vita normale. Ma preferisco ormai dimenticarlo".


Una grande esperienza all'estero, quella in Scozia al Dundee, che ricorda con piacere: "Negli anni Novanta, quando andai, il livello del campionato non era altissimo ma era un campionato avvincente, ma vivevano lo sport come si doveva vivere - ha ammesso Roccati -. Era uno spettacolo da vivere, si giocava tantissimo, forse feci almeno 45 partite. Giocai tantissimo nelle coppe ed era bellissimo perché vivevi il rapporto col tifoso in maniera straordinaria. Vincere poi i derby voleva dire essere un eroe la sera in città. Mi ricordo un derby che vincemmo con De Marchi, che poi mi portò in giro per la città la sera. Mi riavvicinò al calcio come sport quella esperienza".

Mentre su Bologna ha aggiunto: "E' una città pazzesca, una grande società. La famiglia Gazzoni faceva le cose perbene, era una società sana, che mi ha voluto bene. Arrivai con Mazzone, dovevano giocare l'Intertoto al posto di Antonioli che era infortunato. Andai poi al Perugia per giocare ma tornai e mi rigenerarono. Con l'arrivo di Pagliuca mi spiegarono bene la situazione, si scusarono ma mi aiutarono per collocarmi in una squadra che mi piacesse. Dopo Empoli però comunque ebbi proposte importanti, ma ero giovane e volevo giocarmi le mie carte. Moggi mi voleva portare a Torino, i volevano fare 5 anni di contratto ma io volevo andare a giocare e non stare a guardare le partite. Quindi scelsi di andarmi a giocare le mie chance".

Un pensiero poi su quel rigore che gli cambiò la carriera, quello parato a Signori all'esordio in Serie A: "Mi incontrai tempo fa con Signori, mentre andavo in Piemonte. E lui se lo ricordava ancora. E mi ha detto 'Io ti ho reso famoso' (ride, ndr). Ed effettivamente ha ragione, perché per lui fu il primo rigore sbagliato dopo oltre trenta di fila realizzati, a me permise di presentarmi in Serie A alla grande. Fu una grande stagione, ma giocai ancora meglio a Perugia l'anno dopo, ma lì c'erano altre cose. Feci molto bene anche in Scozia, così come ad Ancona, prima di farmi male. Fu bello anche il periodo alla Fiorentina. Sono davvero soddisfatto di quello che ho ottenuto".

Ma ha voluto ricordare anche i suoi allenatori più importanti: "Prandelli è stato un innovatore, Spalletti e Novellino hanno cambiato il calcio. Con Spalletti giocavo perché ero bravo con i piedi, ero il prototipo dei portieri moderni, grazie al lavoro di Di Iorio a Ravenna. Ho avuto anche Guidolin, che mi ha dato tanto, ma anche Mazzone, Zoff, Mondonico. Ho avuto la fortuna di avere tanti tecnici bravi. E ognuno mi ha lasciato qualcosa".