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9 febbraio 2005, a Cagliari viene ritirata la maglia numero undici di Gigi RivaTUTTO mercato WEB
© foto di Alberto Fornasari
Oggi alle 00:00Accadde Oggi...
di Andrea Losapio

9 febbraio 2005, a Cagliari viene ritirata la maglia numero undici di Gigi Riva

Il 9 febbraio del 2005, a Cagliari, si gioca Italia-Russia. È un'amichevole, quindi dimenticabile e probabilmente dimenticata, tranne per la cerimonia iniziale, perché è un omaggio al giocatore più iconico del Cagliari. Gigi Riva da Leggiuno, arrivato in Sardegna quasi per caso, vede il suo numero undici ritirato e non più indossato da nessuno dei rossoblù.

L'iniziativa è di Massimo Cellino, presidente proprio del Cagliari. Il Sant'Elia è pieno, ed è una festa di un popolo intero. Un campione che ha dato lo Scudetto alla città, con tre titoli di capocannoniere, un Europeo vinto nel 1968, un secondo posto ai Mondiali dietro solamente al Brasile di Pelè, ma soprattutto 289 presenze e 156 gol in Serie A. Rombo di Tuono è ancora il primatista per reti in Nazionale, ben 35 in 42 presenze, non ancora superato da nessuno con la casacca azzurra.


Questa la lettera di Gigi Riva qualche giorno prima. “Carissimi amici, vorrei ringraziare i sardi e tutti i tifosi sparsi nel mondo per il ritiro della maglia numero 11 che ho indossato per tanti anni con i colori del Cagliari. Mi ha emozionato in particolare modo la grande e calorosa partecipazione nel sostenere la campagna stampa, promossa da due giovani giornalisti, attraverso la quale ho avuto l’onore di ricevere questo grande tributo. Posso ritenermi una persona fortunata in quanto fin dal mio arrivo in Sardegna mi sono sentito accolto non solo come calciatore, ma soprattutto come uomo. Porto nel cuore ogni giorno l’affetto e la simpatia che mi avete sempre manifestato facendomi sentire uno di voi condividendo con orgoglio quarant’anni di soddisfazione, di vittorie e rivincite. Mi piacere mantenere con voi un contatto diretto per potere affrontare e discutere insieme dei problemi sportivi, ma soprattutto sociali, che riguardano la nostra terra”.