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Cittadella, Marchetti: "Il nostro 2024 è stato un anno duro, in stile dottor Jekyll e Mr. Hyde"
Intervistato da TuttoB, il direttore generale del Cittadella Stefano Marchetti, ha fatto il bilancio del 2024 del club granata: “Il nostro 2024 è stato un anno duro, scandito da picchi super positivi e altri super negativi. Un po’ in stile dottor Jekyll e mister Hyde. Abbiamo fatto vedere cose sensazionali e altre disastrose. Si tratta di capire chi siamo… Essendo però io uno che guarda sempre al positivo, calcisticamente parlando dico che il Cittadella l’anno scorso si è salvato e ha mantenuto la categoria, per cui qualora dovessimo raggiungere anche nel 2025 lo stesso traguardo avremmo fatto bingo. Di nuovo”.
Nel momento più buio della crisi, lei ha dichiarato di aver offerto le dimissioni al presidente Gabrielli. Era effettivamente deciso a farsi da parte o piuttosto ha cercato in qualche modo di scuotere l’ambiente (in generale) e i giocatori (in particolare)?
“Avevo notato un ambiente ‘imborghesito’ e il momento era molto difficile, quindi, sì, ero disposto anche a farmi da parte per far capire a tutti la gravità della situazione. Diciamo che in quel frangente ero amareggiato per la negatività che si respirava intorno alla squadra, e siccome io sono uno diretto ho detto quello che pensavo. Il Cittadella deve rimanere sempre se stesso, nel bene e nel male. Se per 20 anni il nostro modo di fare calcio è stato ammirato da tutti, non può essere certo un momento difficile – che può capitare a qualsiasi società – ad addensare negatività sul Cittadella”.
Crede che la piazza, dopo tante stagioni nelle quali il Cittadella è stato protagonista ai playoff di Serie B, adesso dia per scontata la salvezza?
“C’è una parte molto sana e bella del nostro pubblico che esalta i valori di questa società, ma ci sono anche tante cose che non mi piacciono. Diciamo che fare troppo bene a volte porta a cambiare il modo di pensare. E se non siamo più noi stessi, siamo destinati a fallire. Abbiamo scritto pagine di storia del calcio italiano, con valori ben precisi e universalmente apprezzati. Non possiamo snaturarci. Non siamo la Cremonese, la Sampdoria, il Palermo… Se qualcuno ragiona così significa che non ha capito cos’è il Cittadella e sicuramente trasmette negatività”.
Nel momento più buio della crisi, lei ha dichiarato di aver offerto le dimissioni al presidente Gabrielli. Era effettivamente deciso a farsi da parte o piuttosto ha cercato in qualche modo di scuotere l’ambiente (in generale) e i giocatori (in particolare)?
“Avevo notato un ambiente ‘imborghesito’ e il momento era molto difficile, quindi, sì, ero disposto anche a farmi da parte per far capire a tutti la gravità della situazione. Diciamo che in quel frangente ero amareggiato per la negatività che si respirava intorno alla squadra, e siccome io sono uno diretto ho detto quello che pensavo. Il Cittadella deve rimanere sempre se stesso, nel bene e nel male. Se per 20 anni il nostro modo di fare calcio è stato ammirato da tutti, non può essere certo un momento difficile – che può capitare a qualsiasi società – ad addensare negatività sul Cittadella”.
Crede che la piazza, dopo tante stagioni nelle quali il Cittadella è stato protagonista ai playoff di Serie B, adesso dia per scontata la salvezza?
“C’è una parte molto sana e bella del nostro pubblico che esalta i valori di questa società, ma ci sono anche tante cose che non mi piacciono. Diciamo che fare troppo bene a volte porta a cambiare il modo di pensare. E se non siamo più noi stessi, siamo destinati a fallire. Abbiamo scritto pagine di storia del calcio italiano, con valori ben precisi e universalmente apprezzati. Non possiamo snaturarci. Non siamo la Cremonese, la Sampdoria, il Palermo… Se qualcuno ragiona così significa che non ha capito cos’è il Cittadella e sicuramente trasmette negatività”.
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