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Atalanta, Percassi: "I nostri ragazzi sono tutti Golden Boy. In Italia tanto talento inespresso"

Atalanta, Percassi: "I nostri ragazzi sono tutti Golden Boy. In Italia tanto talento inespresso"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 16:00Serie A
di Simone Lorini

In una lunga intervista concessa a Tuttosport, il patron dell'Atalanta Antonio Percassi ha parlato del momento del calcio italiano in termini di sviluppo dei giovani talenti: "In termini numerici, il calcio resta lo sport più significativo del Paese, secondo me c’è tanto talento inespresso che va scoperto e fatto emergere. Bisogna trovare la chiave giusta e torneremo ad avere grandi talenti italiani".

C’è in questo momento un ragazzo - non importa farne il nome - delle vostre giovanili che immagina potrebbe alzare il Golden Boy nelle prossime edizioni?
"Guardi, per noi tutti i ragazzi di Zingonia sono Golden Boy, ovvero ragazzi d’oro, per quello che fanno e per come lo fanno. Se poi diventeranno Golden Boy anche sul campo, tutto di guadagnato".

Mi tolga un’ultima curiosità personale: perché un calciatore professionista nel pieno della sua carriera in Serie A, com’era lei nel 1978, a 25 anni, decide di smettere per iniziare a fare l’imprenditore? La scelta, vista ora, è stata ovviamente molto più che azzeccata: ma ammetterà che a un ragazzo può sembrare eccentrico che un venticinquenne che fa il calciatore, il mestiere dei sogni, abbandoni tutto per aprire un negozio.
"Allora, io ricordo che il sabato, nei ritiri prepartita che facevamo in trasferta, si era soliti andare al cinema al pomeriggio. Cosa che non mi andava mai. Così chiedevo al mister l’autorizzazione a farmi una passeggiata in centro, dove andavo in giro per capire quali negozi funzionassero meglio degli altri. Pensavo al mio futuro, al dopo. E avevo notato che quelli di Benetton erano sempre pieni. Mi piaceva fare il calciatore, ma pensavo che fosse anche l’ora di fare qualcosa e così... ho preferito lavorare. Sa, io da bambino portavo il pranzo ai miei fratelli più grandi in cantiere, sono cresciuto con una certa cultura del lavoro. E poi, siamo sinceri, vedevo dei giocatori della madonna intorno a me e mi dicevo: ma dove vuoi andare? Così un giorno decisi di chiamare Luciano Benetton. La sua segretaria fu gentile e mi fece richiamare subito e fissai un appuntamento. Gli chiesi se potevo aprire un suo negozio a Bergamo e lui ne fu subito entusiasta. Da quell’incontro fantastico e con i soldi che avevo guadagnato nel calcio aprii quel negozio e da lì è partito tutto".

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