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Juve: le (scomode) parole di Giuntoli. Conte-Marotta: botta-risposta e mezze verità. Milan: ecco l’equilibrio. Atalanta: nulla è per caso. E la Roma…
Cose belle dal mondo (del calcio).
Sì, l’Atalanta è da scudetto. Non lo dice il qui presente pelatissimo, lo dicono i fatti. Del resto Gasp è rimasto a Bergamo proprio per tentare l’impossibile. Che non è più così impossibile. Siamo di fronte all’ennesimo capolavoro gestionale dei Percassi, probabilmente il più bello a prescindere dal risultato, perché nato nelle difficoltà: Scamacca finisce ko? Arriva Retegui. Koopmeiners scappa? Arrivano Bellanova, Brescianini e Samardzic. Servono comprimari di peso? Alè con Rui Patricio e Cuadrado. Ecco, per la prima volta la Dea è in missione “da subito” e non pensa “vediamo come andrà”. Ci crede e fa benissimo. E oggi ha la rosa più profonda e completa tra tutte, anche nelle riserve: all’Olimpico escono Retegui, Lookman e De Ketelaere, entrano Samardzic, Brescianini e Zaniolo. Risultato: vittoria, l’ottava di fila. Che gli vuoi dire: fenomeni.
Conte e Marotta si punzecchiano. Son scaramucce tipiche tra pretendenti al titolo. L’anno scorso al posto di Conte c’era Allegri, ora tocca all’ex guida dei nerazzurri che dice cose come: “L’Inter ha due squadre e trequarti, parliamo del nulla cosmico". Qui però casca l’asinello: se Antonio è così convinto che l’Inter sia inarrivabile, perché l’ha abbandonata in fretta e furia (e con buonuscita) nel 2021? Era certo che la rosa non fosse più all’altezza, oggi invece è convinto che sia inarrivabile. Curioso.
La verità è che nessuno si accontenterebbe di un eventuale secondo posto: non lo farebbero certamente Marotta e Inzaghi, ma neppure Conte (“Il secondo posto è il primo dei perdenti, per me non significa nulla” disse il 22 luglio 2020) e non esulterebbero nemmeno Fonseca, Motta e Gasperini. Son tutti in corsa per vincere, qualcuno lo ammette, qualcun altro no. Anche questa è strategia.
Ecco, Motta. Son partite le crocifissioni in sala mensa nei confronti del tecnico bianconero, maestro di pareggi. La Juve sta entusiasmando? Certo che no, ma non potrebbe essere altrimenti. Gli infortuni sono quasi sempre alibi per tecnici non troppo capaci, ma in questo caso stiamo parlando di mezza squadra ai box e di una rosa costruita con troppa leggerezza. Non disporre di un’alternativa all’attaccante titolare è una roba mai vista in casa bianconera, spendere oltre 35 milioni per un giocatore certamente fortissimo ma pure fragilissimo (Nico) è peccato grave, e figuriamoci 50 per il desaparecido Douglas Luiz. Il problema non è Thiago Motta che s’arrangia con quello che ha, ma un mix di iella e scelte sbagliate che costringeranno la dirigenza bianconera a investire assai pure a gennaio. E le parole di Giuntoli (“l’obiettivo dichiarato è quello di stare nelle prime quattro”) sono troppo poco “juventine” per poter essere digerite.
Il Milan ha trovato un buon equilibrio. Fonseca ha dovuto sbattere il muso, ma alla fine è riuscito a mettere ordine a una squadra potenzialmente fortissima. E lo ha fatto in tempo, ché la stagione è ancora lunga. Non bastano le pur belle vittorie contro Empoli e Sassuolo per pensare che tutto sia sistemato, ma sono sufficienti per capire che l’impostazione tattica è certamente quella delle ultime uscite, guai a cambiarla ancora.
La Roma è tutta nel refuso apparso sulla maglia del suo attaccante. Dobvik al posto di Dovbyk. Pensate che sia un caso? Un errore della ditta che rifornisce le casacche? Può darsi, ma è anche il simbolo di una società che in questo momento sembra priva di una guida. Sul campo si affida a un gigante come Ranieri ed è già molto, ma senza una società forte e attenta alle spalle è dura mettere ordine.
Infine, due parole su Edo Bove. Le cose sono andate bene e questa è davvero l’unica cosa che conta. Ne aggiungiamo un’altra. Situazioni come quella capitata a Firenze, purtroppo, non sono così rare. E ce le ricordiamo tutte. Rispetto al passato alcune cose sono cambiate e domenica (ma non solo domenica) lo abbiamo visto benissimo:
- La reazione tempestiva.
- I giocatori che fanno da “scudo”.
- Gli strumenti: fondamentali e immediatamente a disposizione.
- La macchina dei soccorsi che funziona a dovere.
Ecco, quella che ora è “normalità”, un tempo non lo era affatto. Da questo punto di vista, per fortuna, il calcio ha imparato dai suoi errori. E a tre giorni dallo spavento possiamo sorridere pensando alla Fiorentina che oggi torna in campo anche per il suo Edo.
Sì, l’Atalanta è da scudetto. Non lo dice il qui presente pelatissimo, lo dicono i fatti. Del resto Gasp è rimasto a Bergamo proprio per tentare l’impossibile. Che non è più così impossibile. Siamo di fronte all’ennesimo capolavoro gestionale dei Percassi, probabilmente il più bello a prescindere dal risultato, perché nato nelle difficoltà: Scamacca finisce ko? Arriva Retegui. Koopmeiners scappa? Arrivano Bellanova, Brescianini e Samardzic. Servono comprimari di peso? Alè con Rui Patricio e Cuadrado. Ecco, per la prima volta la Dea è in missione “da subito” e non pensa “vediamo come andrà”. Ci crede e fa benissimo. E oggi ha la rosa più profonda e completa tra tutte, anche nelle riserve: all’Olimpico escono Retegui, Lookman e De Ketelaere, entrano Samardzic, Brescianini e Zaniolo. Risultato: vittoria, l’ottava di fila. Che gli vuoi dire: fenomeni.
Conte e Marotta si punzecchiano. Son scaramucce tipiche tra pretendenti al titolo. L’anno scorso al posto di Conte c’era Allegri, ora tocca all’ex guida dei nerazzurri che dice cose come: “L’Inter ha due squadre e trequarti, parliamo del nulla cosmico". Qui però casca l’asinello: se Antonio è così convinto che l’Inter sia inarrivabile, perché l’ha abbandonata in fretta e furia (e con buonuscita) nel 2021? Era certo che la rosa non fosse più all’altezza, oggi invece è convinto che sia inarrivabile. Curioso.
La verità è che nessuno si accontenterebbe di un eventuale secondo posto: non lo farebbero certamente Marotta e Inzaghi, ma neppure Conte (“Il secondo posto è il primo dei perdenti, per me non significa nulla” disse il 22 luglio 2020) e non esulterebbero nemmeno Fonseca, Motta e Gasperini. Son tutti in corsa per vincere, qualcuno lo ammette, qualcun altro no. Anche questa è strategia.
Ecco, Motta. Son partite le crocifissioni in sala mensa nei confronti del tecnico bianconero, maestro di pareggi. La Juve sta entusiasmando? Certo che no, ma non potrebbe essere altrimenti. Gli infortuni sono quasi sempre alibi per tecnici non troppo capaci, ma in questo caso stiamo parlando di mezza squadra ai box e di una rosa costruita con troppa leggerezza. Non disporre di un’alternativa all’attaccante titolare è una roba mai vista in casa bianconera, spendere oltre 35 milioni per un giocatore certamente fortissimo ma pure fragilissimo (Nico) è peccato grave, e figuriamoci 50 per il desaparecido Douglas Luiz. Il problema non è Thiago Motta che s’arrangia con quello che ha, ma un mix di iella e scelte sbagliate che costringeranno la dirigenza bianconera a investire assai pure a gennaio. E le parole di Giuntoli (“l’obiettivo dichiarato è quello di stare nelle prime quattro”) sono troppo poco “juventine” per poter essere digerite.
Il Milan ha trovato un buon equilibrio. Fonseca ha dovuto sbattere il muso, ma alla fine è riuscito a mettere ordine a una squadra potenzialmente fortissima. E lo ha fatto in tempo, ché la stagione è ancora lunga. Non bastano le pur belle vittorie contro Empoli e Sassuolo per pensare che tutto sia sistemato, ma sono sufficienti per capire che l’impostazione tattica è certamente quella delle ultime uscite, guai a cambiarla ancora.
La Roma è tutta nel refuso apparso sulla maglia del suo attaccante. Dobvik al posto di Dovbyk. Pensate che sia un caso? Un errore della ditta che rifornisce le casacche? Può darsi, ma è anche il simbolo di una società che in questo momento sembra priva di una guida. Sul campo si affida a un gigante come Ranieri ed è già molto, ma senza una società forte e attenta alle spalle è dura mettere ordine.
Infine, due parole su Edo Bove. Le cose sono andate bene e questa è davvero l’unica cosa che conta. Ne aggiungiamo un’altra. Situazioni come quella capitata a Firenze, purtroppo, non sono così rare. E ce le ricordiamo tutte. Rispetto al passato alcune cose sono cambiate e domenica (ma non solo domenica) lo abbiamo visto benissimo:
- La reazione tempestiva.
- I giocatori che fanno da “scudo”.
- Gli strumenti: fondamentali e immediatamente a disposizione.
- La macchina dei soccorsi che funziona a dovere.
Ecco, quella che ora è “normalità”, un tempo non lo era affatto. Da questo punto di vista, per fortuna, il calcio ha imparato dai suoi errori. E a tre giorni dallo spavento possiamo sorridere pensando alla Fiorentina che oggi torna in campo anche per il suo Edo.
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