
Zaccheroni: "Motta? Mi aspettavo molto di più, il lavoro fatto a Bologna non è un caso"
A Margine del Premio Maestrelli, Alberto Zaccheroni, ex tecnico di Milan, Udinese e Juventus fra le altre, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai cronisti presenti. Queste le sue parole raccolte da TMW:
Che significato ha per lei il Premio Maestrelli?
"Me lo ricordo come allenatore e me lo ricordo come uomo, anche se non ci siamo mai conosciuti di persona. Mi piaceva il suo stile, il suo modo di gestire la squadra, e l'ho sempre ammirato tantissimo. Quando ho iniziato ad allenare, il primo obiettivo—anche se si sogna in grande fin da subito—era il Premio Maestrelli. Era un sogno perché stimavo l'uomo e stimavo l'allenatore. Riceverlo è stato molto gratificante e lo è ancora oggi. Nel calcio ci sono stati anche altri riconoscimenti, ma il Maestrelli, per me, è il più importante".
Sull'albo d’oro del premio ci sono nomi prestigiosi. Maestrelli è legato soprattutto alla Lazio. Quando lei ha allenato la Lazio, ha sentito questo legame?
"Lui lì ha fatto decisamente meglio di me. Non è stata la mia annata migliore. È vero che sono subentrato a stagione in corso, come mi è capitato spesso nella mia carriera. Ho avuto un grande feeling con il presidente Cragnotti, che mi ha sempre lasciato lavorare al meglio. Mi dispiace solo non essere riuscito a centrare la qualificazione in Champions League: abbiamo pareggiato a Bologna nella penultima giornata, poco prima del famoso 5 maggio. Quella partita è stata decisiva e purtroppo non siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo. Dopo quell’esperienza è arrivato Mancini e io sono tornato in Romagna".
Parlando del campionato attuale, vede l’Inter favorita per lo Scudetto?
"Sì, la vedo più pronta e più matura delle altre. La sua principale concorrente è l’Atalanta, insieme al Napoli. Le altre squadre, al momento, non mi sembrano pronte per impensierire l’Inter. L’Inter ha una rosa più ampia e di maggiore livello. Io parlo sempre di livello, sia dei giocatori che della connessione in campo. La Juventus, per esempio, non mi sembra connessa. E questo mi stupisce, perché Thiago Motta l’anno scorso ha fatto un grandissimo lavoro, ha ottenuto risultati importanti, ha valorizzato i giocatori della rosa e ha dato un’identità alla squadra. Quest’anno, invece, mi aspettavo molto di più. Credo che la Juventus non abbia ancora trovato la quadra. Non so il motivo preciso, ma c’è un continuo ricambio di uomini. Solo l’allenatore può sapere il perché. Mi dispiace per Motta, perché il lavoro che ha fatto lo scorso anno a Bologna non può essere un caso. Ha mostrato idee, ha cambiato tante cose nel Bologna, che non aveva mai fatto così bene, sia in termini di gioco che di risultati. Si vedeva la mano dell’allenatore. Ora, invece, sembra un’altra squadra. Chissà, forse il cambio di ambiente ha influito".
Tornando all’Inter, oltre a essere favorita per il campionato, ha anche le carte in regola per arrivare in fondo alla Champions League?
"Sì, è una squadra matura, connessa, solida. I reparti sono tutti collegati, sanno dove devono arrivare e come arrivarci. Indipendentemente da chi gioca, la prestazione è sempre di alto livello. Io sull’Inter punterei forte".
Dietro l’Inter, la lotta per un posto in Europa è molto aperta. È un campionato divertente sotto questo aspetto?
"Sì, assolutamente. Non ci sono certezze. Ci sono squadre ben organizzate, che stanno facendo bene, ma la lotta è totalmente aperta".
E il Milan? Ha un organico importante, eppure la stagione è tormentata. Come se lo spiega?
"Non lo so con certezza, perché non sono dentro la squadra. Però i giocatori non stanno rispondendo alle attese, nemmeno i più importanti come Leao e Theo Hernandez. Vanno a sprazzi. Da fuori è difficile capire il perché. Leao ha un talento incredibile, ma non lo mette in campo per 90 minuti. Lo vedo giocare e mi chiedo: perché non sfrutta appieno le sue qualità? Gli hanno anche dato la fascia di capitano per motivarlo, ma continua ad avere alti e bassi. Secondo me, non ha la personalità giusta per reggere quella responsabilità. È un talento, ma fragile. Da quello che percepisco, è un giocatore con cui bisogna usare un approccio morbido. Non va richiamato o rimproverato troppo, perché quando sbaglia non lo fa apposta. Bisogna sempre gratificarlo. Questa è la mia impressione dall’esterno".
Quindi il Milan può ancora rientrare nella corsa per la Champions?
"La qualità c’è, è indubbio. I giocatori sono di alto livello, ma in campo non lo dimostrano con continuità. Non sai mai se sarà la loro giornata buona o no. A Milano c’è pressione, e chi gioca lì deve sapere convivere con questa pressione".
Un suo parere su Raffaele Palladino? A Firenze è stato criticato, poi domenica ha battuto la Juventus. Che idea si è fatto?
"Lo ricordo bene anche lo scorso anno a Monza, ha fatto molto bene. Ha idee chiare e costruisce il gioco in base alle caratteristiche dei suoi giocatori migliori. Questo è quello che deve fare qualsiasi allenatore: mettere al centro i giocatori. Quando leggevo che si parlava di un possibile esonero, non condividevo questa idea. È un tecnico in crescita e io gli darei fiducia".
Che significato ha per lei il Premio Maestrelli?
"Me lo ricordo come allenatore e me lo ricordo come uomo, anche se non ci siamo mai conosciuti di persona. Mi piaceva il suo stile, il suo modo di gestire la squadra, e l'ho sempre ammirato tantissimo. Quando ho iniziato ad allenare, il primo obiettivo—anche se si sogna in grande fin da subito—era il Premio Maestrelli. Era un sogno perché stimavo l'uomo e stimavo l'allenatore. Riceverlo è stato molto gratificante e lo è ancora oggi. Nel calcio ci sono stati anche altri riconoscimenti, ma il Maestrelli, per me, è il più importante".
Sull'albo d’oro del premio ci sono nomi prestigiosi. Maestrelli è legato soprattutto alla Lazio. Quando lei ha allenato la Lazio, ha sentito questo legame?
"Lui lì ha fatto decisamente meglio di me. Non è stata la mia annata migliore. È vero che sono subentrato a stagione in corso, come mi è capitato spesso nella mia carriera. Ho avuto un grande feeling con il presidente Cragnotti, che mi ha sempre lasciato lavorare al meglio. Mi dispiace solo non essere riuscito a centrare la qualificazione in Champions League: abbiamo pareggiato a Bologna nella penultima giornata, poco prima del famoso 5 maggio. Quella partita è stata decisiva e purtroppo non siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo. Dopo quell’esperienza è arrivato Mancini e io sono tornato in Romagna".
Parlando del campionato attuale, vede l’Inter favorita per lo Scudetto?
"Sì, la vedo più pronta e più matura delle altre. La sua principale concorrente è l’Atalanta, insieme al Napoli. Le altre squadre, al momento, non mi sembrano pronte per impensierire l’Inter. L’Inter ha una rosa più ampia e di maggiore livello. Io parlo sempre di livello, sia dei giocatori che della connessione in campo. La Juventus, per esempio, non mi sembra connessa. E questo mi stupisce, perché Thiago Motta l’anno scorso ha fatto un grandissimo lavoro, ha ottenuto risultati importanti, ha valorizzato i giocatori della rosa e ha dato un’identità alla squadra. Quest’anno, invece, mi aspettavo molto di più. Credo che la Juventus non abbia ancora trovato la quadra. Non so il motivo preciso, ma c’è un continuo ricambio di uomini. Solo l’allenatore può sapere il perché. Mi dispiace per Motta, perché il lavoro che ha fatto lo scorso anno a Bologna non può essere un caso. Ha mostrato idee, ha cambiato tante cose nel Bologna, che non aveva mai fatto così bene, sia in termini di gioco che di risultati. Si vedeva la mano dell’allenatore. Ora, invece, sembra un’altra squadra. Chissà, forse il cambio di ambiente ha influito".
Tornando all’Inter, oltre a essere favorita per il campionato, ha anche le carte in regola per arrivare in fondo alla Champions League?
"Sì, è una squadra matura, connessa, solida. I reparti sono tutti collegati, sanno dove devono arrivare e come arrivarci. Indipendentemente da chi gioca, la prestazione è sempre di alto livello. Io sull’Inter punterei forte".
Dietro l’Inter, la lotta per un posto in Europa è molto aperta. È un campionato divertente sotto questo aspetto?
"Sì, assolutamente. Non ci sono certezze. Ci sono squadre ben organizzate, che stanno facendo bene, ma la lotta è totalmente aperta".
E il Milan? Ha un organico importante, eppure la stagione è tormentata. Come se lo spiega?
"Non lo so con certezza, perché non sono dentro la squadra. Però i giocatori non stanno rispondendo alle attese, nemmeno i più importanti come Leao e Theo Hernandez. Vanno a sprazzi. Da fuori è difficile capire il perché. Leao ha un talento incredibile, ma non lo mette in campo per 90 minuti. Lo vedo giocare e mi chiedo: perché non sfrutta appieno le sue qualità? Gli hanno anche dato la fascia di capitano per motivarlo, ma continua ad avere alti e bassi. Secondo me, non ha la personalità giusta per reggere quella responsabilità. È un talento, ma fragile. Da quello che percepisco, è un giocatore con cui bisogna usare un approccio morbido. Non va richiamato o rimproverato troppo, perché quando sbaglia non lo fa apposta. Bisogna sempre gratificarlo. Questa è la mia impressione dall’esterno".
Quindi il Milan può ancora rientrare nella corsa per la Champions?
"La qualità c’è, è indubbio. I giocatori sono di alto livello, ma in campo non lo dimostrano con continuità. Non sai mai se sarà la loro giornata buona o no. A Milano c’è pressione, e chi gioca lì deve sapere convivere con questa pressione".
Un suo parere su Raffaele Palladino? A Firenze è stato criticato, poi domenica ha battuto la Juventus. Che idea si è fatto?
"Lo ricordo bene anche lo scorso anno a Monza, ha fatto molto bene. Ha idee chiare e costruisce il gioco in base alle caratteristiche dei suoi giocatori migliori. Questo è quello che deve fare qualsiasi allenatore: mettere al centro i giocatori. Quando leggevo che si parlava di un possibile esonero, non condividevo questa idea. È un tecnico in crescita e io gli darei fiducia".
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