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Juventus-Milan vs Inter-Atalanta, non c'è paragone. Ma la finale non è scontata
Quante differenze, tra la prima e la seconda semifinale di Supercoppa italiana. Stesso stadio, diverso pubblico: semideserto e silenzioso per Inter-Atalanta. Tutto esaurito e parecchio rumoroso, anche se non sempre i tifosi locali hanno le idee chiare su quale squadra tifare, in occasione di Juventus-Milan. C'è poco da fare: bianconeri e rossoneri, nonostante un avvio di stagione deludente, restano gli italiani più tifati e conosciuti in giro per il mondo.
Non è certo l'unica differenza: Juventus-Milan è stata più emozionante, ma giocata peggio. Non c'è paragone, per la cronaca, con il precedente in campionato: tanti errori ieri sera a Riyadh, sì, ma nulla a che vedere con una delle partite più brutte e noiose viste negli ultimi anni su un campo di calcio, italiano e non.
Inter-Atalanta, anche al netto delle scelte un po' da spiegare di Gasperini, è stata partita di altro e alto livello. La classifica non è mente: nella prima finale ha vinto la migliore, nella seconda quella che ha fatto meno errori. O è riuscita a rimediarvi in maniera efficace. La Supercoppa, un tempo primo trofeo stagionale, collocata a metà campionato ha abbandonato i tratti di antipasto di quel che sarà per trasformarsi nella fotografia di quel che è. Da questo punto di vista, Juve e Milan hanno tantissima strada per avvicinarsi a chi, dalla Milano nerazzurra a Bergamo, si contenderà lo scudetto fino alla fine.
Ma la finale del 6 gennaio non è scontata. Dolci e carbone nella calza, chi li prenderà? Il livello espresso, in Serie A ma anche a Riyadh, farebbe immaginare Simone Inzaghi grande favorito su Sergio Conceiçao. È inevitabile, ma c'è anzitutto il precedente stagionale fra le due squadre: il derby di Roma è più prevedibile nell'assegnare la vittoria alla sfavorita, ma anche quello di Milano sa sorprendere. E poi c'è il fatto che il portoghese sia da pochi giorni allenatore del Diavolo e in così poco tempo ha pure dovuto confrontarsi con la febbre, oltre che con i dubbi che animano lo spogliatoio rossonero. È presto per gridare al miracolo, ma è anche presto per dire che il Milan - non troppo entusiasmante nemmeno a Riyadh - non possa diventare convincente. Il tecnico lusitano ne ha le qualità, deve solo emergere dai problemi (non sempre dell'allenatore) che hanno fatto affondare il connazionale suo predecessore.
Non è certo l'unica differenza: Juventus-Milan è stata più emozionante, ma giocata peggio. Non c'è paragone, per la cronaca, con il precedente in campionato: tanti errori ieri sera a Riyadh, sì, ma nulla a che vedere con una delle partite più brutte e noiose viste negli ultimi anni su un campo di calcio, italiano e non.
Inter-Atalanta, anche al netto delle scelte un po' da spiegare di Gasperini, è stata partita di altro e alto livello. La classifica non è mente: nella prima finale ha vinto la migliore, nella seconda quella che ha fatto meno errori. O è riuscita a rimediarvi in maniera efficace. La Supercoppa, un tempo primo trofeo stagionale, collocata a metà campionato ha abbandonato i tratti di antipasto di quel che sarà per trasformarsi nella fotografia di quel che è. Da questo punto di vista, Juve e Milan hanno tantissima strada per avvicinarsi a chi, dalla Milano nerazzurra a Bergamo, si contenderà lo scudetto fino alla fine.
Ma la finale del 6 gennaio non è scontata. Dolci e carbone nella calza, chi li prenderà? Il livello espresso, in Serie A ma anche a Riyadh, farebbe immaginare Simone Inzaghi grande favorito su Sergio Conceiçao. È inevitabile, ma c'è anzitutto il precedente stagionale fra le due squadre: il derby di Roma è più prevedibile nell'assegnare la vittoria alla sfavorita, ma anche quello di Milano sa sorprendere. E poi c'è il fatto che il portoghese sia da pochi giorni allenatore del Diavolo e in così poco tempo ha pure dovuto confrontarsi con la febbre, oltre che con i dubbi che animano lo spogliatoio rossonero. È presto per gridare al miracolo, ma è anche presto per dire che il Milan - non troppo entusiasmante nemmeno a Riyadh - non possa diventare convincente. Il tecnico lusitano ne ha le qualità, deve solo emergere dai problemi (non sempre dell'allenatore) che hanno fatto affondare il connazionale suo predecessore.
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