Lazio, Rozzi: "Ero come Camarda e sognavo la numero 9. Poi chiamò il Real e..."
Era una promessa. Ma una di quelle serie, destinata a fare grandi cose nel professionismo e con la maglia della Lazio indosso. La Gazzetta dello Sport, a cui concede l'intervista, lo racconta come una Camarda prima ancora di Camarda, facendo riferimento al talento cristallino del Milan che a 16 anni ha già esordito con il Diavolo. Antonio Rozzi però sembrava uno che non solo poteva, ma doveva arrivare a grandi livelli.
Era il fenomeno della Lazio Primavera, un attaccante capace di segnare 32 gol in 40 partite, di fare il suo esordio in Europa League a 17 anni, ma anche di giocare 8 partite in biancoceleste, prima della girandola di prestiti in cui si è perso, nonostante la fiducia di club come il Real Madrid che lo aveva selezionato per farlo crescere nel Castilla.
Da quel momento non si è ritrovato, il mondo del calcio non lo aveva premiato e allora Rozzi ha deciso di fermarsi, di intraprendere un cammino differente che lo ha portato per due anni a Medjugorje, dove ha trovato la fede, prima di tornare in campo e diventare un nuovo giocatore del Ferentino e oggi della Luiss, dove gioca in Eccellenza allenato da Roberto Rambaudi.
MOSTAR, MEDJUGORJE E LA FEDE - "Dieci anni fa ho iniziato un percorso di fede che non ho mai mollato. Nel 2021 ho scelto di fermarmi dopo varie batoste e sono andato a Mostar, in Bosnia. In questo periodo ho fatto volontariato, ho aiutato ragazzi tossicodipendenti e avuto a che fare con i reduci di guerra. Ho visto un mondo diverso, più vero. Avevo bisogno di ritrovarmi. Ma dopo una messa ho scelto di tornare. Mostar è una città di silenzi e cicatrici. Il ponte è stato ricostruito, ma per strada si trovano ancora i resti dei combattimenti. Mi ritrovai in mezzo ai giocatori di una delle due squadre della città, dove avevo fatto un provino. Fisicamente, però, non c’ero. ’Prima di giocare andiamo in chiesa’, mi dissero. Lì capii che dovevo tornare".
LA LUISS - Oggi non gioca nel calcio professionistico, ma all'età di 30 anni non è un'ipotesi che Antonio Rozzi vuole scartare, tutt'altro: "Il mio obiettivo è rimettermi in piedi e tornare a giocare almeno in Serie C. Fin qui ho segnato un gol in 12 partite con la Luiss, una squadra con un progetto serio e voglia di far bene. Uno dei miei compagni è Modibo Diakitè, conosciuto alla Lazio".
LA LAZIO, L'ESORDIO E LA 9 - La Lazio, quella stessa squadra con cui sognava di poter fare grandi cose, diventandone un protagonista, il talento emergente che si conquistava l'amore dei tifosi: "Ho ricominciato da poco a vederla. Per un po’ mi ha fatto male. Non ho mai avuto nulla contro nessuno, ma i pensieri corrono. Debuttai a 17 anni e 8 mesi, si può dire che a quei tempi ero come Camarda oggi. Scaloni suggerì a Reja di far entrare ‘il bambino', così sostituii Rocchi contro il Milan di Nesta, Thiago Silva e Ibrahimovic. Battemmo i rossoneri dopo non so quanti anni. In panchina c’era anche Diakitè, che ogni tanto mi ricorda che Reja stava per far entrare lui. I tifosi fischiarono Candreva e applaudirono me. Il giorno prima ero a scuola, ma nel giro di tre ore mi ritrovai catapultato in Serie A. La curva mi regalò lo stesso coro che faceva a Di Canio: ‘Butta giù la porta’. Quando tornai a casa piansi: avevo realizzato il sogno di una vita" - poi altre sette partite, prima della grande chiamata - "Giocai altre sette partite in una stagione e mezza e firmai anche un contratto di tre anni: nel 2013 vinsi il campionato Primavera e scelsi la numero 9. Sarei dovuto essere la quarta punta dietro Klose, Kozak e Floccari, ma bussò il Real".
IL REAL MADRID - Dire di no non era ammesso, per Rozzi i Blancos avevano un progetto chiaro, un percorso simile a quello che ha portato Alvaro Morata a essere l'attaccante che è oggi: "Avevo 19 anni, la Lazio era la mia vita, ma immaginate un ragazzo di Torraccia, con una famiglia semplice, vedere l’offerta della squadra più forte del mondo. E con un progetto serio. Prestito con diritto di riscatto tra i 15 e i 19 milioni. Sarei stato la punta della squadra B, dove l’anno prima era esploso Morata" - ma le cose andarono diversamente - "Decisi in un giorno. All’inizio ero titolare, ma a causa del cambio in panchina e di un infortunio uscii dai radar. A gennaio ebbi offerte dall’Italia, ma rimasi. Il nuovo allenatore mi convocò solo all’ultima giornata: avevo lavorato come un matto. Cosa ricordo? Con Ronaldo parlavamo di vita e pallone. Ci incontravamo in sauna o nel bagno turco. E c’erano tutti: Marcelo, Ronaldo, Bale, Xabi Alonso e Sergio Ramos, che una volta mi parlò della sua famiglia per un’ora".
IL DECLINO - Da quel momento troppi prestiti senza successo, qualcosa forse si era rotte e tra poche gioie e molte delusioni, l'idea di un Antonio Rozzi futuro talento della Lazio si è affievolita nel tempo: "Avevo bisogno di continuità e non l'ho mai avuta. E poi sono stato sfortunato: Entella, Bari, Lanciano, Siena, Lupa Roma, dovunque andassi c'era qualche problema. La gioia più grande? Il gol all’Irlanda del Nord in Under 21, novembre 2013. Avevo 19 anni, ero il più giovane. Accanto a me c’era Belotti. Il ‘Gallo’ lavorava, lavorava, lavorava… un faticatore incredibile. Si è meritato tutto ciò che ha avuto. Nel 2018 tornai addirittura a giocare in Primavera con la Lazio. Non trovavo squadra. Dopo quell’annata con il Real ho passato la carriera a rincorrere, ma la fede mi ha aiutato. Per un periodo non ho guardato nulla. Mi vedevo come il numero 9 della Lazio, non lo nascondo. Era il mio sogno" - le aspettative, forse causa di un peso eccessivo - "Di sicuro è stata anche colpa mia, ma è anche vero che sono stato sfortunato. Oggi, comunque, non ho rimpianti".
L'ANEDDOTO COME ROMAGNOLI - E tra un Camarda che esce oggi, al quale consiglia di ascoltare il cuore e non farsi condizionare, e una promessa che il suo tempo non è ancora finito, Antonio Rozzi racconta anche un simpatico aneddoto con Alessio Romagnoli: "La maglia più bella che conservo? Quella di Romagnoli. La scambiai alla fine di un derby in prima squadra dove eravamo rimasti in panchina. Tutti sapevano fosse della Lazio, ma a quei tempi non poteva dirlo. Sono felice sia tornato".