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Lazio, Pupi Avati: "Benedetto Croce e l'ente morale. La storia del critico del dolore..."
Oggi alle 14:30News
di Niccolò Di Leo
per Lalaziosiamonoi.it

Lazio, Pupi Avati: "Benedetto Croce e l'ente morale. La storia del critico del dolore..."

Nel corso della rubrica 'Ente Morale', in onda su Lazio Style Channel, è intervenuto il celebre regista italiano Pupi Avati che ha parlato della sua docufiction su Benedetto Croce - 'Un Natale a casa Croce' -, noto critico letterario che favorì l'assegnazione di Ente Morale alla Lazio, prima di concentrarsi su altre tappe della sua carriera:

UN NATALE A CASA CROCE - "Sapevo ben poco quando mi fu offerta l'opportunità di raccontarne la vita, è stato un pretesto per addentrarmi in quello che è, attraverso le consulenze di chi ha dedicato la propria vita a Croce. Davanti a quest'uomo onnisciente, è stato necessario di entrare nella sua residenza di Napoli, dove si trovano migliaia di volumi, abbiamo scoperto un uomo di grande umanità ma extraterrestre. Lui ha vissuto una vita nel dolore, dopo aver madre e sorella nel terremoto di Casamicciola, avrà una storia d'amore con Angelina che poi morirà, si risposerà e perderà il figlio, ma ci insegne che si può vivere con il dolore dedicandosi allo studio. Avere a che fare con un bibliofilo vero mi ha permesso di capire come restituirlo attraverso una docufiction,è stato necessario un giorno emblematico. Lui a Natale si riuniva con la sua grande famiglia e quindi ho deciso di raccontare il Natale del 1951, il suo ultimo Natale, prima di morire nel novembre del '52. Abbiamo ricostruito anche il menù di quei pranzi di Natale, abbiamo mandato ai nostri attori gli stessi piatti tipici della tradizione napoletana. Credo di aver trovato una chiave affettiva, come sempre fatto nel mio cinema. Lui ha spesso preso posizioni scomode, come il sodalizio con Gentile, con il quale aveva un'interlocuzione quasi alla pari, poi il fascismo seduce Gentile e non Croce che, all'inizio, vota alla Camera e al Senato Mussolini, ma non andrà oltre dopo Matteotti, mentre Gentile andrà oltre e lì nascerà una spaccatura che entrambi patiscono, perché divisi da ideologie non conciliabili".

IL PAPA' DI GIOVANNA - "Si racconta come il disagio sociale di una figlia, l'affetto per una figlia, possa far sì addirittura che il padre per comunicare con la figlia disabile mentalmente lo diventi un po' anche lui, avvicinandosi al baratro della follia, un atteggiamento amorevole che viene a mancare nella nostra società, poco empatica. A Venezia presentiamo questo film, durante la conferenza stampa una giornalista si alza e mi chiede se il film avesse un lieto fine, in realtà finisce con un'ipotesi di un possibile ricongiungimento familiare, lasciando una porta aperto. Questo rende idea di come siamo vittima di un provincialismo, di una visione riduttiva. Le tematiche sociali si dovrebbero basare sulla positività". 

IMPIEGATI - "Si diventa competitivi in ogni contesto, godendo più di una sconfitta altrui che delle vittorie proprie". 

PREMIO ALLA CULTURA GIOVANNI SPADOLINI - "Trovo fondamentale che il singolo rappresenta sempre la totalità, io non sarei in grado di raccontare la totalità, la società se non attraverso un simbolo. Noi assomigliamo più al tempo in cui viviamo, più di quanto ci illudiamo. Vedendo i miei vecchi figli vedo un me che non esiste più. Io sono stato molto alternativo e l'ho pagato, perché in questo mondo devi essere allineato. Io avevo la convinzione di essere rimasto esente dalla contaminazione del tempo, invece non è così, credevo di non aver fatto ' '68, invece i miei film di quegli anni sono tipicamente sessantottini. L'aria del tempo si respira".