![Da Berlusconi ad Agnelli, dalla Russia al Real Madrid. Fabio Capello si racconta](https://tmw-storage.tcccdn.com/storage/tuttomercatoweb.com/img_notizie/thumb3/31/31d720728c2f23ec246de7e16ed8c148-73624-oooz0000.jpeg)
Da Berlusconi ad Agnelli, dalla Russia al Real Madrid. Fabio Capello si racconta
Lunga intervista a Radio TV Serie A per Fabio Capello, che fra le tante cose racconta il rapporto avuto negli anni con Silvio Berlusconi: "Io gli devo tutto. Perché lui ha creduto in me dal primo momento, mi ha fatto diventare vice di Liedholm, poi ho preso la squadra in mano per le ultime cinque partite e ho fatto lo spareggio con la Sampdoria, che abbiamo vinto a Torino 1-0. Poi sono stato responsabile del settore giovanile, dopo mi sono occupato della Mediolanum sport, quindi rugby, pallavolo, hockey su ghiaccio e baseball. Ma nel frattempo mi ha fatto studiare, mi ha fatto fare tanti corsi perché credeva in me. E quando ha avuto alcuni problemi per scegliere i giocatori con Arrigo - che è stato bravissimo e fondamentale per tante cose nel calcio italiano, - mi ha richiamato, mi ha chiesto se me la sentivo di tornare e sono tornato. Ho detto sì, mi mancava l'odore dell'erba, perché abituato da sempre a giocare, a fare allenatore, l'odore della scrivania mi aveva già stufato (ride, n.d.r). Allenavo il Real Madrid, mi chiamò e mi disse "Fabio devi tornare", e per quello che gli dovevo, andai dal presidente del Real Madrid e gli dissi: "Guardi presidente, io a quest'uomo devo tutto. Le chiedo per piacere il permesso di lasciare il Real Madrid". E sono tornato al Milan, dove sono stato cacciato nella stessa annata (ride, n.d.r)
Ronaldo. "Silvio Berlusconi faceva anche cose imprevedibili. L'anno in cui ero al Real Madrid gli sconsigliai l'acquisto di Ronaldo il Fenomeno. Mi chiamò al telefono e gli dissi "Guardi Presidente, Ronaldo è il più grande calciatore che io abbia allenato, è il più bravo di tutti, però ormai non ha più voglia di allenarsi, di lavorare, è grasso non vuol dimagrire. Lasci stare perchè poi siamo già d'accordo con una squadra saudita". E lui mi ringraziò, ma il giorno dopo lo prese (ride, n.d.r). Ma Ronaldo si, è stato il calciatore più forte che ho allenato perché aveva la forza, la genialità e la potenza che negli altri non si vedeva. Posso dire che Van Basten era un fuoriclasse, però non aveva la stessa potenza o lo stesso cambio di ritmo. Era talmente potente, fortunato tante volte per la potenza e la velocità con cui andava, ma nello stesso tempo aveva il controllo della palla. Questa è la forza dei giocatori che hanno qualcosa di più".
Real Madrid. "Le due esperienze con il Real Madrid sono le più belle perché c'è la vittoria, tutte le altre interessanti. Direi che proprio quella quando c'era Ronaldo forse è stata la più bella e la più difficile. La prima, diventammo campioni di Spagna prima che finisse il campionato, invece la seconda, quando decisi che Ronaldo era un leader negativo nella squadra, lo vendemmo e la squadra cambiò completamente. Avevamo 9 punti di distacco dal Barcellona ed io feci un discorso alla squadra dicendo che avremmo dovuto giocare ogni partita come una finale e questo avvenne. Recuperammo i 9 punti arrivando a pari, però negli scontri diretti noi avevamo pareggiato e vinse il Barcellona. Quella mia esperienza fu interessante perché siccome eravamo in difficoltà, andai dal presidente se gli dissi "Se sono io il problema mi dimetto, ci mettiamo d'accordo". Perché la domenica dopo si giocava a Barcellona e se avessi perso, mi avrebbero mandato via. Invece pareggiammo, anzi, il Barcellona pareggiò all'ultimo minuto con una dormitina della difesa e quindi continuammo".
Scudetto Roma. "È stata l'esperienza più difficile, perché tra l'altro tutte le squadre erano molto competitive. Fu difficile per l'ambiente, per l'esaltazione che c'è nella Roma che quando vinci va tutto bene e quando invece va male diventa un dramma. Il problema poi sono le radio locali che tutto il giorno su tutti i taxi e in tutte le case parlano di calcio, tanto che io nella mia prima conferenza stampa a Roma dissi: "Io con le radio dentro il raccordo anulare non faccio interviste e non parlo" e me li trovai tutti a favore (ride, n.d.r). Riuscimmo il primo anno a fare un campionato buono, poi nel secondo arrivò Batistuta perché capimmo che ci serviva un attaccante di peso capace e vincemmo il campionato meritatamente. Però il pericolo maggiore di quel campionato fu l'ultima partita perché a 10 minuti dalla fine ci fu l'invasione di campo mentre stavamo vincendo 3 a 1 contro il Parma. Nessuno capì il pericolo di quell'invasione di campo per festeggiare perché se un tifoso avesse dato uno spintone o un pugno a un giocatore del Parma avremmo perso la partita e infatti io credo che nella mia vita non mi sia mai arrabbiato così tanto per i tifosi che non capivano il pericolo ma anche qualcuno che era con me in panchina non aveva capito niente. Ero l'unico in mezzo al campo che urlava come un pazzo, con degli improperi che non si possono dire. Alla fine è andata bene ma che fatica (ride, n.d.r)".
La Juventus e il rapporto con Agnelli
"Io fui scelto dal Dottor Umberto. L'avvocato non c'era più. Nel giorno in cui annunciarono Fabio Capello, allenatore della Juventus, lui morì. Tanto la moglie raccontò che chiedeva al Dottor Umberto chi sarebbe stato il prossimo allenatore della Juve perché fu fatto tutto in maniera segreta. Nessuno sapeva niente. E quando lui disse "Fabio Capello", lei diceva che stava proprio male perché non pensava che potessi andare alla Juve. Fu un'esperienza molto positiva. La squadra era ottima e organizzatissima. Poi vennero fuori quei fatti che sorvoliamo. Ma io me li sento vinti sul campo questi scudetti. La squadra era nettamente più forte di tutti. Non avevamo assolutamente bisogno di tutto quello che è venuto fuori".
Il sogno Nazionale inglese. "E' sempre stato il mio sogno perché mi sembrava impossibile che una squadra così non potesse vincere e pensavo di poter riuscire a portargli la vittoria. Facemmo le qualificazioni molto bene ma arrivammo in Sudafrica con le gambe stanche. Non eravamo la stessa squadra, non avevamo la stessa vivacità. Stavamo perdendo l'ultima partita contro la Germania per 2-0. Poi ci fu il 2-1, il 2-2 con il famoso gol di Lampard che segnò l'arrivo della Gol Line Technology. Perché il gol era gol. Una squadra che dal 2-0 recupera 2-2 contro una nazionale tedesca che allora era giovane, poteva essere la svolta. Invece ci hanno tagliato le gambe. Io dicevo sempre che con la nazionale inglese potevamo affrontare fino a dicembre tutte le squadre, perché avevamo un ritmo e una forza superiore. A marzo e aprile così così, a giugno giugno sulle ginocchia. Infatti ricordo ancora che l'ultima partita che giocammo a Wembley contro il Galles, fu uno 0-0 ma sofferto".
Idea Italia. "Mi è stata offerta la guida della Nazionale ma ho rifiutato. Ed è successo quando la nazionale giocava a Udine, Italia-Spagna. Fu offerta dal presidente di allora. E dissi di no. Perchénon me la sentivo. Quando le senti dentro, le cose le fai. Ho sempre fatto le cose con questa idea".
Esperienza russa. "La Russia è stata una bellissima esperienza. Una delle cose più importanti è che mia moglie stava bene a Mosca, quindi questo era positivo. Fu difficile la comunicazione. Mentre in Inghilterra comunichi, lì no. E all'interprete lo dicevo ogni tanto "ma scusa, io ho detto dieci parole e tu ne dici trenta, che cosa gli hai raccontato?" (ride, n.d.r). Perché l'intervallo è importante. Bisogna essere capaci di toccare le corde giuste per sensibilizzare la squadra e farla ritrovare. Invece lì è difficile proprio per questo. Siamo andati ai mondiali dopo 12 anni che non ci andavano. Potevamo andare avanti, ma la sfortuna dei portieri io l'avevo avuta sempre sebbene il portiere della Russia fosse un ottimo portiere. E poi c'è stata la Cina, con lo stesso problema di comunicazione che è fondamentale".
Ronaldo. "Silvio Berlusconi faceva anche cose imprevedibili. L'anno in cui ero al Real Madrid gli sconsigliai l'acquisto di Ronaldo il Fenomeno. Mi chiamò al telefono e gli dissi "Guardi Presidente, Ronaldo è il più grande calciatore che io abbia allenato, è il più bravo di tutti, però ormai non ha più voglia di allenarsi, di lavorare, è grasso non vuol dimagrire. Lasci stare perchè poi siamo già d'accordo con una squadra saudita". E lui mi ringraziò, ma il giorno dopo lo prese (ride, n.d.r). Ma Ronaldo si, è stato il calciatore più forte che ho allenato perché aveva la forza, la genialità e la potenza che negli altri non si vedeva. Posso dire che Van Basten era un fuoriclasse, però non aveva la stessa potenza o lo stesso cambio di ritmo. Era talmente potente, fortunato tante volte per la potenza e la velocità con cui andava, ma nello stesso tempo aveva il controllo della palla. Questa è la forza dei giocatori che hanno qualcosa di più".
Real Madrid. "Le due esperienze con il Real Madrid sono le più belle perché c'è la vittoria, tutte le altre interessanti. Direi che proprio quella quando c'era Ronaldo forse è stata la più bella e la più difficile. La prima, diventammo campioni di Spagna prima che finisse il campionato, invece la seconda, quando decisi che Ronaldo era un leader negativo nella squadra, lo vendemmo e la squadra cambiò completamente. Avevamo 9 punti di distacco dal Barcellona ed io feci un discorso alla squadra dicendo che avremmo dovuto giocare ogni partita come una finale e questo avvenne. Recuperammo i 9 punti arrivando a pari, però negli scontri diretti noi avevamo pareggiato e vinse il Barcellona. Quella mia esperienza fu interessante perché siccome eravamo in difficoltà, andai dal presidente se gli dissi "Se sono io il problema mi dimetto, ci mettiamo d'accordo". Perché la domenica dopo si giocava a Barcellona e se avessi perso, mi avrebbero mandato via. Invece pareggiammo, anzi, il Barcellona pareggiò all'ultimo minuto con una dormitina della difesa e quindi continuammo".
Scudetto Roma. "È stata l'esperienza più difficile, perché tra l'altro tutte le squadre erano molto competitive. Fu difficile per l'ambiente, per l'esaltazione che c'è nella Roma che quando vinci va tutto bene e quando invece va male diventa un dramma. Il problema poi sono le radio locali che tutto il giorno su tutti i taxi e in tutte le case parlano di calcio, tanto che io nella mia prima conferenza stampa a Roma dissi: "Io con le radio dentro il raccordo anulare non faccio interviste e non parlo" e me li trovai tutti a favore (ride, n.d.r). Riuscimmo il primo anno a fare un campionato buono, poi nel secondo arrivò Batistuta perché capimmo che ci serviva un attaccante di peso capace e vincemmo il campionato meritatamente. Però il pericolo maggiore di quel campionato fu l'ultima partita perché a 10 minuti dalla fine ci fu l'invasione di campo mentre stavamo vincendo 3 a 1 contro il Parma. Nessuno capì il pericolo di quell'invasione di campo per festeggiare perché se un tifoso avesse dato uno spintone o un pugno a un giocatore del Parma avremmo perso la partita e infatti io credo che nella mia vita non mi sia mai arrabbiato così tanto per i tifosi che non capivano il pericolo ma anche qualcuno che era con me in panchina non aveva capito niente. Ero l'unico in mezzo al campo che urlava come un pazzo, con degli improperi che non si possono dire. Alla fine è andata bene ma che fatica (ride, n.d.r)".
La Juventus e il rapporto con Agnelli
"Io fui scelto dal Dottor Umberto. L'avvocato non c'era più. Nel giorno in cui annunciarono Fabio Capello, allenatore della Juventus, lui morì. Tanto la moglie raccontò che chiedeva al Dottor Umberto chi sarebbe stato il prossimo allenatore della Juve perché fu fatto tutto in maniera segreta. Nessuno sapeva niente. E quando lui disse "Fabio Capello", lei diceva che stava proprio male perché non pensava che potessi andare alla Juve. Fu un'esperienza molto positiva. La squadra era ottima e organizzatissima. Poi vennero fuori quei fatti che sorvoliamo. Ma io me li sento vinti sul campo questi scudetti. La squadra era nettamente più forte di tutti. Non avevamo assolutamente bisogno di tutto quello che è venuto fuori".
Il sogno Nazionale inglese. "E' sempre stato il mio sogno perché mi sembrava impossibile che una squadra così non potesse vincere e pensavo di poter riuscire a portargli la vittoria. Facemmo le qualificazioni molto bene ma arrivammo in Sudafrica con le gambe stanche. Non eravamo la stessa squadra, non avevamo la stessa vivacità. Stavamo perdendo l'ultima partita contro la Germania per 2-0. Poi ci fu il 2-1, il 2-2 con il famoso gol di Lampard che segnò l'arrivo della Gol Line Technology. Perché il gol era gol. Una squadra che dal 2-0 recupera 2-2 contro una nazionale tedesca che allora era giovane, poteva essere la svolta. Invece ci hanno tagliato le gambe. Io dicevo sempre che con la nazionale inglese potevamo affrontare fino a dicembre tutte le squadre, perché avevamo un ritmo e una forza superiore. A marzo e aprile così così, a giugno giugno sulle ginocchia. Infatti ricordo ancora che l'ultima partita che giocammo a Wembley contro il Galles, fu uno 0-0 ma sofferto".
Idea Italia. "Mi è stata offerta la guida della Nazionale ma ho rifiutato. Ed è successo quando la nazionale giocava a Udine, Italia-Spagna. Fu offerta dal presidente di allora. E dissi di no. Perchénon me la sentivo. Quando le senti dentro, le cose le fai. Ho sempre fatto le cose con questa idea".
Esperienza russa. "La Russia è stata una bellissima esperienza. Una delle cose più importanti è che mia moglie stava bene a Mosca, quindi questo era positivo. Fu difficile la comunicazione. Mentre in Inghilterra comunichi, lì no. E all'interprete lo dicevo ogni tanto "ma scusa, io ho detto dieci parole e tu ne dici trenta, che cosa gli hai raccontato?" (ride, n.d.r). Perché l'intervallo è importante. Bisogna essere capaci di toccare le corde giuste per sensibilizzare la squadra e farla ritrovare. Invece lì è difficile proprio per questo. Siamo andati ai mondiali dopo 12 anni che non ci andavano. Potevamo andare avanti, ma la sfortuna dei portieri io l'avevo avuta sempre sebbene il portiere della Russia fosse un ottimo portiere. E poi c'è stata la Cina, con lo stesso problema di comunicazione che è fondamentale".
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