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Leao è il capro espiatorio perfetto nel momento di vuoto di potere al Milan (checché ne dica Ibra)
Quando un dirigente si presenta e deve dire che "decide tutto lui", evidentemente qualche problemino di potere c'è, anche se chi lo sostiene è Ibrahimovic. Il Milan è reduce da due vittorie consecutive contro Udinese e Club Brugge, ma non si può dire che abbia sorpassato la fase blu in cui è entrato dal momento in cui è stato preso Paulo Fonseca. Un allenatore che deve lottare contro gli umori della piazza - che non lo considerava e non lo considera come il tecnico giusto - e anche dai sentori di lotta intestina che continuano a essere presenti, giorno dopo giorno.
Per spostare l'attenzione c'è un capro espiatorio vero e proprio: Rafael Leao. Sarà perché non è il più simpatico della compagnia, forse perché le sue prestazioni sono altalenanti. Oppure perché guadagna troppo rispetto agli altri, con un ingaggio da 6,5 milioni a stagione. I motivi per cui "invidiare" Leao, additandolo come problema definitivo della fase blu, ci sono eccome. Lo stesso Fonseca si riferiva a lui quando ha detto, nella conferenza stampa pre Udinese, che "La mia leadership non devo farla vedere fuori, io non sono un attore. Se abbiamo qualche problema, non me ne frega un cazzo del nome del giocatore. Io ci parlo. Frontalmente, direttamente, con la squadra o con i giocatori".
Anche ieri Leao è stato sostituito nel momento peggiore della partita, a spostare l'attenzione dai fischi che stavano piovendo all'indirizzo del tecnico. Il rischio però è quello di svalutare un capitale calcistico ed economico, visto sia l'ingaggio che il valore: la clausola risolutoria è di 175 milioni e nessuno si è mai sognato di avvicinarla, ma andando avanti così si rischia di fare la fine di Osimhen per cui sono arrivate proposte intorno ai 70 milioni, non di più. Pioli aveva un modo diverso di gestire Leao e non è un caso che ha reso tantissimo nel momento migliore dell'ex allenatore.
Per spostare l'attenzione c'è un capro espiatorio vero e proprio: Rafael Leao. Sarà perché non è il più simpatico della compagnia, forse perché le sue prestazioni sono altalenanti. Oppure perché guadagna troppo rispetto agli altri, con un ingaggio da 6,5 milioni a stagione. I motivi per cui "invidiare" Leao, additandolo come problema definitivo della fase blu, ci sono eccome. Lo stesso Fonseca si riferiva a lui quando ha detto, nella conferenza stampa pre Udinese, che "La mia leadership non devo farla vedere fuori, io non sono un attore. Se abbiamo qualche problema, non me ne frega un cazzo del nome del giocatore. Io ci parlo. Frontalmente, direttamente, con la squadra o con i giocatori".
Anche ieri Leao è stato sostituito nel momento peggiore della partita, a spostare l'attenzione dai fischi che stavano piovendo all'indirizzo del tecnico. Il rischio però è quello di svalutare un capitale calcistico ed economico, visto sia l'ingaggio che il valore: la clausola risolutoria è di 175 milioni e nessuno si è mai sognato di avvicinarla, ma andando avanti così si rischia di fare la fine di Osimhen per cui sono arrivate proposte intorno ai 70 milioni, non di più. Pioli aveva un modo diverso di gestire Leao e non è un caso che ha reso tantissimo nel momento migliore dell'ex allenatore.
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