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Il solito destino avverso a rovinare una prova fantastica
La maledizione di San Siro nerazzurra regge. Il Grifo ha raggiunto quota undici in fatto di sconfitte consecutive e neppure una prestazione tra le migliori dell'annata è bastata a spezzare il tabù. Mai come stavolta i rossoblù sono andati vicinissimi al mezzo colpo, che avevano legittimato con una condotta di gara prossima alla perfezione. Non è bastato.
Mai il confronto in casa della Beneamata era parso così incerto. Gli uomini di Inzaghi hanno da tempo le gomme sgonfie, pagano l'assenza del trascinatore Thuram e per un'ora abbondante di gioco non combinano nulla di rilevante per merito della disposizione tattica adottata da Vieira, bravo a scegliere Zanoli ed Ehhator per le fasce e a spostare Miretti nel ruolo naturale in mezzo al campo. Gli attacchi nerazzurri appaiono sterili e confusionari, mentre la fase difensiva del Grifo risulta impeccabile sia nei singoli sia a livello collettivo. Il primo tempo trascorre con un solo intervento (in apertura) del portiere Leali, protetto alla grande da Bani e Vasquez ma anche da un formidabile Frendrup, uomo ovunque, Appena possibile il Genoa, sfruttando una libertà inedita, prova a distendersi in avanti e con Zanoli e Martin giunge spesso al cross, ma Pinamonti, isolato al centro e controllato a dovere, non trova mai la deviazione. Per 45 minuti, titolare equilibrio, in spregio al cospicuo divario di punti in classifica.
Anche in avvio di ripresa il match prosegue sull'identica falsariga, ma sono gli ospiti ad andare più vicini al bersaglio quando Ekhator serve a giri contati Miretti, il quale si fa acchiappare sul più bello dal 37enne Acerbi.
Le sostituzioni, registrate verso metà tempo, non saranno propizie al Grifo. Infatti Inzaghi azzecca la mossa disperata Calhanoglu sostituendo l'immaturo Asslani, mentre Vieira, ingolosito dalla prospettiva di tentare il colpo grosso, immette contemporaneamente l'artiglieria pesante composta da Ekuban, Cornet e Messias. Tutti ottimi elementi, per carità, ma meno propensi al sacrificio rispetto ai precedessori. Il primo campanello d'allarme si avverte al 70', quando Barella scuote l'incrocio dei pali con una sassata.
Il match improvvisamente si ravviva, e al 76' è il Genoa a procurare un brivido ai 70 mila interisti, ma il tocco ravvicinato di Ekuban a colpo sicuro incoccia suil corpo dell'uscente Josep Martinez (sì, proprio il numero uno rossoblù nello scorso anno), che salva in extremis. Neppure il tempo di mordersi le dita che la Beneamata schioda lo 0-0 su corner di Mkhytarian: Lautaro (perdonato in settimana per la bestemmia che a Torino tutti avevano visto e nessuno sentito...) schiaccia di testa trovando la fortuita deviazione di Masini, che spiazza Leali. Vieira tenta la carta Venturino, altro promettente prodotto del vivaio, e il baby, assatanato e intraprendente, sfiora il pari con una girata sotto misura prima che al 94' Ekuban vada a gonfiare la rete ma dopo una carica ai danni del portiere.
L'Inter non ha perpetrato furti, ma il pari avrebbe risposto maggiormente alla logica e anche rappresentato un premio per un Genoa autore di una gara capolavoro, sottolineata anche dai commentatori neutrali. Vero che il match aveva i connotati ideali, ma Bani e C. sono andati ben oltre le previsioni cozzando solo contro il destino avverso, che non si dimentica mai di loro quando salgono in visita al Biscione.
PIERLUIGI GAMBINO
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