
C’era una volta la Juventus……
C’era una volta.... Frase, locuzione, che da sempre apriva spiragli sognanti in chi la ascoltava, a prescindere dall’età anagrafica. Le fiabe, le favole, cominciano tutte così, ma in questo caso più che un mondo onirico azzurrato e incantato, sottende ad un incubo terribile senza fine, che reca stampigliati i colori bianconeri. Della Juventus che si conosceva non rimane più niente, solo bocconi amari, prove orribili e desolanti umiliazioni, una dietro l'altra, con le persone preposte a decidere, incapaci di rinvenire coraggio nelle scelte e uno straccio di correttivo da apportare. Una sorta di Juve gattopardesca, con la volontà di rovesciare il recente passato con una rivoluzione totale, non essendo poi in grado di cambiare nulla nelle situazioni sportivamente drammatiche, privata della forza di reagire immediatamente: e il riferimento non è solo mirato alla squadra e ai giocatori, ma ad ogni componente facente parte del mondo Juve. In primis, una società con un organigramma senza competenze calcistiche dirette, a parte Giuntoli. Un cambiamento che avrebbe dovuto risollevare, ricostruire, rinnovare, e che fino ad oggi ha solamente peggiorato lo status. Uno scempio senza fine, davanti al quale milioni di tifosi della Juve si sono arresi. Non una pietra angolare da cui ripartire, non uno spiraglio in grado di stillare mezza sensazione positiva: una caduta verticale disonorevole, senza una scadenza precisa. Le decadi passate hanno visto alcune situazioni di crisi profonde, con una Juventus che ha passato momenti tutt’altro che rosei, ma anche se il tunnel da percorrere prima di vedere una luce era lungo e accidentato, si poteva contare su qualche certezza e alcuni spiragli confortanti per la ricostruzione. In questo momento, invece, alla Juventus non c’è nulla, il vuoto pneumatico assoluto, in una stagione che era stata annunciata come quella della ricostruzione, con un progetto di crescita e di ritorno alla competitività.
Un fallimento totale, uno stillicidio infinito, partita dopo partita, senza riuscire a trovare un paracadute per stoppare il crollo rovinoso, di cui è preda la Vecchia Signora. Ciò che fa più male ad ogni fan zebrato è l’immobilismo di una società assente e inerme che, solo dopo l’ennesima umiliazione subita a Firenze, ha mandato Giuntoli, sempre presente nel pre partita e mai nei post gara, davanti ai microfoni. La cosa ancor più triste è che serviva l’ennesima batosta avvilente per far sì che, finalmente, un membro della dirigenza, il plenipotenziario Direttore, si presentasse ai media per far sentire la voce di una dirigenza che continua a ribadire concetti traballanti, senza attuare soluzioni drastiche. Le cose vanno malissimo, ma nessuna scelta radicale è stata presa a riguardo di un allenatore che continua ad infilare perle comunicative imbarazzanti, e che soprattutto ha dimostrato di non avere il gruppo in mano, mostrando totale incapacità di suscitare reazioni forti sul campo, da parte dei suoi giocatori. E le responsabilità di chi ha scelto Thiago Motta, in estate, sono ormai sotto gli occhi di tutti. Una Juve allo sbando, senza un minimo di risposte sul prato verde, una squadra senza carattere e attributi, una squadra vuota, senz’anima, una Juve totalmente azzerata. Un gruppo che mestamente subisce l’avversario, senza contrastare, ribellarsi, opporsi alle situazioni di campo. Sia chiaro, non esiste formula matematica capace di certificare che un cambio in panchina a metà marzo, possa risollevare le sorti o invertire la rotta, ma che Thiago Motta si sia rivelato inadeguato lo dicono le prestazioni e i risultati nefasti, in secundis la gravissima manchevolezza nel non saper stimolare le giuste corde ed essere credibile agli occhi del gruppo, per innescare il giusto spirito battagliero e fiero tipico da Juventus. Uno spogliatoio svuotato, inaridito e angusto, soprattutto per colpa della sua gestione. Una scelta sbagliata quella di portare Motta alla Juve, ormai appare chiarissimo, e qui la totale responsabilità se la deve assumere la società, in capo a dirigenti che una volta analizzavano ogni dettaglio dentro e fuori il campo (carattere, vita privata, adattabilità all’ambiente, gestione e leadership) prima di stilare un contratto ad allenatori e giocatori; una caratteristica che oggi appare, mestamente, scomparsa.
La Juventus era anche la Juventus per tutto ciò, saper scegliere l’uomo o gli uomini giusti, al momento opportuno, con quella cura dei dettagli che faceva la differenza nelle vittorie, e che la dirigenza di oggi ha smarrito totalmente. Guai a lasciare da parte gli interpreti che vanno in campo, sia chiaro, i calciatori altrochè se hanno le loro colpe: un gruppo che calca il campo senza personalità, fame, orgoglio, agendo in maniera scolastica, non andando mai oltre il limite e non rischiando nulla, con il coraggio nascosto tra le pieghe di lussureggianti contratti milionari. In questa Juve sono presenti tanti, troppi, interpreti che non meritano la gloriosa maglia a strisce bianconere. La sintesi di tutto ciò rende il momento devastante e crudele agli occhi dei tifosi attoniti e profondamente angosciati: vere vittime di un progetto mai sbocciato, di un nuovo corso che avrebbe dovuto riportare scintillanti, roboanti, principi di gioco e che invece non ha saputo metterci nemmeno un briciolo di anima e orgoglio. La cosa più grave è proprio questa, si può vincere e perdere nel calcio, ma non si può mai, e poi mai, lasciare da parte l’appartenenza e la dignità, arrivando a screditare la rispettabilità della maglia bianconera. Giuntoli dopo Firenze ha confermato Motta, ribadendo che dai momenti difficili e complicati se ne esce tutti insieme e uniti, ma se l’ambiente è quello che abbiamo, purtroppo, osservato al Franchi, come ci si eleva e soprattutto come si pensa di poter raggiungere l’obiettivo minimo, e fondamentale, del quarto posto? Rispetto per la maglia, per la storia e la leggenda del club, rispetto per i tifosi, alla proprietà e alla società si chiede e si chiederà sempre questo, il dato minimo su cui ribasare la Juventus che verrà in futuro e nei prossimi impegni. Quella Juve che dovrà presentarsi, sul campo, a partire dalla prossima partita di campionato, per tentare di dimostrare almeno un minimo cenno di cuore e anima. Perché un progetto può anche amaramente e dolorosamente fallire, ma la dignità in campo non si può barattare, mai.







