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Caso ultras, Malagò: “Calcio parte lesa, fa sua parte ma non può risolvere da solo. Altri sport…”TUTTO mercato WEB
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
Oggi alle 15:06Serie A
di Ivan Cardia

Caso ultras, Malagò: “Calcio parte lesa, fa sua parte ma non può risolvere da solo. Altri sport…”

Giovanni Malagò, presidente del Coni, è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, nell’ambito del calendario di audizioni che ha già visto protagonisti il presidente federale Gabriele Gravina, nonché Giancarlo Abete (presidente della Lega di Serie D) e Vito Tisci (presidente del settore giovanile e scolastico Figc): “Il fatto stesso che sia stata avviata questa indagine testimonia l’importanza del fenomeno calcio nella nostra società, anche chi mi ha preceduto ha ricordato la sua funzione sociale. Il rischio di infiltrazioni mafiose che sembra emergere da recenti inchieste giudiziarie è un segnale da cogliere con tempismo: il calcio sta svolgendo la sua parte, adeguandosi e prevedendo regole aggiornate perché le manifestazioni sportive possano svolgersi in sicurezza e serenità. Il Coni è certamente al fianco della Figc, come di tutte le federazioni, non solo per il suo ruolo naturale di confederazione. Voglio rassicurarvi che è un’assoluta priorità, sia per il valore sociale sia per il danno, anche solo di immagine, che eventuali infiltrazioni infliggono all’intero mondo sportivo. Il calcio è sicuramente parte lesa, ma è chiamato a una nuova assunzione di responsabilità”.

Dopo una breve ricostruzione del diritto sportivo in materia di rapporti con i tifosi e un richiamo ai ritardi sugli stadi, Malagò è stato raggiunto dalle domande dei parlamentari componenti la commissione.

Inchiesta “Doppia Curva”. Colpisce che un erede di una delle più potenti famiglie di ‘ndrangheta venga ammazzato come una persona qualsiasi, e oggi Beretta sia un collaboratore di giustizia e spiega come le mafie abbiano interesse a entrare nelle curve. Aveva mai immaginato che potesse presentarsi una situazione del genere?
“No, sono sincero. Che le curve siano state in passato frequentate da persone che avevano qualche precedente, e forse è un eufemismo, di carattere penale in altri contesti è una cosa notoria al grande pubblico. Questa vicinanza, per non dire complicità, con la ‘Ndrangheta, ci ha sorpreso non poco”.

Qualche anno fa lei venne audito in questa commissione sullo stesso argomento. Cosa è cambiato da allora?
“È una risposta complicata, per me è la stessa storia dell’antidoping, delle guardie e dei ladri: rispetto a qualche anno fa si è fatto moltissimo, ma nel frattempo sono successe cose nuove, non previste o immaginabili. All’epoca, i temi erano rivolti più a un certo tipo di gruppi organizzati della curva, che non sembravano avere queste interconnessioni con apparati mafiosi. Alle guardie devi dare norme nuove, i ladri non è che si placano ma si inventano nuove forme di intervento. Loro agiscono dove c’è una doppia combinazione: anzitutto deve esserci business, denaro. In seconda battuta, mi duole dirlo, oggettivamente c’è un tema culturale: sono ambienti diversi da altri sport, dove ci sono questioni finanziarie ma ci sono anche filosofie che partono da lontano”.

Quali interventi normativi servirebbero?
“A me risulta di situazioni dove c’è un allenatore che ha avuto precedenti per mafia e che è stato assunto come collaboratore di una società non importante, dilettantistico, che ha un contatto con i ragazzi. Bisogna che qualcuno scriva una norma e dica che queste persone non possono più entrare, bisogna che qualcuno certifichi: io non voglio dire che la società non lo sapesse, perché non ne sono a conoscenza, ma sicuramente avrebbe avuto un elemento in più. La collaborazione con le procure è fondamentale, si gioca tutto sulle tempistiche: nel caso di alcune società di calcio, se ci fosse stata una dinamica similare a quella che abbiamo noi con il nostro sistema di giustizia sportiva, voglio sperare che qualche dirigente avrebbe evitato di avere rapporti con questi soggetti”.

Molte società appartengono a fonti di investimento esteri: non è sempre facile tracciare chi vi sia dietro questi fondi o se vi possano essere forme di riciclaggio di proventi illeciti.
“È inevitabile che si vada verso un percorso di proprietà con sedi sui generis, ma in Italia non mi sembra ci siano problemi da questo punto di vista. Ci sono stati dei soggetti le cui situazioni finanziarie si sono aggravate progressivamente, sono situazioni che creano ulteriore rabbia o malcontento verso chi magari si ritiene possa non essersi comportato bene nel momento in cui sapeva di avere difficoltà finanziarie”.


Avete un numero dei procedimenti in atto, anche della giustizia sportiva, che possano esserci per illecito sportivo legato al fenomeno delle scommesse, legali o illegali?
“Lo abbiamo e avrò cura di farvelo avere. Si tocca un tasto particolare: mi sembra chiaro che, se da una parte ci sono le normative che cercano di circoscrivere un certo tipo di attività, è anche vero che questo ha alimentato attività parallele che non sono alla luce del sole”.

Cosa ne pensa di una riforma del calcio sul modello inglese? Una chiusura netta con gli ultras e un magistrato all’interno dello stadio con processo per direttissima per chi commette reati.
“Io sono sempre stato un grande sostenitore di quel discorso, ci sono tornato sopra più volte. Bisogna attrezzarsi: negli stadi, tanto per cominciare, devi creare dei luoghi per evitare rinvii che portino alle ordinarie vicende di carattere giudiziario. Bisogna attrezzarsi, anche a livello di sicurezza e di strutture, di orari e di organizzazione. Bisogna scrivere le norme per bene, ma io sono favorevolissimo”.


Ci sono situazioni in cui l’infiltrazione si traduce in forme di affiliazione: le cronache raccontano che le giornate di sport diventino test per la criminalità organizzata sull’affidabilità dei propri adepti, inducendoli a contrasti con le forze dell’ordine. È una cosa di cui siete al corrente?
“Non lo so, non faccio organo di polizia, però le dico la mia opinione ed è sì. È una questione strutturale, che consente di chiedere all’adepto di dimostrare fedeltà, ma al contempo c’è fedeltà di maglia: in un numero di persone ampio può avere un’alveo di naturalità. Penso che possa avvenire, dalle inchieste emerge che una serie di soggetti poi entrati in questi circoli, salvi casi di parentela, avevano come unico denominatore quello di tifare la stessa squadra”.

C’è un’incidenza della criminalità organizzata sul mondo delle scommesse, in particolare come fenomeni di condizionamento del risultato?
“Non credo che sia un fenomeno diffuso, sono emerse alcune partite di campionati che possiamo definire minori: sono stati individuati”.

Le norme sportive vietano anche di concedere biglietti di ingresso ai gruppi organizzati?
“C’è il divieto ed è chiarissimo, non ci sono interpretazioni”.

Nell’ambito dell’acceso agli stadi vale la regola dell’identificazione all’ingresso? In varie città i tagliandi vengono venduti in strada.
“Il nominativo c’è. È chiaro che se il nome è Mario Rossi il discorso cambia: per essere sicuri servirebbe integrare il codice fiscale, però qui scatta un problema. Pensiamo agli imbarchi aerei: si è rallentata tutta la macchina. Torno all’impianto sportivo: a meno che non si dica alle persone di arrivare tre ore prima, bisogna strutturare le macchine con il riconoscimento facciale. È chiaro che il giro di vite, che tutela l’identificazione certa e impedisce l’ingresso di soggetti daspati o condannati, è una scelta della politica”.“

L’Agenzia delle Dogane esercita un monitoraggio sui risultati delle scommesse: esistono metodi alternativi per monitorare comportamenti sospetti, magari in base a condotte sportive anomale?
“Il prefetto Taucer è nell’organismo che abbiamo costituito con Dogane e Monopoli per monitorare situazioni con giocate anomale o puntate eccessive a ridotto di una partita: automaticamente scatta un’inchiesta che vede agire procura ordinaria e sportiva. L’organismo funziona, è chiaro che se le giocate sono non ufficiali diventa tutto più complicato”.

Molte cose rilevanti avvengono nei campi minori.
“La categoria arbitrale ha subito diversi episodi, c’è stato anche un intervento molto forte a livello nazionale per proteggere i giovani arbitri. Se qualcosa succede in campo, l’arbitro sanziona il giocatore. Se succedono fuori, vuol dire che non sono stati rispettati tutti quei parametri di sicurezza rispetto al mondo esterno”.

Quali altri sport, oltre il calcio, rischiano infiltrazioni di stampo mafioso?
“Sono un discreto conoscitore di tutti gli sport, questo fenomeno c’è solo nel calcio: è inutile girarci attorno. Da una parte per la sua dimensione, dall’altra per il contesto. Se a vedere una gara di thriatlon vanno solo gli appassionati veri, al calcio vanno anche persone che non voglio dire non siano tifosi, ma non hanno come interesse prioritario quello di vedere la partita”.