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Contratti falsi, molestie e stipendi non pagati. La FIFPro svela l'incubo Pomigliano
LA FIFPro, il sindacato mondiale dei calciatori e delle calciatrici, ha pubblicato un lungo rapporto che getta ombre pesanti sull’operato del Pomigliano CF, club fondato nel 2019 e che dal 2021/22 al 2023/24 ha partecipato alla Serie A italiana prima di non iscriversi al torneo successivo e sparire. Un report in cui si leggono di contratti falsi, firme contraffatte, trattenute sugli stipendi, negligenza medica, molestie e aggressioni fisiche ai danni delle giocatrici che si sono così rivolte al sindacato e all’AIC in Italia. Le calciatrici, che sono rimaste anonime, infatti hanno raccontato tutta una serie di situazioni negative sia a livello sportivo sia personale come l’ingresso di persone vicine ai vertici del club che entravano negli appartamenti delle ragazze senza preavviso o mandavano messaggi inappropriati.
La ‘Player A’ (come viene indicata per mantenere segreta il suo profilo) ha raccontato che il Pomigliano l’aveva minacciata di intraprendere un’azione legale contro di lei se non avesse giocato nonostante un grave infortunio alla spalla spiegando poi che il club avrebbe risolto illegittimamente il suo contratto dopo essersi rifiutata di pagare l’intervento necessario, ma non solo: “Con l'avanzare della stagione, non venivamo pagate in tempo. Chiedevamo costantemente le buste paga all'amministrazione, ma non rispondevano alle e-mail o ai messaggi WhatsApp. Quando sono mesi che non ricevi quei soldi e hai altre bollette da pagare, è dura. - prosegue ancora la calciatrice - Inizialmente mi sono rivolta all'AIC ad aprile per un consiglio sul mio infortunio alla spalla. Stavo portando al club le note di un medico ortopedico che diceva che avevo bisogno di un intervento chirurgico, ma la cosa è stata ignorata e il mio nome è stato comunque inserito nel roster del giorno della partita. Ho iniziato a ricevere messaggi minacciosi dal club, che dicevano che se non mi fossi presentato all'allenamento, nonostante l'infortunio, mi avrebbero portato in tribunale. Il club non mi ha nemmeno comunicato la risoluzione, l'ho scoperto da un avvocato del sindacato dei calciatori italiani".
Un’altra calciatrice del Pomigliano, ‘Player B’, ha invece spiegato di non aver ricevuto alcuno stipendi per tutta la scorsa stagione e ha dovuto condividere una stanza ammuffita con un’altra compagna nonostante le promesse diverse: “Hanno smesso di rispondere al mio agente e quando ho affrontato il presidente del club, lui ha promesso che se ne sarebbero 'occupati', ma non è mai successo. - prosegue la giocatrice - Non avevano nessuno che si occupasse dei giocatori che tornavano da un infortunio. Hanno usato bottiglie d'acqua congelata per il primo mese perché non avevano una macchina per il ghiaccio funzionante. Le cose sono peggiorate quando mi sono infortunata di nuovo e il club è stato riluttante a farmi una risonanza magnetica, non volevano fare un'ecografia”.
La ‘Player C’ invece racconta un altro retroscena: “Quando siamo andate a fare le visite mediche, ci hanno sottoposto solo a quello cardio, non ho fatto altre visite mediche personali prima di allenarmi e così le mie compagne. Il presidente pensava che non volessimo giocare anche se infortunate. Volevano che dessimo il 100% in campo, ma quando ci siamo infortunate, il club non si è preso cura delle cure. - prosegue ancora - Non meritavano di avere una squadra di calcio femminile. Ci hanno costretto ad andare in chiesa, non importava se eri musulmana o atea, era obbligatorio per tutte. Se c'è una possibilità che vogliano costruire di nuovo una squadra, non dovrebbe accadere."
La ‘Player D’ ha invece parlato delle molestie subite da un uomo legato alla proprietà: “Quando sono arrivata lì per la prima volta mi ha aiutato, ma poi ha chiesto insistentemente più volte di cenare con me e anche se ho ripetutamente rifiutato sottolineando la natura poco professionale lui ha continuato a scrivermi che voleva passare una serata con me, che mi voleva coccolare e frasi simili. Sembrava che tutti fossero coinvolti nella sua perversione per come si comportavano con lui. - prosegue la calciatrice - Una mattina, stavo pulendo il mio appartamento indossando solo una maglietta e le mutande. Avevo le cuffie, mi sono voltato e lui era nel mio corridoio, che mi fissava. Dato che non ero completamente vestito, gli ho detto di uscire. Ha detto che doveva mostrare l'appartamento alla gente, ma non ci ha mai informato che sarebbe arrivato, non ha nemmeno bussato, è semplicemente entrato. Mi è sembrato inappropriato. Ho finito per comprare una telecamera e ho filmati di persone che entravano nella mia camera da letto quando non ero lì, senza saperlo o senza avvertire in anticipo”.
Tutte poi sono concordi sulla falsificazione di alcuni documenti e contratti: “Avevano creato un documento completamente nuovo, cambiato le date e le firme su entrambe le parti. - racconta ancora la Player D - Fortunatamente avevo conservato la copia originale del contratto, quindi è stato facile dimostrare che l'avevano manipolato. Vorrei davvero vedere il club penalizzato per aver falsificato le firme delle giocatrici perché lo hanno fatto anno dopo anno con molte ragazze. Non possono continuare a trattare le persone in questo modo e farla franca".
La ‘Player A’ (come viene indicata per mantenere segreta il suo profilo) ha raccontato che il Pomigliano l’aveva minacciata di intraprendere un’azione legale contro di lei se non avesse giocato nonostante un grave infortunio alla spalla spiegando poi che il club avrebbe risolto illegittimamente il suo contratto dopo essersi rifiutata di pagare l’intervento necessario, ma non solo: “Con l'avanzare della stagione, non venivamo pagate in tempo. Chiedevamo costantemente le buste paga all'amministrazione, ma non rispondevano alle e-mail o ai messaggi WhatsApp. Quando sono mesi che non ricevi quei soldi e hai altre bollette da pagare, è dura. - prosegue ancora la calciatrice - Inizialmente mi sono rivolta all'AIC ad aprile per un consiglio sul mio infortunio alla spalla. Stavo portando al club le note di un medico ortopedico che diceva che avevo bisogno di un intervento chirurgico, ma la cosa è stata ignorata e il mio nome è stato comunque inserito nel roster del giorno della partita. Ho iniziato a ricevere messaggi minacciosi dal club, che dicevano che se non mi fossi presentato all'allenamento, nonostante l'infortunio, mi avrebbero portato in tribunale. Il club non mi ha nemmeno comunicato la risoluzione, l'ho scoperto da un avvocato del sindacato dei calciatori italiani".
Un’altra calciatrice del Pomigliano, ‘Player B’, ha invece spiegato di non aver ricevuto alcuno stipendi per tutta la scorsa stagione e ha dovuto condividere una stanza ammuffita con un’altra compagna nonostante le promesse diverse: “Hanno smesso di rispondere al mio agente e quando ho affrontato il presidente del club, lui ha promesso che se ne sarebbero 'occupati', ma non è mai successo. - prosegue la giocatrice - Non avevano nessuno che si occupasse dei giocatori che tornavano da un infortunio. Hanno usato bottiglie d'acqua congelata per il primo mese perché non avevano una macchina per il ghiaccio funzionante. Le cose sono peggiorate quando mi sono infortunata di nuovo e il club è stato riluttante a farmi una risonanza magnetica, non volevano fare un'ecografia”.
La ‘Player C’ invece racconta un altro retroscena: “Quando siamo andate a fare le visite mediche, ci hanno sottoposto solo a quello cardio, non ho fatto altre visite mediche personali prima di allenarmi e così le mie compagne. Il presidente pensava che non volessimo giocare anche se infortunate. Volevano che dessimo il 100% in campo, ma quando ci siamo infortunate, il club non si è preso cura delle cure. - prosegue ancora - Non meritavano di avere una squadra di calcio femminile. Ci hanno costretto ad andare in chiesa, non importava se eri musulmana o atea, era obbligatorio per tutte. Se c'è una possibilità che vogliano costruire di nuovo una squadra, non dovrebbe accadere."
La ‘Player D’ ha invece parlato delle molestie subite da un uomo legato alla proprietà: “Quando sono arrivata lì per la prima volta mi ha aiutato, ma poi ha chiesto insistentemente più volte di cenare con me e anche se ho ripetutamente rifiutato sottolineando la natura poco professionale lui ha continuato a scrivermi che voleva passare una serata con me, che mi voleva coccolare e frasi simili. Sembrava che tutti fossero coinvolti nella sua perversione per come si comportavano con lui. - prosegue la calciatrice - Una mattina, stavo pulendo il mio appartamento indossando solo una maglietta e le mutande. Avevo le cuffie, mi sono voltato e lui era nel mio corridoio, che mi fissava. Dato che non ero completamente vestito, gli ho detto di uscire. Ha detto che doveva mostrare l'appartamento alla gente, ma non ci ha mai informato che sarebbe arrivato, non ha nemmeno bussato, è semplicemente entrato. Mi è sembrato inappropriato. Ho finito per comprare una telecamera e ho filmati di persone che entravano nella mia camera da letto quando non ero lì, senza saperlo o senza avvertire in anticipo”.
Tutte poi sono concordi sulla falsificazione di alcuni documenti e contratti: “Avevano creato un documento completamente nuovo, cambiato le date e le firme su entrambe le parti. - racconta ancora la Player D - Fortunatamente avevo conservato la copia originale del contratto, quindi è stato facile dimostrare che l'avevano manipolato. Vorrei davvero vedere il club penalizzato per aver falsificato le firme delle giocatrici perché lo hanno fatto anno dopo anno con molte ragazze. Non possono continuare a trattare le persone in questo modo e farla franca".
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