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Nassi: "Il calcio di oggi è un numero telefonico dai mille passaggi orizzontali"
Negli USA un vecchio proverbio recita: "Quando le cose contano non cambiare, non la partner alla festa, né il gioco per la partita". Ricordo due interviste di Lorenzo Marucci a Passarella e Dunga. Il fuoriclasse argentino, C.T. della Nazionale, disse: "Non capisco perché abbiate voluto cambiare modo di giocare. Eravate temuti da tutti. Avevate i difensori più forti e prima o poi un gol lo trovavate. Battervi un problema. Forse l'avversario più difficile". Il brasiliano, centrocampista dei più completi e C.T. dei verdeoro, ripeteva il concetto. Se penso a quello che scriveva Gianni Brera, il giornalista principe del ventesimo secolo, continuo a riflettere: "Difesa e contropiede è la tattica che più si addice agli italiani, perché col minimo sforzo si ottiene il massimo rendimento".
Quando parlo di Brera non posso fare a meno di aggiungere che agli inizi non riuscivo a capirlo, poi mi resi conto di chi fosse, tanto da dedicargli il glossario che chiudeva l'annuario tecnico-statistico Tuttocalcio, pieno dei suoi neologismi. Di fronte a fatti scontati che si ripetono, non c'è spiegazione che il calcio sia finito nelle mani di chi non conosce l'a, b, c. Se penso all'Inter di Helenio Herrera, che volevano catenacciara e schierava Jair, Mazzola, Milani, un rifinitore, Corso, e un terzino, Facchetti, da 10 gol e più a campionato, viene da ridere; oppure al Milan di Rocco, con Hamrin, Sormani, Rivera e Prati, altra formazione definita difensivista, si rimane dubbiosi. Né la Juventus italiana di Trapattoni, con Cabrini, Causio, Tardelli e Benetti ad aumentare i quaranta gol e più di Bettega e Boninsegna.
Non credo si potesse dire altrettanto della squadra di Valcareggi che vinse l'Europeo e arrivò in finale al Mondiale '70 e men che meno di quella di Bearzot del '78 in Argentina, che espresse il miglior calcio del Mondiale, o che vinse nell''82 in Spagna. Per non parlare del Milan di Berlusconi e Galliani dei 29 trofei in trent'anni. Dimentico altre formazioni che si sono fatte valere in ogni categoria giocando calcio apprezzabile. Poi si è avuta un'involuzione e siamo scomparsi dagli ultimi due Mondiali e dall'Europeo appena concluso.
Chissà se siamo capaci di fare autocritica e tornare indietro, dimenticando i braccetti, le sottopunte, gli esterni alti e bassi e simili baggianate, che hanno portato il calcio ad essere un numero telefonico dai mille passaggi orizzontali.
Quando parlo di Brera non posso fare a meno di aggiungere che agli inizi non riuscivo a capirlo, poi mi resi conto di chi fosse, tanto da dedicargli il glossario che chiudeva l'annuario tecnico-statistico Tuttocalcio, pieno dei suoi neologismi. Di fronte a fatti scontati che si ripetono, non c'è spiegazione che il calcio sia finito nelle mani di chi non conosce l'a, b, c. Se penso all'Inter di Helenio Herrera, che volevano catenacciara e schierava Jair, Mazzola, Milani, un rifinitore, Corso, e un terzino, Facchetti, da 10 gol e più a campionato, viene da ridere; oppure al Milan di Rocco, con Hamrin, Sormani, Rivera e Prati, altra formazione definita difensivista, si rimane dubbiosi. Né la Juventus italiana di Trapattoni, con Cabrini, Causio, Tardelli e Benetti ad aumentare i quaranta gol e più di Bettega e Boninsegna.
Non credo si potesse dire altrettanto della squadra di Valcareggi che vinse l'Europeo e arrivò in finale al Mondiale '70 e men che meno di quella di Bearzot del '78 in Argentina, che espresse il miglior calcio del Mondiale, o che vinse nell''82 in Spagna. Per non parlare del Milan di Berlusconi e Galliani dei 29 trofei in trent'anni. Dimentico altre formazioni che si sono fatte valere in ogni categoria giocando calcio apprezzabile. Poi si è avuta un'involuzione e siamo scomparsi dagli ultimi due Mondiali e dall'Europeo appena concluso.
Chissà se siamo capaci di fare autocritica e tornare indietro, dimenticando i braccetti, le sottopunte, gli esterni alti e bassi e simili baggianate, che hanno portato il calcio ad essere un numero telefonico dai mille passaggi orizzontali.
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