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Nicolato: "Italia, ora è molto facile dare giudizi. La Nazionale è il frutto di quello che si semina"TUTTO mercato WEB
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martedì 2 luglio 2024, 17:51Euro 2024
di Alessio Del Lungo

Nicolato: "Italia, ora è molto facile dare giudizi. La Nazionale è il frutto di quello che si semina"

Paolo Nicolato, ct della Lettonia ed ex selezionatore delle nazionali azzurre giovanili, è intervenuto ai microfoni di LaPresse, parlando dell'eliminazione dell'Italia: "Adesso è molto facile dare giudizi. La Nazionale è il frutto di quello che si semina e del lavoro di un intero sistema. Non possiamo pensare di avere dei risultati importanti quando non si costruisce qualcosa che possa sfociare nella Nazionale. È facile averne cura quando ci sono competizioni importanti. I risultati sono frutto di un lavoro molto più lungo e questo lavoro molto lungo dobbiamo ripensarlo, perché abbiamo bisogno di alzare il nostro livello. Tutti gli altri Paesi lo hanno fatto, pur avendo le stesse problematiche".

Che cosa serve?
"Le componenti devono cercare di lavorare insieme se vogliono il bene del sistema. Tutti quanti ci dobbiamo sentire responsabili. Quanto all’Europeo non voglio dare giudizi sulle partite singole, c’è un Ct molto bravo e non sono tre sfide che ci danno il livello del nostro calcio, ma l’evoluzione degli ultimi 15 anni ci deve far riflettere di più".

Dove si deve lavorare?
"Dobbiamo migliorare sulla fisicità. E lo dimostra il campionato europeo. E una delle cose che facciamo fatica a compensare è il ritmo del gioco, a prescindere se sia qualitativo o meno. È sempre stata una nostra preoccupazione principale, colmare questo gap che è oggettivo. Il nostro campionato è molto tattico, con molte interruzioni, non è di grande ritmo e quando si va in campo europeo diventa un problema da superare. Si è visto come Nazionali che consideriamo piccole che hanno intensità di gioco rendono la vita difficile. Noi dobbiamo dare priorità all’intensità dell’allenamento delle squadre".

Troppa tattica nel calcio italiano?
"Noi diamo un senso alla tattica che non danno negli altri Paesi, noi la intendiamo come organizzazione collettiva e di reparto, negli altri Paesi hanno nella fase formativa un concetto di tattica più individuale e su questa noi spendiamo un po’ meno tempo, leghiamo il giocatore più allo schema, mentre gli altri lavorano su un calciatore che si può adattare a schemi diversi. È certamente una riflessione che va fatta su questo aspetto specifico ma non è solo questo il problema".


Quali sono le principali problematiche?
"Credo che tutto ciò cui stiamo assistendo a livello di Nazionale sia la continuità delle problematiche che stiamo avendo, dobbiamo ripensare a come noi approcciamo verso il calcio, quale priorità diamo. Fino ad una certa età dobbiamo dare la priorità alla costruzione del giocatore, più che delle squadre. Questa è una responsabilità che abbiamo noi allenatori ma anche chi fa pressione sugli allenatori per i risultati. È tutta una cosa concatenata che alla fine si ripercuote nel giocatore, e arriviamo alla filiera finale dove in un Paese di 60 milioni di abitanti abbiamo una scelta di calciatori convocabili di un certo livello che non supera i 40 giocatori. Condivido questa riflessione in pieno, ma ci sono anche molte società che hanno difficoltà infrastrutturali rispetto all’Europa. Anche questa è frutto di una serie di questioni tra cui anche il fatto che di programmazione ne facciamo poca, pensiamo solo al risultato nell’immediato ma non è certo frutto di una programmazione che dia continuità nel tempo".

Spalletti ha vietato la Play Station in ritiro. Anche il come ci si avvicina alla partita è sbagliato?
"Il problema è che il modo di divertirsi è cambiato, i giovani hanno altre opportunità diverse, le hanno anche gli altri Paesi dove però hanno inserito nella scuola l’aspetto sportivo con maggiore attenzione e hanno trovato delle vie diverse per cercare di compensare a questo cambiamento. I troppi stranieri anche a livello giovanile sono autogol? Ne abbiamo molti e non tutti di grande qualità che tolgono il posto a giocatori italiani. Spingere le società ad investire all’interno del nostro Paese e non acquistare quello mezzo fatto dall’estero è un obiettivo che ci dobbiamo dare. La maggior parte degli stranieri ha un livello raggiungibile anche dai nostri giovani".

Va migliorato il rapporto con i club?
"Che la Nazionale sia un peso per i club è molto più di una ‘sensazione’, ma è un problema che non abbiamo solo noi, ci sono degli interessi che a volte non possono coincidere. Conta molto l’intelligenza delle parti nel capire che se vogliamo il bene del nostro sistema è importante che la nostra Nazionale vada bene e qualcuno deve rinunciare a qualcosa per il bene comune. È qualcosa che continua a non contraddistinguerci. Non capiamo l’importanza della salute del nostro sistema, un sistema in salute conviene a tutti".