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Sacchi che premia Inzaghi che inizia a togliersi i sassolini dalle scarpe
Il campionato dell’Inter è finito ben prima della discussa sconfitta contro il Sassuolo, e non è un mistero. In questa passerella che accompagnerà i nerazzurri fino al termine della stagione, conviene guardarsi indietro su un paio di cose successe negli ultimi giorni. Il futuro - ieri la ripresa: tutti in gruppo tranne Acerbi - è la gara di Frosinone, che vedrà in campo ancora un discreto turnover: interessa molto ai ciociari, è ovvio, ai nerazzurri un po’ meno. Seguiranno polemiche, comunque vada, ma negli ultimi anni è sempre accaduto che dopo aver vinto lo scudetto i campioni si siano rilassati.
Arrigo Sacchi che premia Simone Inzaghi è la chiusura di un cerchio. “L’ho bastonato”, dice l’ex profeta di Fusignano, che alla fine s’è dovuto arrendere all’evidenza. L’impressione, per la verità, è che per buona parte di questi tre anni le critiche di Sacchi siano arrivate a priori. Non tanto perché non si possa criticare, sia il gioco che i risultati, quanto perché sembravano non centrare il punto e spesso in realtà chiedevano all’Inter di fare qualcosa che già faceva. Non è un progetto che debba piacere a tutti, è ovvio. Ma Sacchi, per esempio, imputava ai nerazzurri - una squadra, per le sue caratteristiche, tra quelle con il più basso numero di dribbling in Serie A negli ultimi tre anni - un eccesso di individualità a discapito del gioco. Semmai sarebbe stato comprensibile il contrario, ormai comunque Sacchi s’è ricreduto. E il sorriso di Inzaghi mentre accettava il premio Bulgarelli dice tutto.
Ha sorpreso, pochi giorni prima, il botta e risposta fra lo stesso allenatore piacentino e Valon Behrami, reo di averne contestato il percorso in Champions. Inusuale, per un tecnico che aveva promesso di far volare sassolini e invece a cose vinte ha deciso, in maniera signorile, di camminare scomodo tenendoseli nelle scarpe. Piano piano, però, qualcuno partirà. Specie se si tocca il percorso europeo, forse la cosa della quale lo stesso Inzaghi è più orgoglioso.
Arrigo Sacchi che premia Simone Inzaghi è la chiusura di un cerchio. “L’ho bastonato”, dice l’ex profeta di Fusignano, che alla fine s’è dovuto arrendere all’evidenza. L’impressione, per la verità, è che per buona parte di questi tre anni le critiche di Sacchi siano arrivate a priori. Non tanto perché non si possa criticare, sia il gioco che i risultati, quanto perché sembravano non centrare il punto e spesso in realtà chiedevano all’Inter di fare qualcosa che già faceva. Non è un progetto che debba piacere a tutti, è ovvio. Ma Sacchi, per esempio, imputava ai nerazzurri - una squadra, per le sue caratteristiche, tra quelle con il più basso numero di dribbling in Serie A negli ultimi tre anni - un eccesso di individualità a discapito del gioco. Semmai sarebbe stato comprensibile il contrario, ormai comunque Sacchi s’è ricreduto. E il sorriso di Inzaghi mentre accettava il premio Bulgarelli dice tutto.
Ha sorpreso, pochi giorni prima, il botta e risposta fra lo stesso allenatore piacentino e Valon Behrami, reo di averne contestato il percorso in Champions. Inusuale, per un tecnico che aveva promesso di far volare sassolini e invece a cose vinte ha deciso, in maniera signorile, di camminare scomodo tenendoseli nelle scarpe. Piano piano, però, qualcuno partirà. Specie se si tocca il percorso europeo, forse la cosa della quale lo stesso Inzaghi è più orgoglioso.
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