Rinnovo Dumfries, si va verso il sì. Ma quanto ci è voluto: era meglio venderlo a 60 milioni
Col senno di poi è sempre facile parlare. Si possono fare congetture giocando con i se e con i ma, invertendo ordini e pensieri. Ma il risultato è come gli addendi, nonostante tutto resta sempre quello. Skriniar, Brozovic, Perisic, questi i rinnovi in bilico poi andati a finire malissimo. Lautaro, Barella, qualche balbettio pure per Calhanoglu: altri risultati, è vero, ma ancora una volta la stessa minestra riscaldata. Andare tanto per le lunghe, fattaccio accaduto prima con la vecchia proprietà, ora sotto la gestione Oaktree: "Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima", in parole povere.
Partiamo dunque dall'ennesimo caso, quello relativo a Denzel Dumfries. Il rinnovo è praticamente fatto, sono stati risolti anche gli ultimi cavilli burocratici, ma ancora si attende il momento della chiamata in sede e della firma ufficiale (che molto probabilmente arriverà a breve). Una situazione che dura ormai da diversi mesi, un modus operandi che spesso rischia di diventare un'arma a doppio taglio, soprattutto se hai necessità di monetizzare in caso di cessione obbligatoria.
Due i punti che spesso si ripetono. Il primo riguarda la capacità di trattativa, meno incisiva quando è necessario vendere il calciatore al suo massimo potenziale. Il secondo, la gestione dei tempi, che spesso si dilatano con l'unico risultato di spazientire la controparte, in attesa ormai da settimane, a volte mesi. È pur vero che non è necessario farsi mettere sotto scacco da richieste fuori mercato (tanto per dirne una), ma una società forte può mostrare i muscoli anche in altra maniera, ad esempio.
La vicenda Dumfries va avanti ormai dal gennaio 2022, quando l'offerta era arrivata nel ritiro invernale di Malta. La dirigenza scelse di non vendere a gennaio (l'anno del mondiale in Qatar) il giocatore, col Chelsea che avrebbe messo sul piatto 60 milioni di euro. Un secco no, per non snaturare una squadra che in quel momento stava andando bene.
Scelta condivisibile, anche se poi il rendimento del giocatore è stato tutt'altro che costante. Ora ci si ritrova con un contratto in scadenza fra pochi mesi e la possibilità che un altro giocatore possa accasarsi altrove a parametro zero. Ipotesi remota, certo, ma da non scartare (anche il rinnovo di Skriniar era praticamente fatto). Ecco, il parametro zero, un'arma spesso utilizzata in sala di comando (ed elogiata per via dei risultati), ma che in molte situazioni si è ribaltata contro e ha evidenziato un dato di fatto: l'Inter compra bene a zero, ma quando si trova dall'altra parte della barricata fa parecchio fatica. E non dovrebbe essere proprio così.