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Pinamonti: "Nel '19-'20 preferivo giocare in trasferta, oggi non vedo l'ora di essere a Marassi"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 12:53Serie A
di Alessio Del Lungo

Pinamonti: "Nel '19-'20 preferivo giocare in trasferta, oggi non vedo l'ora di essere a Marassi"

Andrea Pinamonti, uomo del momento in casa Genoa, ha rilasciato una lunghissima intervista a Cronache di Spogliatoio, parlando di moltissimi temi, a partire da quello relativo alla sua infanzia: "Sotto il punto di vista della famiglia mi sento un privilegiato, nel senso che ho sempre avuto tutto da mamma e papà, mi hanno sempre seguito e non mi hanno mai imposto una cosa, ero libero di fare quello che mi piaceva. Sono arrivato a un bivio all'età di 8 anni nella scelta tra calcio e tennis, che frequentavo più volte alla settimana, mentre lo sci era un divertimento. La passione per il calcio poi ha prevalso su tutto, ma non ho mai avuto pressione da loro e questa penso sia la cosa più bella per un bambino. Anche dopo la mia scelta i miei genitori devo sempre ringraziarli perché mi hanno seguito in tutto e per tutto perché vengo da un paesino (Cles, ndr)".

Quando è andato via da lì?
"Definitivamente a 14 anni, quando sono andato in convitto all'Inter, ma ho fatto il settore giovanile al ChievoVerona, che era a un'ora e mezzo da casa mia. Abitavo con i miei, ma ero più fuori che lì sicuramente. Mamma mi veniva a prendere a scuola, mi portava il pranzo in macchina, facevo 30 minuti con lei e poi prendevo il pulmino".

A Milano l'hanno seguita i suoi genitori?
"No, loro vivono in Trentino. Il passaggio è stato brutto da una parte perché sei piccolo e ti stacchi da famiglia e amici, ma dall'altro liberatorio perché non avevo più l'ora e mezza di macchina. La rifarei tutta la vita, mi è servita tantissimo. Hanno sofferto più i miei forse, quando vedi un figlio che va via di casa è normale che sia così. L'ho vissuta molto bene, ma dei miei compagni piangevano perché avevano le mancanze, come è normale che sia".

Dal punto di vista dei movimenti, chi l'ha ispirata di più?
"Sicuramente ho avuto, anche se sono ancora giovane, tante esperienze con allenatori e giocatori diversi. Sicuramente all'Inter ho imparato di più: Icardi, Lukaku, Lautaro... È stato un trampolino dove apprendere più cose possibili e infatti dopo quell'anno dello Scudetto mi sono sentito veramente migliore. Penso che ogni allenatore abbia la sua idea di gioco, si può assimilare da più persone e migliorare il bagaglio di esperienza. Tutte le persone che ho avuto mi hanno fatto crescere, è un mix".

Qual è la sua idea di calcio?
"Giocherei molto offensivo, da attaccante mi piace avere più persone intorno a me. Se un domani farò l'allenatore, metterei in condizioni l'attaccante di avere più possibilità possibili. Poi bisogna pensare anche alla fase difensiva, ognuno ha il suo modo di vedere il calcio".

Premier League o LaLiga, cosa guardava di più da piccolo?
"Ho sempre guardato il calcio fin da piccolo con mio padre, la Serie A in primis, ma la Premier League mi ha sempre appassionato, c'erano grandi attaccanti e due su tutti erano Drogba e Torres al Liverpool. Segnavano a ogni partita, era facile considerarli tra i migliori. Penso che siano tra i più forti degli ultimi anni".

Giocare a Marassi la spinge ancora di più?
"È tra i top in Italia a livello di pubblico, i nostri tifosi sono fantastici e ovviamente ti spingono a dare qualcosa in più. È strano da dire perché noi dovremo dare il massimo sempre, ma quando hai tutto uno stadio che ti incita, ti applaude, quando sei morto, scopri di avere energie che non pensavi di avere. Quando entro in campo so che devo fare tanto lavoro difensivo, è un momento così, la squadra ne ha bisogno e io sono il primo a non tirarmi indietro".

Lei lavora tanto per la squadra, ma poi bisogna anche essere lucidi vicino alla porta.
"Quello sì, ma mi hanno sempre criticato questo aspetto, dicendomi che spendevo energie in cose inutili. Sono migliorato nel capire le corse da fare, sto migliorando e ancora tanto da migliorare. Anche l'attaccante deve aiutare la squadra, è troppo importante, nel calcio di adesso è impossibile giocare con uno in meno in fase difensiva, ma l'energie vanno dosate per essere lucido con la palla".


Qual è il momento più difficile che ha affrontato in carriera?
"Sicuramente nella mia prima esperienza al Genoa perché ero molto giovane e sono arrivato qui con tantissime aspettative, esagerate, assolutamente non fatte da me. Di conseguenza tutti si aspettavano qualcosa da me che non ero ancora in grado di fare perché era il mio secondo anno in Serie A, avevo poche presenze e poca esperienza. In generale c'erano tantissime aspettative, l'ambizione era andare in Europa e ci siamo salvati all'ultima giornata. Per assurdo preferivo giocare fuori casa che in casa in quel momento lì".

Ha mai pensato di smettere?
"No, quello no perché un pregio che mi sono sempre riconosciuto è che riesco a farmi scrollare le cose addosso. Non arriverò mai a mettere da parte la mia passione più grande che è il calcio, ma preferivo giocare in trasferta. Oggi è l'esatto contrario, non vedo l'ora di essere a Marassi".

Lavora con un mental coach?
"No, non ce l'ho, ma non sono contrario a questa cosa, anche perché sono molto amico con Perin, me ne aveva già parlato di questa cosa. Non escludo che in futuro possa averne bisogno o che voglia iniziare un percorso con un mental coach".

Ha voglia di andare in Nazionale?
"Certo, assolutamente sì, non potrei non aver voglia. Se mi dicessero che serve un mental coach per arrivarci, lo prenderei subito (ride, ndr). Scherzi a parte, è un mio obiettivo e farò in modo il più possibile per cercare di raggiungerlo".

Si aspetta una chiamata a marzo?
"Abbiamo un finale di campionato molto impegnativo, il nostro obiettivo è la salvezza, cercherò di fare più gol possibili e poi quel che sarà, sarà".

Qual è il suo rapporto con i commenti sui social?
"Quando ero al Genoa la prima volta, per colpa mia, leggevo i commenti contro di me e, anche se dicevo che non gli davo peso, mi toglievano. Con i social tutti hanno il diritto di scrivere quello che vogliano e non si sa neanche chi siano le persone che scrivono. Questa cosa ovviamente toglie, non c'è un limite a niente, possono scrivere cose brutte. Da quell'anno lì ho tolto questo aspetto lì, non leggo praticamente niente, né nel bene, né nel male perché anche quando faccio due gol non vado a leggere. Quindi, tolgono e basta. Bisognerebbe fare qualcosa, c'è troppa cattiveria, troppa gente negativa che può togliere e basta, bisognerebbe accantonare questa cosa qua. Tante volte sono ragazzini di 14 anni o adulti con figli, ma dietro al telefono è facile. Di persona non è mai successo niente".

Le pagelle le danno fastidio?
"Mai lette, ma i giornali possono scrivere quello che vogliono. Sono opinioni, possono piacere o non piacere, ma non si permettono di insultare un giocatore, quindi anche se le leggessi non mi darebbero fastidio. È una cosa completamente diversa".

Cosa vi ha portato Vieira?
"Tanti punti sicuramente. Ha portato una mentalità diversa, molto aperta. Con lui puoi avere un grande rapporto e puoi parlare di qualsiasi cosa. Poi un po' di serenità, che era un momento in cui ne avevamo bisogno. È uno che scherza molto, anche io non pensavo all'inizio. Ho ricordi di quando era giocatore, è molto serio quando si lavora, ma ha sempre il sorriso in faccia nei tempi morti".