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Aldo Agroppi geniale, ribelle e sentimentale. Divisivo da Maledetto Toscano
Ho provato a riassumere la figura di Aldo Agroppi in una parola ma non ci sono riuscito. Troppo complesso il personaggio per ingabbiarlo in un termine. Aldo era geniale, ribelle, sentimentale, curioso, leale. E potrei andare avanti. Entrare nel suo mondo era un viaggio speciale. C'era tanto calcio, naturalmente. Ma non solo. C'erano anche una montagna di dischi (la musica era la sua altra passione) e immagini di gente comune. Agroppi è stato un personaggio del mondo del pallone ma non ha mai perso il contatto con gli amici di Piombino. Del suo vecchio bar dove andava a giocare a carte. Dove non era importante vincere a briscola ma inventare la battuta che avrebbe fatto il giro del paese.
L'Aldo allenatore non è stato un profeta. Non ha mai avuto la presunzione di inventare qualcosa di speciale. Le sue idee sommavano la grinta di chi ha toccato con mano il mondo Toro (passione, sacrificio, identità) alla voglia di esaltare il valore del collettivo. Lui ha sempre pensato che i talenti dovevano essere al servizio della squadra e non viceversa. Se avesse avuto un carattere più "dolce" forse avrebbe fatto una carriera diversa. Ma non sarebbe stato Agroppi. Rimpianti? Uno, gigantesco, la retrocessione della sua Fiorentina. Era entrato in corsa al posto di un confuso Gigi Radice ma non aveva più la forza di fare la guerra dentro lo spogliatoio. Uno spogliatoio malato, con tante stelle distratte. Il vero Aldo li avrebbe preso di petto uno dopo l'altro. Da Bati, a Effenberg. Ha cercato di trovare un compromesso e ha finito per arrendersi a poche giornate dalla fine. Quando ormai era tardi.
Agroppi resterà nella memoria per le sue guerre con Lippi, per gli scontri con Antognoni (con il quale poi è diventato amico), per l'amore per il Toro un qualcosa che ha portato stampato sulla pelle, per i suoi giudizi taglienti contro la Federazione e il presidente Matarrese. Divisivo da Maledetto Toscano come direbbe Malaparte. Ma sempre pronto a tendere la mano quando riconosceva di essere andare fuori misura. Piaceva alla gente perché non subiva il fascino dei potenti. Anzi, li attaccava. Perché non si nascondeva mai. Negli ultimi anni purtroppo ha dovuto combattere con un nemico cattivo, infido. Aldo si alzava ogni mattina vedendo tutto nero intorno a se. Una beffa per un uomo che sapeva strappare sorrisi ogni volta che apriva bocca. Ha provato a lottare. Ha provato a ribellarsi a questo malessere continuo che lo mangiava dentro. Per farlo scriveva spesso agli amici, parlava di calcio. Provava a scherzare con le sue malattie. Alle persone più care ha inviato durante le vacanze di Natale una sua foto che lo ritraeva ricoverato in ospedale. Pensava di uscirne vittorioso anche stavolta. Non è stato così. Il guerriero Aldo stavolta non ce l'ha fatta. Ma io continuerò a ricordarlo con la maglia del Toro o sulla panchina viola. con un sogno in testa, battere la Juve, la rivale di una vita.
L'Aldo allenatore non è stato un profeta. Non ha mai avuto la presunzione di inventare qualcosa di speciale. Le sue idee sommavano la grinta di chi ha toccato con mano il mondo Toro (passione, sacrificio, identità) alla voglia di esaltare il valore del collettivo. Lui ha sempre pensato che i talenti dovevano essere al servizio della squadra e non viceversa. Se avesse avuto un carattere più "dolce" forse avrebbe fatto una carriera diversa. Ma non sarebbe stato Agroppi. Rimpianti? Uno, gigantesco, la retrocessione della sua Fiorentina. Era entrato in corsa al posto di un confuso Gigi Radice ma non aveva più la forza di fare la guerra dentro lo spogliatoio. Uno spogliatoio malato, con tante stelle distratte. Il vero Aldo li avrebbe preso di petto uno dopo l'altro. Da Bati, a Effenberg. Ha cercato di trovare un compromesso e ha finito per arrendersi a poche giornate dalla fine. Quando ormai era tardi.
Agroppi resterà nella memoria per le sue guerre con Lippi, per gli scontri con Antognoni (con il quale poi è diventato amico), per l'amore per il Toro un qualcosa che ha portato stampato sulla pelle, per i suoi giudizi taglienti contro la Federazione e il presidente Matarrese. Divisivo da Maledetto Toscano come direbbe Malaparte. Ma sempre pronto a tendere la mano quando riconosceva di essere andare fuori misura. Piaceva alla gente perché non subiva il fascino dei potenti. Anzi, li attaccava. Perché non si nascondeva mai. Negli ultimi anni purtroppo ha dovuto combattere con un nemico cattivo, infido. Aldo si alzava ogni mattina vedendo tutto nero intorno a se. Una beffa per un uomo che sapeva strappare sorrisi ogni volta che apriva bocca. Ha provato a lottare. Ha provato a ribellarsi a questo malessere continuo che lo mangiava dentro. Per farlo scriveva spesso agli amici, parlava di calcio. Provava a scherzare con le sue malattie. Alle persone più care ha inviato durante le vacanze di Natale una sua foto che lo ritraeva ricoverato in ospedale. Pensava di uscirne vittorioso anche stavolta. Non è stato così. Il guerriero Aldo stavolta non ce l'ha fatta. Ma io continuerò a ricordarlo con la maglia del Toro o sulla panchina viola. con un sogno in testa, battere la Juve, la rivale di una vita.
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