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Da quinto a quinto: Palladino come Gasp, Gosens come...Gosens! Il vantaggio del nuovo assetto
Stockthon to Malone. O meglio, Catagne to Gosens. In principio fu Gian Piero Gasperini. Nel laboratorio di Zingonia spinse il concetto di aggressività offensiva a vette mai viste a queste latitudini, fino a teorizzare una mossa che è diventata il sogno recondito di tutti i profeti del 3-5-2. Da quinto a quinto: un'azione che si sviluppa su una delle due corsie, che prevede un cross di un primo esterno a tutta fascia ("quinto", appunto) su cui arriverà in corsa, dall'altra parte del campo, l'altro esterno.
Come Gasp.
"Si può fare!" avrà gridato al cielo di Bergamo il Gasp in quel 22 aprile 2018. Assist di Castagne, rete di Gosens, la genesi di tutto. A quasi sette anni di distanza, uno dei suoi discepoli più in vista, Raffaele Palladino, ce l'ha fatta. Minuto nove di Fiorentina-Lecce, traversone parabolico di Dodo (da destra), terzo tempo degno del miglior Malone su parquet di Robin Gosens e 1-0 viola.
Ritorno alle origini.
Negli svariati secondi in cui, venerdì sera, Gosens ha galleggiato in aria prima di inzuccare il pallone, al tedesco volante sarà tornata su qualche reminiscenza dell'epopea Atalanta. Lui che nel sistema di Gasperini era diventato un'arma impropria per gli avversari - l'unico difensore a segnare 20 gol in due campionati consecutivi di A (2019-20 e 2020-21), il terrore dei terzini avversari, che spesso lo vedevano sbucare sopra di loro quando era già troppo tardi. Son passati molti anni, il contesto è diverso ma quell'esplosività e quella ferocia nell'attaccare il secondo palo il Robin teutonico non l'ha persa. Si era però assopita in un sistema, il 4-2-3-1 di Palladino, che per tutta la stagione gli ha imposto il ruolo di terzino sinistro, facendogli reprimere l'indole all'assalto dell'area. "Sono felice di giocare anche da terzino, anche se perdo le mie qualità offensive" aveva detto in sostanza il tedesco a Lecce, dopo la gara d'andata. Un girone dopo, con la Fiorentina che si sta ancora cercando -il lampo arrivato al 9' col Lecce è rimasto isolato o poco ci manca all'interno di un'altra gara in cui si è costruito ben poco - , Gosens si è ritrovato. Ha ritrovato il suo "posto nel mondo", da quinto, come ai vecchi tempi. E Palladino ha ritrovato un'importante risorsa: non solo leader comportamentale, autentico termostato emotivo del gruppo anche nei momenti più bui, ma anche fonte offensiva primaria, o quasi, di una squadra che continua ad avere pochi gol nelle gambe dei propri stoccatori (Kean escluso).
Abito su misura.
Se il destinatario dello schema "da quinto a quinto" è immutabile, il mittente è nuovo. Domilson Cordeiro dos Santos, in arte Dodo, c'entra poco (per background e caratteristiche fisiche) con i gargantueschi esterni fabbricati negli anni da Gasperini. E, in Italia, in oltre 100 partite in viola, lo avevamo ammirato da quinto solo in alcune porzioni di gara. La metamorfosi tattica covata da tempo da Palladino riguarda però anche lui. Uno dei motori perpetui della Fiorentina, calciatore con più minutaggio e più chilometri nelle gambe. Un terzino destro fatto e finito, con licenza di "uccidere" ma con pochi bonus fantacalcistici nel palmares. Nel vecchio-nuovo sistema del tecnico ex Monza, Dodo può ricalcare però le orme di Carlos Augusto e Ciurria, armi da assist a profusione nel biennio biancorosso di mister Palladino. La gamba c'è e come, il piede pure (chiedere al collega dall'altra parte del campo). Da Dodo a Gosens, tagliando quello che c'è in mezzo. Sulle orme del suo maestro, Palladino sta forgiando una Fiorentina con due cursori di fascia che sono anime del gruppo e - da adesso - i due poli da cui spesso l'azione partirà (e finirà).
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