Oddo: "Ero sulla via di ritorno per Pescara quando Berlusconi..."
L'ex calciatore Massimo Oddo ha parlato della sua carriera ai microfoni di Radio Serie A: "Mi ricordo la chiamata del Milan. Prima andai a fare un provino alla Lucchese, questo provino era una partita che giocammo la mattina e subito dopo la partita chiamarono con un'offerta di 130 mln, praticamente mi avevano preso e io ero contentissimo. Ero sulla via del ritorno verso Pescara e mi chiamò il Presidente della società: mi disse di tornare indietro e di andare verso Parma perché il Milan voleva farmi fare un provino.
Tornai subito indietro, feci questo provino, l'allenatore era Maurizio Viscidi: il provino era su due giorni, giocai un giorno terzino destro e un giorno centrale, e finite queste due partite il Milan chiamò dicendo che era interessato; mi fece un'offerta inferiore a quella della Lucchese, ma ovviamente la scelta è ricaduta sul Milan. Ci furono dei litigi interni, perché la Lucchese era arrivata prima, ma ero un ragazzino di 16 anni e avevo la possibilità di andare nella squadra che in quel momento era la più grande al mondo.
Io ero un ragazzino di 16 anni che veniva da Pescara e non aveva mai visto un personaggio di alto livello: avevo visto Léo Junior, Massara, Allegri, ma mai di calibro internazionale se non appunto Junior. Il primo giorno che arrivai a Milanello, la prima persona che vidi fu Lentini, poi tutti gli altri. Vivevamo a Milanello, eravamo più di 15 ragazzi che vivevano lì, era casa nostra. Io ero uno di quelli che spesso si allenava in prima squadra con grande costanza. C'è questo aneddoto bellissimo perché la domenica mattina c'erano gli infortunati o gli squalificati - e tra questi infortunati c'era quasi sempre Van Basten - e la domenica mattina arrivava sempre una chiamata chiedendo di andare giù a giocare e noi eravamo tutti contenti perché chiamavano dicendo: "Tu chi sei? Oddo? Va bene, vieni ad allenarti".
E noi eravamo tutti contenti perché avevano chiamato me per allenarmi con Van Basten, Baresi, Lentini, Maldini, e poi dopo capimmo che era indifferente per loro e capendo il giochetto, facevamo a gara a chi andasse a rispondere prima anche se poi era l'unico giorno libero per noi e dovevi alzarti, andare giù: era sicuramente una bellissima esperienza, ma fatta anche di grande tensione. Perché non è come oggi dove il ragazzino va in prima squadra e pensa che tutto gli sia dovuto, una volta c'era tensione quando ti allenavi con i grandi e anche a distanza di tempo lo capisci, ti mettevano in difficoltà volutamente, per farti crescere probabilmente, per farti rendere conto che sei con i grandi.
Rossi, ad esempio, ti dava apposta la palla male, però faceva parte del gioco. E' stato un grande insegnamento, facevamo quello che ci dicevano. Il giorno più drammatico era il mercoledì quando c'era Capello come allenatore che ci faceva sempre fare gli uno contro uno, con tutta gente che non prendevi mai, però sono ricordi bellissimi".