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Pancaro: "Cagliari fu il coronamento di un sogno. Orgoglioso della cavalcata UEFA"TUTTO mercato WEB
venerdì 28 marzo 2025, 21:15News
di Vittorio Arba
per Tuttocagliari.net

Pancaro: "Cagliari fu il coronamento di un sogno. Orgoglioso della cavalcata UEFA"

Giuseppe Pancaro, ex difensore di Cagliari, Lazio e Milan, si è raccontato in un'intervista rilasciata al canale Youtube della Panini. Pancaro, tra i tanti temi affrontati, ha ripercorso la sua esperienza rossoblù. Le sue parole, sintetizzate da TuttoCagliari.net: 

Dal 1992 al 1997 sei a Cagliari. Questa è la tua prima figurina, più precisamente della stagione 1993-94. Passare dalla C2 alla Serie A sembra un salto abbastanza importante per un calciatore. L'hai sentito il cambio di categoria oppure no?

"Sì, l'ho sentito. Ti dico che ancora oggi, vedere la mia prima figurina mi emoziona perché per me era il coronamento di un sogno. Ancora adesso, quando la rivedo, mi emoziono. L'impatto con la Serie A è stato sicuramente non semplice, perché passare dalla C2 alla A aveva delle evidenti difficoltà e differenze".

Ti ricordi il debutto?

"Sì, la prima partita di campionato è stata Cagliari-Juventus. Ricordo ancora l'ingresso in campo. Nella Juventus c'era un mio ex compagno del settore giovanile, Dino Baggio. Lui era già un po' più abituato a quel tipo di partite, mentre io ero alla prima. Ricordo ancora che scambiammo qualche parola, ma mentre cercavo di fare il disinvolto, ero veramente molto emozionato. Poi, come sempre, appena l’arbitro fischiava, l’emozione passava e pensavo solo a giocare la mia partita".

È peggio prima o dopo, quando sei in campo? Quando inizi a giocare, forse quella paura passa?

"Sì e no. Non è paura, è tensione, adrenalina. Sicuramente prima della partita la senti di più, perché ti prepari per cercare di fare il meglio per te, per la squadra e per i tifosi. Poi, una volta che l’arbitro fischia, ti dimentichi di tutto e inizi a fare quello che hai sempre fatto da quando eri bambino: giocare a calcio. Tutti gli altri pensieri spariscono".

Nella tua seconda stagione al Cagliari, la squadra arriva in semifinale di Coppa UEFA e tu segni il gol vittoria contro l’Inter. Ti ricordi quell’emozione?

"Sì, assolutamente. Ero in panchina, sono subentrato e ho segnato. Ricordo ancora il mio primo gol importante in un palcoscenico importante. Per un momento non ho capito nulla, non sapevo cosa stesse succedendo. È stata una scarica di adrenalina fortissima".

Quella cavalcata europea come l'avete vissuta? È stato un risultato importante per una squadra come il Cagliari.

"Assolutamente. Era una squadra che in quegli anni faceva molto bene, con giocatori di qualità. Ci aveva dato tantissimo orgoglio poter vivere un’esperienza così importante in Europa".

Hai avuto compagni e allenatori di livello, come Mazzone, Tabárez e Trapattoni. Ti hanno lasciato qualcosa anche come allenatore, visto che ora alleni? Se dovessi descrivere cosa ti ha insegnato ognuno di loro?

"Da questo punto di vista sono stato molto fortunato, perché ho avuto grandissimi allenatori, persone con valori importanti, che mi hanno trasmesso tanto sia in campo che fuori. Tutti mi hanno lasciato qualcosa. Poi, sai, il ruolo dell’allenatore è molto soggettivo: è giusto prendere un po’ da tutti, ma alla fine devi costruirti una tua idea con l’esperienza".

E come calciatore? Ognuno di loro ti ha insegnato qualcosa di diverso oppure non c’erano grandi differenze?

No, ognuno mi ha lasciato qualcosa di specifico. Mazzone mi ha dato subito fiducia. Ero un ragazzo di 20 anni che veniva dalla C2 e davanti a me c’era un giocatore affermato e molto forte come Pusceddu. Eppure, alla prima partita di Serie A, mi fece giocare al suo posto. Mi ha dimostrato che la meritocrazia contava e che, se meritavo di giocare, mi avrebbe mandato in campo. Tabárez ha cambiato la mia storia a Cagliari. All’inizio faticavo un po’, ma lui, appena arrivato, mi ha subito messo al centro del progetto. La fiducia è fondamentale per un giovane e lui me l’ha data. Trapattoni mi ha trasmesso una passione incredibile. Al di là degli aspetti tecnico-tattici, dove tutti a quel livello sono preparati, lui aveva una passione smisurata per il calcio. Ogni allenamento si fermava con i più giovani, con me, a fine sessione, per migliorare la tecnica. Ti trasmetteva un amore per il calcio che andava oltre il semplice allenamento".