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Il Cagliari all’evento “We Can Play Futsal”
Si è tenuta all’interno del palazzetto dello sport del CUS Cagliari la giornata conclusiva del progetto “We Can Play Futsal”. Un’iniziativa volta a promuovere l’educazione motoria tra ragazze e ragazzi delle scuole superiori cagliaritane e a rafforzare la cultura del rispetto e dell’inclusione attraverso lo sport.
L’evento, organizzato dalla SSD Mediterranea Cagliari – la più antica società sarda di futsal impegnata anche in numerose iniziative di carattere sociale – e dal Cagliari Calcio, in collaborazione con l’associazione Donna Ceteris, la Fondazione Carlo Enrico Giulini e col supporto dei partner Gruppo Grendi e Saras, ha rappresentato il culmine del progetto che ha coinvolto oltre 300 studenti nel corso dell’anno scolastico.
L’appuntamento presso il palazzetto, davanti a oltre 250 ragazze e ragazzi delle scuole superiori cagliaritane (Convitto Nazionale, Euclide, Eleonora d’Arborea, ITE Martini), ha avuto inizio con i saluti istituzionali da parte di Giulia Andreozzi e Giuseppe Macciotta – rispettivamente Assessora alla pubblica istruzione, sostegno allo studio e alla conoscenza e Assessore allo sport, tempo libero e impiantistica sportiva del Comune di Cagliari -, Chiara Manca (presidente) e Stefania Loi, membri della Commissione Pari Opportunità del Comune di Cagliari, Daniela Onano (avvocato, Associazione Donna Ceteris) e Costanza Musso, Amministratrice Delegata del Gruppo Grendi e Cavaliere del Lavoro.
Presenti per il Cagliari il portiere della Prima Squadra Alen Sherri, il capitano della Primavera rossoblù Alessandro Vinciguerra e le atlete del Cagliari Calcio a 5 Femminile.
La mattinata ha visto il Presidente della SSD Mediterranea Cagliari, Corrado Melis, condividere i risultati del progetto: “Lo sport rappresenta come strumento potente per combattere le discriminazioni. Sono molto contento per essere riusciti ad aver portato l’iniziativa al quarto anno. Ringrazio Donna Ceteris, il Comune di Cagliari e in particolare la Commissione Pari Opportunità, il Cagliari Calcio e la Fondazione Carlo Enrico Giulini per il grandissimo supporto e il Gruppo Grendi e Saras; senza dimenticare ragazzi e professori, beneficiari del progetto e senza i quali questo non avrebbe senso”.
Prima di dare spazio agli ospiti, con il dialogo tra i portieri Alen Sherri e Anthea Polloni, Costanza Musso di Gruppo Grendi ha rivolto un saluto ai giovani: “Nella vita ho capito da subito che ragazzi e ragazze erano diversi ma complementari, che come donna avevo grandi potenzialità da tirare fuori e non dovevo darmi fermare da nulla. Con impegno e costanza ho potuto raggiungere i miei obiettivi. Anche voi non mollate mai”.
Così l’estremo difensore albanese: “Mi fa piacere portare un messaggio a tutti i giovani che hanno un sogno. Sono nato in Albania e sin da piccolo avevo il desiderio di giocare in Serie A, sono riuscito a realizzarlo. A ogni ragazza e ragazzo dico di credere nei propri sogni, qualunque essi siano, e impegnarsi giorno dopo giorno cercando di non abbattersi quando si presenteranno delle difficoltà. Nella mia città è stata creata la prima squadra femminile dell’Albania, è capitato di giocare con le ragazze e mi divertivo con loro senza avere nessun preconcetto: pian piano il calcio femminile è cresciuto. La nazionale? Indossare quella maglia è una soddisfazione enorme per me, mi rende fiero. La città di Cagliari? Splendida, somiglia alla città in cui sono cresciuto nel mio paese; sto ricevendo tanto affetto dai tifosi, non posso chiedere di più”.
Aggiunge Anthea Polloni: “Sono felice di essere qua a raccontare il mio percorso. Sin da piccola ho dovuto conciliare studio e sport. Sono cresciuta nel settore giovanile dell’Inter, purtroppo ho avuto un infortunio pesante a sedici anni e ho perso la voglia di giocare e fare sacrifici: una volta rientrata dall’infortunio, infatti, ho smesso e per un anno non ho fatto nulla. Per fortuna frequentavo il liceo sportivo e grazie alla scuola e a un professore che mi ha incoraggiata ho ripreso col calcio a 5. Il rapporto con i maschi? Da piccola ho giocato con loro e per me questo era un grande stimolo e un motivo per dare ancora di più, ho trovato sempre grande inclusione e anche la mia famiglia mi ha incoraggiata e mai ostacolata”. Come Sherri, anche Anthea difende la porta della Nazionale: “Ogni volta che indosso la maglia azzurra mi sento grata e orgogliosa, è qualcosa che non riesco a spiegare perché rappresento il mio Paese e mi posso confrontare con chi ha anche più esperienza”.
L’appuntamento è proseguito con la testimonianza di Alessandro Vinciguerra e Antonia Giugliano, entrambi campani “trapiantati” nell’Isola.
Queste le parole dell’attaccante della Primavera: “Sono arrivato in Sardegna a 14 anni, è stato difficile andare via dalla famiglia, dagli amici, ho esordito a 16 anni in primavera e a 17 ho realizzato il primo gol. Non mi aspettavo di fare questo percorso, fatto di belle sensazioni ed emozioni. Spero un giorno di esordire in Prima Squadra per poter ringraziare i tifosi e testimoniare l’amore che ho per questa maglia”.
La centrocampista del Cagliari Calcio a 5 Femminile racconta: “Da bambina non ho mai giocato con le bambole, preferivo giocare a calcio. Ora i ragazzi stanno molto al telefono, io invece andavo all’oratorio. Ho avuto la fortuna in un torneo femminile di essere vista da una società di A2, la Salernitana, squadra della mia città, che mi ha fatto fare un provino. A loro devo tutto, il percorso fatto mi ha permesso di arrivare a giocare in Sardegna. Il Futsal? Uno sport bellissimo, intenso, coinvolgente: invito tutti i giovani a vedere almeno una partita. Cagliari rappresenta la mia prima esperienza fuori dalla mia terra, a cui sono molto attaccata. Ho lavorato tanto su me stessa, i primi giorni volevo scappare perché ero uscita dalla mia zona di comfort e non riuscivo a staccarmi. Ma col tempo mi sono abituata e ho messo tutta me stessa. Auguro ai giovani di affrontare le paure, credere in sé stessi e tirare fuori tutto il proprio talento”.
A chiudere la giornata di sensibilizzazione e riflessione la campionessa Najla Aqdeir, mezzofondista di origini libiche, che ha condiviso la sua esperienza di riscatto attraverso lo sport, facendo partecipi i giovani del suo percorso che l’ha portata a fuggire da un matrimonio forzato per diventare un’atleta di livello internazionale: “Sono nata in Libia, dove le donne non possono fare nulla, allora ho iniziato a correre per le strade della mia città. Facevo di tutto correndo, e la gente pensava fossi autistica, ma non mi importava. Sono fiera di correre e di essere una donna è riuscita a riscattarsi grazie allo sport, provando sensazioni splendide. Invito i ragazzi e le ragazze ad utilizzare il telefono, e in particolare i social, in modo sano".
Questo il comunicato apparso sul sito beasone.it
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